lunedì 21 febbraio 2022

Pnrr: il salario accessorio degli enti locali cresce con le assunzioni del personale per il Pnrr in applicazione dell'articolo 33, comma 2, del d.l. 34/2019

 Il problema del salario accessorio connesso alle assunzioni finalizzate all’attuazione del Pnrr è molto importante, ma va trattato senza sollevare dubbi e polveroni ulteriori al già complesso sistema normativo esistente.

Sulla rivista NT plus del 21.2.2022, l’articolo “La deroga per il reclutamento Pnrr dimentica i tetti al salario accessorio” a firma di Gianluca Bertagna e Davide D’Alfonso tratta il complicato problema, fornendo alcune indicazioni:

  1. per le assunzioni integralmente finanziate, quelle cioè di cui all’articolo 1 del d.l. 80/2021, il problema del rispetto del tetto al salario accessorio posto dall’articolo 23, comma 2, del d.lgs 75/2017 non si pone: infatti, poichè le somme del Pnrr provengono da finanziamenti europei, rientrano nell’ipotesi tipica di esclusione da massimali di spesa, anche ai fini del fondo della contrattazione decentrata;

  2. per le assunzioni a carico dei bilanci degli enti, quelle cioè consentite dall’articolo 31-bis, del d.l. 152/2021, invece, la questione del tetto del salario accessorio si pone, visto che non ricorrono i presupposti per escludere da tale tetto le risorse per finanziare le assunzioni;

  3. in ogni caso, l’istituto da utilizzare per incrementare il volume del finanziamento del salario accessorio simmetricamente al crescere delle posizioni lavorative dovuto alle assunzioni consentite dalle norme citate prima, deve reperirsi nell’articolo 67, comma 5, lettera b), del Ccnl 21.5.2018. Si tratta della norma (“figlia” dell’articolo 15, comma 5, del Ccn. 1.4.1999) che consente alle amministrazioni di aumentare la “componente variabile di cui al comma 3, per il conseguimento di obiettivi dell’ente, anche di mantenimento, definiti nel piano della performance o in altri analoghi strumenti di programmazione della gestione, al fine di sostenere i correlati oneri dei trattamenti accessori del personale”. In effetti, i progetti legati al Pnrr non possono non rientrare nel piano della performance e in strumenti di programmazione, allo scopo di conseguire gli specifici obiettivi dell’ente, previsti proprio nei progetti attuativi del Pnrr medesimo.

Le tre indicazioni sono condizionate dalla riflessione proposta dagli autori, secondo la quale per incrementare il salario accessorio non è utilizzabile l’articolo 67, comma 5, lettera a), del Ccnl, che consente di aumentare il fondo, ma solo a seguito di simmetrica estensione della dotazione organica; il che, però, richiede assunzioni in ruolo a tempo indeterminato, mentre le assunzioni per l’attuazione del Pnrr sono a tempo determinato.

Tuttavia, le soluzioni prospettate non appaiono convincenti, con l’ovvia eccezione della prima.

L’incremento discrezionale della parte variabile del fondo, consentito dall’articolo 67, comma 5, lettera b), del Ccnl 21.5.2018 non è una soluzione: è, infatti, soltanto un metodo possibile per incrementare la dotazione del fondo della contrattazione decentrata, non il grimaldello per scardinare il tetto al salario accessorio. Con l’articolo 67, comma 5, lettera b), dunque, la parte variabile del fondo si può aumentare comunque fino alla soglia del tetto complessivo del salario accessorio: se ciò non fosse bastevole a finanziare il salario accessorio per il personale a tempo determinato assunto con l’articolo 31-bis, occorrerebbe reperire in altro modo le risorse necessarie.

Il metodo esiste. La dottrina, come anche gli operatori, troppo spesso dimenticano l’estrema utilità dell’ultimo periodo dell’articolo 33, comma 2, del d.l. 34/2019, previsto proprio allo scopo di superare in parte le rigidità dell’articolo 23, comma 2, del d.lgs 75/2017 (norma che, comunque, sarebbe necessario abolire al più presto).

In effetti, il tetto del 2016 è superato o, meglio, costituisce un tetto minimo (così come inteso dal DM 17.3.2020) e non massimo del salario accessorio. Dispone la norma del 2019: “Il limite al trattamento accessorio del personale di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.75, è adeguato, in aumento o in diminuzione, per garantire l'invarianza del valore medio pro-capite, riferito all'anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa nonchè delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018”.

Non si deve dimenticare, quindi, che il salario accessorio al quale fare riferimento non è quello del 2016, ma quello del 2018 e, soprattutto, che non si deve guardare al valore assoluto del salario accessorio, bensì a quello relativo del “valore medio pro-capite”.

La norma, sul presupposto della preventiva determinazione dell’importo corrispondente al valore medio pro capite del trattamento accessorio, consente di incrementare tale trattamento a seguito di ogni assunzione che incrementi il personale in servizio rispetto al 31.12.2018.

Ogni dipendente neo assunto, in sostanza, apporta al fondo un aumento corrispondente al proprio valore medio pro-capite.

Quindi, la soluzione al problema sta esattamente nella norma, l’articolo 33, comma 2, del d.l. 34/2019 pensata proprio allo scopo di evitare l’erosione del trattamento accessorio conseguente all’incremento del personale in servizio.

