lunedì 11 ottobre 2021

Le poche ma precise ragioni per le quali il green pass crea confusione ed è una decisione insufficiente e un po' ipocrita.

 Non è da no-vax evidenziare i tanti, troppi, punti deboli dell'obbligo di green pass a fini lavorativi. Infatti, ad evidenziarne problemi di coerenza giuridica ed efficacia sono persone sicuramente pro vax e di indiscutibile professionalità nel loro campo, come Vitalba Azzollini e Nino Cartabellotta. Ma andiamo nel dettaglio.

Il green pass è uno pseudo obbligo: non è un vero e proprio obbligo vaccinale, ma condiziona, invece, lo svolgimento di attività ricreative e, dal 15 ottobre, la possibilità di lavorare e, quindi, procurarsi reddito. Essendo non un obbligo, ma una condizione, a differenza di un vero obbligo vaccinale, lascia una scelta. Ciò, in chi ha una visione certamente poco meditata e leggermente distorta, può essere interpretato come persistenza, allora, di una libertà di scelta di non vaccinarsi, incoerente con le conseguenze che ne deriverebbero. Un obbligo vaccinale eliminerebbe questi equivoci.

Molti affermano che non vi sarebbe modo di controllare l'adempimento all'obbligo. E' certamente corretto. Tuttavia, altro difetto clamoroso del green pass, ha scaricato addosso ad esercenti e datori di lavoro il compito di controllare e sanzionare. Se vi fosse un obbligo vaccinale, imposto dallo Stato, risulterebbe molto chiaro ed evidente che tale obbligo dovrebbe essere poi controllato dallo Stato, non da privati. Che si tratti di un vero e proprio scaricamento di responsabilità, lo dimostrano le norme che pongono a carico dei lavoratori sanzioni amministrative se non controllano.

Il green pass sul posto di lavoro ha un'altra insanabile contraddizione: non si richiede agli utenti (ma si richiede ai clienti di esercizi commerciali: qual è la coerenza?). Dunque, nel momento stesso in cui si predica la fine indiscriminata dello smart working, imponendo le attività "allo sportello", si pretende il green pass solo per chi sta "al di qua" di quello sportello, mentre "al di là" può allegramente stare e magari contagiare chi non è vaccinato.

Ancora, il green pass è richiesto per molti luoghi e circostanze, ma, guarda caso, non per uno dei veicoli di contagio di maggiore rischio: il trasporto pubblico locale. Su bus, corriere, treni regionali ed interregionali, il fattore di rischio dovuto a capienze ormai incontrollate, tornate ai "bei" tempi col ritorno a scuola e la fine del lavoro agile, è altissimo, ma anche in quel caso il green pass, invece preteso sui costosi treni dell'alta velocità e sugli aerei, non lo deve verificare, nè possedere nessuno.

Il green pass per lavorare pone vasti problemi organizzativi a carico dei datori di lavoro, che rischiano di sottostare a tattiche dei lavoratori non vaccinati, tese a ridurre i costi a loro carico, senza poter disporre di adeguate modalità per sostituire gli assenti e con forti rischi di inceppamento e chiusure.

Per rimediare ai problemi organizzativi, alcuni datori ragionano sulla possibilità di sostenere i costi dei tamponi dei dipendenti che non intendano vaccinarsi, anche, dunque, erogando loro i relativi soldi. Non pochi lavoratori che si sono vaccinati ragionano chiedendosi perchè a chi non è vaccinato si diano circa 200 euro al mese e potrebbero pretendere, allora, pari "gratifica" per aver adempiuto.

Potremmo continuare. Purtroppo si è inteso fare muro verso la soluzione forse, almeno per quanto riguarda il mondo del lavoro, più logica: far decidere a ogni singolo datore. Per mesi e mesi, si è continuato a lavorare, quando ancora non c'era alcun vaccino, applicando protocolli di varia natura, all'epoca indicati come strumento per lavorare "in tutta sicurezza". Improvvisamente, dal 15 ottobre, quella sicurezza non era così "tutta"? Molto meglio sarebbe stato, allora, lasciare che i datori si organizzassero e decidessero, aggiornando i protocolli, se sarebbe stato o meno il caso di pretendere il vaccino, come condizione per lavorare, senza l'ipocrisia di una norma che impone il green pass, ma non permette al datore di adottare nemmeno sanzioni disciplinari per chi non si dota del certificato.

L'altra soluzione almeno tutta bianca o tutta nera sarebbe stata l'obbligo vaccinale per tutti. Ma, anche un Governo a forte caratterizzazione tecnica deve fare i conti, poi, col Parlamento, la politica e le contrastanti pulsioni di queste. E quindi, anche i migliori finiscono di decidere di non decidere. O di decidere per il caos.




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