La programmazione triennale delle assunzioni da parte degli enti locali deve considerarsi efficace per tutto il 2020 e non scade a fine luglio, quando diverrà possibile approvare il Piao, piano integrato amministrazione e organizzazione.
Non possono considerarsi condivisibili le chiavi di lettura offerte da parte della dottrina (T. Grandelli e M. Zamberlan, “Rinvio lungo per il Piao, ma sulle assunzioni serve il fabbisogno entro aprile”, Il Sole 24 Ore del 3.1.2022) secondo le quali l’approvazione del piano triennale dei fabbisogni del personale metterebbe gli enti locali al riparo dalle sanzioni connesse alla mancata approvazione del Piao solo fino al 30 aprile e, comunque, il ptfp perderebbe la propria capacità di costituire fonte delle assunzioni del 2022 da quando il Piao sarà operativo per gli enti locali, cioè dalla fine di luglio.
Le motivazioni che adduce la dottrina qui criticata si fondano sulla circostanza che l’articolo 1, comma 12, del d.l. 228/2021 (milleproroghe) ha appunto sospeso solo fino al 30 aprile 2022 le sanzioni previste:
- dall’articolo articolo 10, comma 5, del d.gs 150/2009;
- dall’articolo 14, comma 1, della legge 124/2015;
- dall’articolo 6, comma 6, del d.lgs 165/2001.
In primo luogo, si deve osservare che la “sanzione” di cui all’articolo 14, comma 1, della legge 124/2015 sul piano sostanziale non è affatto una sanzione. Tale norma si limita a stabilire che laddove gli enti non adottino il Pola, grazie al quale si individuano le attività compatibili con lo smart working alle quali adibire almeno il 15% dei dipendenti, allora “il lavoro agile si applica almeno al 15 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano”: di fatto, non cambia nulla.
L’articolo 6, comma 6, del d.lgs 165/2001, invece, con estrema chiarezza sanziona la mancata approvazione del piano triennale dei fabbisogni col divieto di assumere.
L’articolo 10, comma 5, del d.lgs 150/2009 contiene una serie di sanzioni. Ma, tale norma semplicemente non si applica agli enti locali.
Infatti, l’articolo 16 del d.lgs 150/2009 individua espressamente le norme del medesimo d.lgs 150/2009 che esprimono principi ai quali l’ordinamento locale deve adeguarsi, tra le quali non rientra l’articolo 10.
La dottrina che non si condivide ritiene che nonostante l’articolo 10 non sia in alcun modo menzionato tra i principi ai quali gli ordinamenti locali debbono adeguarsi, comunque deve ritenersi applicabile, altrimenti l’inadempimento all’adozione del piano della performance resterebbe privo di sanzione.
Ma, si deve ricordare che non a caso l’articolo 10 del d.lgs 150/2009 non rientra tra le norme enuncianti principi ai quali gli enti locali debbono adeguarsi: il d.lgs 267/2000 contiene una dettagliata regolamentazione dei documenti, come il Documento Unico di Programmazione, il Piano Esecutivo di Gestione e il Piano dettagliato degli Obiettivi, che descrivono in maniera piena e compiuta il “ciclo della performance” negli enti locali, con modalità e tempistiche del tutto autonome ed inconciliabili con quelle valevoli per le altre amministrazioni.
Per altro, a conferma di tutto ciò, L’articolo 169, comma 3 bis, ultimo periodo, del d.lgs 267/2000 testualmente dispone che “Il piano dettagliato degli obiettivi .. e il piano della performance di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, sono unificati organicamente nel PEG”. Il che evidenzia senza alcuna ombra di dubbio che, le amministrazioni locali non sono obbligate ad adottare il piano delle performance, i cui scopi sono assolti da Peg e Pdo.
Si deve, allora, concludere che non essendovi alcun obbligo, per gli enti locali, di applicare l’articolo 10, comma 5, del d.lgs 150/2009, non può scattare nei loro confronti nessuna sanzione connessa al medesimo articolo 10, comma 5.
Nè si può concordare sull’opinione secondo la quale comunque, a fine luglio, quando spirerà per gli enti locali il termine entro il quale adottare il Piao, come indicato dal decreto attuativo, la programmazione delle assunzioni effettuata in applicazione dell’articolo 6 del d.lgs 165/2001 perderà efficacia, se non si adotti il Piao.
Fino a prova contraria, il piano triennale dei fabbisogni ha una prospettiva triennale ed ogni anno va aggiornato con riferimento alla prima annualità. Come ogni atto programmatico, quindi, ha valore annuale, salvi possibili aggiornamenti.
E’ del tutto incongruo ed infondato ritenere che una programmazione, che attualmente non può non basarsi sulle fonti applicabili e cioè l’articolo 6 del d.lgs 165/2001 e le connesse Linee di Indirizzo dell’8.5.2018, a fine luglio perda la propria natura di fonte legittimante le assunzioni.
Solo una visione burocraticamente formalistica può lasciar ritenere che dal primo agosto la programmazione dei fabbisogni cessi di esistere, se non si adotti il Piao. Tanto più che un documento come il Piao, se adottato ad annualità inoltrata, non può che considerarsi un mero ed inefficiente ed inefficace adempimento, visto che nei fatti tutta la pianificazione che esso dovrebbe sostituire sarà già stata elaborata prima e che non potrà, sostanzialmente, non confluire tale e quale meramente assemblata nel primo rilascio del documento che avverrà ad agosto.
Nessun commento:
Posta un commento