Allo scopo, occorre evidenziare il clamoroso errore in cui incorre la Ragioneria Generale dello Stato, nella nota 12454 del 15/01/2021 - U. Con tale scritto, la Rgs suggerisce ai comuni il metodo di calcolo per reperire il valore medio pro-capite. Si tratta del seguente rapporto:

 

fondo per la contrattazione integrativa 2018, come certificato dal collegio dei revisori dei conti ai sensi dell’articolo 40-bis, primo comma del decreto legislativo n. 165/2001 e come

trasmesso in sede di Tabella 15 “Fondi per la contrattazione integrativa” del Conto Annuale 2018, valutato al netto delle poste variabili che non rilevano ai fini della verifica del limite in oggetto (es. risorse non utilizzate fondi anni precedenti, incentivi per le funzioni tecniche di cui all’articolo 113 del decreto legislativo n. 50/2016 eccetera);

________________________________________________________________________

personale in servizio al 31 dicembre 2018 destinatario del fondo di cui al punto precedente

(andrà quindi a titolo esemplificativo ricompreso il personale a tempo determinato, il personale con rapporto di lavoro part-time, il personale comandato presso l’amministrazione che accedeal fondo, ed escluso il personale comandato esternamente  all’amministrazione che non vi accede ecc.).

 

In particolare, l’aumento del personale in servizio va calcolato in base alla “differenza tra il numero di cedolini stipendiali effettivamente erogati nell’anno di riferimento diviso 12 (numero dei dipendenti su base annua) e le corrispondenti unità di personale in servizio al 31 dicembre 2018 arrotondate al secondo decimale ove necessario”.

Quanto suggerito dalla Rgs è utile e condivisibile, tranne il gravissimo errore contenuto nel seguente passaggio: “si evidenzia che il citato articolo 33 del decreto legge n. 34/2019 risulta finalizzato ad assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato. Pertanto si ritiene che vada preso in considerazione ai fini dell’adeguamento, in aumento o in diminuzione, del limite, unicamente il personale con contratto a tempo indeterminato che accede alle risorse accessorie, escludendo pertanto, diversamente dai conteggi indicati per la valorizzazione del valore medio pro-capite, il personale con contratto a tempo determinato ed avendo cura di escludere dal calcolo le assunzioni a tempo indeterminato di personale in precedenza in servizio a tempo determinato, il cui trattamento accessorio risulta già ricompreso nel fondo per la contrattazione integrativa”.

E’ un’indicazione totalmente erronea e da considerare come inesistente. Essa incorre in due clamorosi vizi interpretativi:

  1. l’articolo 33, comma 2, del d.lgs 34/2019 è evidentemente diviso in due parti; solo la prima è riferita alla determinazione delle regole poste a finanziare le assunzioni a tempo indeterminato; la seconda è contenuta nell’ultimo paragrafo, ove si detta la disciplina dell’adeguamento del trattamento accessorio nel suo complesso al 2018. Ebbene, in questa seconda parte, la norma non è in alcun modo riferita alle sole assunzioni a tempo indeterminato, ma a tutte, perchè tutte concorrono al trattamento accessorio;

  2. l’articolo 1 del Ccnl 21.5.2018 prevede: “Il presente contratto si applica a tutto il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e a tempo determinato dipendente da tutte le amministrazioni del comparto indicate all’art. 4 del CCNQ sulla definizione dei comparti di contrattazione collettiva del 13 luglio 2016”. Si tratta della doverosa applicazione del principio di non discriminazione tra lavoratori di ruolo e lavoratori a termine, imposto dall’articolo 4 punto 1 dell’accordo quadro contenuto in allegato alla direttiva del Consiglio del 28.6.99, 1999/70/Ce. Escludere il personale a tempo determinato dall’applicazione dell’ultimo periodo dell’articolo 33, comma 2, implica esattamente quella discriminazione vietata dalla disciplina europea: infatti, il rischio è di escludere i dipendenti assunti a termine per il Pnrr dal trattamento accessorio, pur finanziabile secondo la regola del valore medio pro-capite, poichè le amministrazioni, per non erodere il trattamento accessorio del personale in ruolo, potrebbero essere portate ad incidere negativamente sul personale a termine. D’altra parte, simmetricamente, se non si estende al personale assunto a termine la regola del valore medio pro-capite, si determina il rischio inverso: quello di ridurre il trattamento accessorio a tutto il personale, evento che l’articolo 33, comma 2, intende molto chiaramente scongiurare.

Per questa parte, data la chiarissima violazione dei principi giuslavoristici di matrice europea, la nota della Rgs deve essere ignorata.

La corretta applicazione dell’articolo 33, comma 2, ultimo periodo, emendata dalla lettura erronea della Rgs, allora, è la legittima risposta al problema del finanziamento del trattamento accessorio del personale assunto a tempo determinato ai sensi dell’articolo 31-bis del d.l. 152/2021. E’ opportuno, quindi, che gli enti quantifichino le spese connesse alle assunzioni calcolando anche tra esse il valore medio pro-capite necessario ad incrementare il valore assoluto del trattamento accessorio, così da non determinare nei confronti di nessuno conseguenze negative, che sarebbero per altro paradossali, visto che l’intera disciplina delle assunzioni per attuare il Pnrr è in deroga alle regole generali anche allo scopo di incentivare l’impiego nella PA.

Nessun commento:

Posta un commento