E fu così che alla fine giunse l'agognata circolare sul green pass. Un inno alla burocrazia, al dire e non dire, a far passare l'ovvio per acuta riflessione e, contemporaneamente, il paradosso per logica.
Per un verso, il Viminale si accorge che ai sensi dell'articolo13 del Dpcm 17.6.2021, la verifica è un obbligo: un buon passo avanti
Già, ma "chi" verifica il documento di identità, nella "seconda fase"? Qui, Catalano insegna:
La verifica del documento di identità avviene "a richiesta". Quindi, se il verificatore non richiede, la verifica non viene effettuata. La circolare svela al mondo qualcosa della quale nessuno si sarebbe accorto: la seconda verifica "non ricorre indefettibilmente". Un buon avverbio altisonante non poteva mancare.
Ma, andiamo alla domanda delle domande: esercenti e dipendenti di bar e ristoranti potranno o no chiedere il documento di identità? Qui la circolare ci dà uno scoop: svela, cioè, che, intanto, il problema si pone solo per gli esercizi che accolgono gli avventori al chiuso, ma non per quelli che assicurano i servizi all'aperto! In assenza di circolare, nessuno ci sarebbe mai arrivato:
Se la norma è rivolta al consumo al tavolo al chiuso, non è conseguentemente rivolta al consumo al tavolo all'aperto. Meno male che la circolare lo ha spiegato.
Ma, insomma, cuore del problema: la verifica (solo per il consumo al chiuso, si badi) del documento di identità è obbligatoria o no? Qui il capolavoro: è discrezionale. Ma, anche necessaria:
E vai a capire quando l'incongruenza dei dati anagrafici contenuti nel green pass abbia la caratteristica della "manifesta incongruenza". Ma, poi: chi verifica che il verificatore non abbia verificato il documento in presenza di un'incongruenza giudicabile "manifesta"?
E, ancora, chi viene sanzionato? Altro capolavoro: Pirandello avrebbe detto uno, nessuno e centomila:
Come si nota, viene sanzionato il possessore del green pass non corrispondente alla propria identità, anzi, scusate l' "avventore"; ma possono anche esservi responsabilità "palesi" dell'esercente, tali da determinare anche la responsabilità di questo.
La circolare è davvero la summa, l'emblema della burocrazia contorta, che parla per aggettivi e mai per numeri, che afferma e nega, che interpreta le norme opacizzandole, che tenta di attenuare, di diversificare, che afferma paradossi come necessità eventuali ed obblighi discrezionali.
Gli uffici pubblici ogni giorno debbono scontrarsi con questi strumenti cervellotici di normare ed interpretare. Come già rilevato, è questa una delle cause principali dei problemi operativi, che non sono causati dalla "burocrazia" cattiva dei "burocrati", ma dal caotico apparato che adotta le norme e poi le attua o interpreta.
I cittadini e le imprese, alla fine, sono le vittime di questi sistemi di agire, che rendono il fisco inestricabile, un permesso edilizio la scalata dell'Everest, l'accesso ad un bar un rebus.
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