Dott. Riccardo LASCA
Parola della nostra Costituzione, se ben letta, come insegna il vecchio istituto stesso dell’assegno alimentare: recentemente invocato extra ordinem dalla Magistratura Amministrativa del TAR Lazio in sede cautelare.
La nota decretazione governativa d’urgenza, avallata poi dal Parlamento, antiCOVID 2019 ha intaccato anche il mondo del trattamento giuridico ed economico del Pubblico Impiego, non solo la normazione strettamente sanitaria volta a gestire le pandemia.
Se nella decretazione d’urgenza le norme parlano chiaro nel senso della ‘sospensione dal lavoro e della privazione dello stipendio’ (v. ad es. da ultimo il tenore del DL 1/2022 relativo anche ai dipendenti pubblici ultracinquantenni: “I lavoratori (…) , nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 di cui al comma 1 o che risultino privi della stessa al momento dell'accesso ai luoghi di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione della predetta certificazione, e comunque non oltre il 15 giugno 2022. Per i giorni di assenza ingiustificata di cui al primo periodo, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati.”) del lavoratore - diciamo - inidoneo a lavorare perché sprovvisto di green pass lavorativo (di qualunque tipo, anche da esenzione dal vaccino), poi però né tale decretazione d’urgenza (Decreti Legge) né la successiva legge di conversione in legge del/dei decreto/i legge accennano mai alla spettanza dell’assegno alimentare al lavoratore pubblico così sospeso (anche dallo stipendio), con zero assoluto di entrate alternative per sopravvivere.
Quid iuris sulla spettanza di tale assegno alimentare?
In assenza di espressa disposizione di legge, indubbiamente nessun Dirigente italiano pubblico avente la direzione dell’Ufficio Trattamento Economico si azzarderà a farlo. Comprensibile ed anche giusto, atteso il rischio (danno erariale) che correrebbe in prima persona: col suo patrimonio.
Uno sguardo però alla normativa, tutta, e massimamente alla recentissima Giurisprudenza in merito ci dice che le cose, ex post, andranno molto diversamente, sia nelle aule giudiziarie, sia, perché no, in una legge futura che chiarirà - deve intervenire! - tale aspetto.
IN PUNTO DI DIRITTO.
La ratio inespressa dell’istituto de quo (Assegno alimentare spettante al pubblico dipendente ‘sospeso dal lavoro’ per vicende ‘spiacevoli’ che non lavora pur mantenendo il posto e lo status), presente espressamente in Italia dal 1957 (v. T.U. Impiegati Civili dello Stato: DPR 3/1957), sta nell’art. 98 della Costituzione e nelle conseguenti disposizioni di legge attuative che VIETANO AL PUBBLICO DIPENDENTE IN SERVIZIO DI VIVERE O SOPRAVVIVERE SVOLGENDO UN ALTRO LAVORO, AUTONOMO O ALLE DIPENDENZE O ALTRA ATTIVITA’ (COMMERCIALE, INDUSTRIALE, AGRICOLA), salve le speciali deroghe esistenti (es. lavoro occasionale autorizzato ex art 53 TUPI , ma occasionale e con precisi tetti retributivi localmente stabili dalle varie PPAA datoriali). Giusto? Chi scrive ritiene di sì.
Invero, poteva accadere nel 1957, ma anche dopo, che un dipendente pubblico fosse sospeso cautelativamente dal lavoro per pendenza di un procedimento penale (vedi art. 61 del CCNL FL 21.5.2018) o perché sta scontando proprio una sanzione disciplinare comportante la “d) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni; e) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino ad un massimo di sei mesi;” . Ebbene: perché sia il DPR 3/1957 sia il CCNL es. FL 21.5.2018 pur in presenza di una sospensione dal lavoro in taluni casi prevedono un assegno alimentare detta anche “indennità” ? Vedasi ad esempio l’art. 61 cit. commi 1, 2 e 7:
“Art. 61 Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
1. Il dipendente che sia colpito da misura restrittiva della libertà personale è sospeso d'ufficio dal servizio con privazione della retribuzione per la durata dello stato di detenzione o, comunque, dello stato restrittivo della libertà.
2. Il dipendente può essere sospeso dal servizio, con privazione della retribuzione, anche nel caso in cui venga sottoposto a procedimento penale che non comporti la restrizione della libertà personale o questa sia comunque cessata, qualora l’ente disponga, ai sensi dell’art. 55-ter del D.Lgs.n.165/2001, la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ai sensi dell’art. 62.
7. Al dipendente sospeso, ai sensi del presente articolo, sono corrisposti un'indennità pari al 50% dello stipendio, nonché gli assegni del nucleo familiare e la retribuzione individuale di anzianità, ove spettanti.”
Idem il TU sulla Scuola: D.Lgs. 297/1994
“Articolo 500
Assegno alimentare.
