Il Messaggero del 13.2.2022 crea questo spazio, con l'articolo "L’impegno di Brunetta: centomila assunti nel 2022". Si tratta di un'intervista che affronta vari temi: le assunzioni, il Pnrr, la formazione del personale, le semplificazioni, l'applicazione "intelligente" dello smart working. Molto bene.
Cosa, allora, non funziona? Non certo il merito di quanto dichiarato, sul quale chiunque può liberamente concordare o meno, tanto o poco, quanto, invece, il metodo.
Un'intervista dovrebbe consistere, certo, in primo luogo nella posizione di domande tali da permettere all'intervistato di informare ed esprimere il proprio pensiero. Ma, intervistare dovrebbe anche, con garbo e con analisi di merito, contraddire, allo scopo di scavare e chiarire ancor meglio il pensiero, inducendo l'intervistato a togliere quanti più veli possibile alla propria comunicazione.
Non è quel che avviene nel caso di specie e come troppo spesso accade ad una stampa italiana, ormai sostanzialmente abituata a scambiare l'intervista per un'operazione da "reggitori di microfono".
Un esempio:
Tutto giusto. Il programma prevede 15.000 assunzioni a tempo determinato e la previsione di colmare il vuoto di oltre 70.000 dipendenti entro 5 anni.
Non sarebbe stato sbagliato, allora, osservare che:
a) ottime le 15.000 assunzioni, che, però, essendo a tempo determinato e con una prospettiva di stabilizzazione non superiore al 40%, potrebbero concorrere a recuperare le moltissime cessazioni solo per 7.000 dipendenti, mentre nel frattempo non sono sufficienti a coprire il gap;
b) se anche le 15.000 assunzioni fossero imputabili a coprire i 70.000 in meno, comunque resterebbe ancora un vuoto di 55.000 dipendenti e 5 anni per riuscire a tornare da sotto zero a zero non sono nemmeno pochissimi.
Invece, il nulla.
Oppure:
Anche in questo caso è apprezzabilissimo lo sforzo, inedito, verso la formazione dei dipendenti pubblici, specie dopo anni di cancellazione quasi totale di ogni investimento a riguardo.
Però, qualche domanda ulteriore poteva sorgere: perchè 2 miliardi di investimento per la laurea di persone che già lavorano, mentre il Pnrr per i disoccupati ne spende 4 miliardi? Perchè assicurare a persone che già lavorano corsi universitari quasi gratuiti, mentre non si vedono iniziative analoghe per i disoccupati? Vero che vi sono oltre 2.000 domande di iscrizione, ma esse, rapportate ai 3.000.000 di dipendenti a tempo indeterminato della PA costituiscono un indice dello 0,07%: non si potrebbe ambire a qualcosa di più?
Di nuovo, il nulla.
Da qui, allora, l'interrogativo: per consentire agli esponenti del Governo di esporre i risultati della loro azione ed il loro programma, se si ritiene di non dover instaurare un contraddittorio - scelta editoriale perfettamente libera e legittima - non è più trasparente lasciar loro lo spazio per un editoriale? Un'intervista, infatti, lascia pensare che in effetti si costituisca appunto un confronto, un dibattito, un approfondimento dovuto a sollecitazioni. Se, poi, tutto ciò manca, l'effetto finale può dare l'impressione della propaganda. Serve anche quella: ma, allora, chiamiamo le cose col loro nome.
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