1. Nel periodo di sospensione dall'ufficio (((nei casi di cui agli artt. 494, 495, 496: c’è anche “la perdita del trattamento economico ordinario, salvo quanto disposto dall'articolo 497*” *ulteriori sanzioni economiche [ritardo nell'attribuzione dell'aumento periodico dello stipendio] e previdenziali [no anzianità di carriera]))) è concesso un assegno alimentare in misura pari alla metà dello stipendio, oltre agli assegni per carichi di famiglia.
2. La concessione dell'assegno alimentare va disposta dalla stessa autorità competente ad infliggere la sanzione.”
E’ immorale o forse illogica l’erogazione di tale assegno/indennità in tali circostanze? No: è costituzionalmente corretto.
Si pensi, per comprendere meglio, anche al dipendente (non solo pubblico) ‘ammalato’ (sospeso dal lavoro per causa di forza maggiore): gli spetta per CCNL (attuativo di norma Costituzionale) la ‘conservazione del posto’ (recte: del rapporto di lavoro in essere: del contratto stipulato”) con tanto di stipendio, prima pieno (100%), poi ridotto (in misura diversa: 90%, etc.), poi - tristemente - a zero stipendio (cd. periodo di comporto senza stipendio). Uno scandalo? No, ma direte Voi: la malattia è ben altra circostanza. Certo. Ma il punto è che è costituzionalmente corretto.
Sul sito “https://www.moltocomuni.it/rubriche/gestione-del-personale/responsabilita-disciplinare-e-assegno-alimentare/” la Dott.ssa Maria Iaria, nell’articolo “Responsabilità disciplinare e assegno alimentare” del 29.5.2019 correttamente osserva: “Consegue che se il dipendente, sospeso, è impossibilitato per legge a svolgere altra attività lavorativa(presso soggetti terzi, sia pubblici che privati) tale da consentire il sostentamento a sé e ai propri familiari, si potrebbe ravvisare un contrasto con il dettato della Costituzione, che all’art. 36 nella parte in cui precisa che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa, con tutte le conseguenze legali che potrebbero derivarne.”
Osservazione/annotazione, quella sopra, fondatissima in punto di diritto costituzionale, forse proveniente da soggetto fresco di studi universitari (non ne conosco l’età ed il CV): peccato che la stessa premura giuridica non hanno avuto i tecnici governativi redattori della suddetta decretazione d’urgenza anti COVID calata sui dipendenti pubblici, privati del lavoro e delle retribuzione per ‘ragioni sanitarie’, ma neppure i politici chiamati a convertirla poi in legge: in 60 giorni non si sono accorti che nella normazione mancava qualche cosa per essere costituzionalmente legittima?
DIRITTO ‘VIVENTE’: GIURISPRUDENZA.
Investita della questione se ne è accorta invece la Magistratura amministrativa che ha, anche se in solo sede cautelare, attribuito, nelle more del giudizio di merito (in corso allo stato) l’assegno alimentare sic et simpliciter, cioè extra ordinem, senza cioè basarsi su normazione gestionale ordinaria (Legge, D.Lgs., CCNL DPR, etc.) ma evidentemente proprio basandosi sull’osservazione dell’acuta Dott.ssa di cui sopra.
Invero, è accaduto che un Assistente Capo di Polizia Penitenziaria ricorre al TAR Lazio, con l'intervento ad adiuvandum dell'Anief (associazione sindacale professionale), per chiedere l'annullamento del provvedimento del Dipartimento per la giustizia minorile da cui dipende, con cui è stata disposta la sua sospensione immediata dallo svolgimento dell'attività lavorativa e dallo stipendio ai sensi della normazione anti COVID ormai ben nota e chiarissima sul punto, priva però dell’assegno alimentare.
In I grado il ricorrente ricorre esattamente:
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia, e con istanza di adozione di misura cautelare monocratica (((= ex art 56 CPA)))
Risposta (MONOCRATICA) del Presidente del TAR:
“Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta)
Il Presidente
ha pronunciato il presente
DECRETO
(…)
Considerato che il ricorso, prospettando profili di illegittimità costituzionale della normativa concernente l’obbligo, per determinate categorie di personale in regime d’impiego di diritto pubblico, di certificazione vaccinale ai fini dell’ammissione allo svolgimento della prestazione lavorativa, richiede adeguato approfondimento nella sede propria collegiale;
Ritenuto che, in relazione alla privazione della retribuzione e quindi alla fonte di sostegno delle esigenze fondamentali di vita, sussistono profili di pregiudizio grave e irreparabile, tali da non tollerare il differimento della misura cautelare sino all’esame collegiale.
P.Q.M.
Accoglie l’istanza di misura cautelare m-o-n-o-c-r-a-t-i-c-a sino all’esame c-o-l-l-e-g-i-a-l-e, limitatamente alla disposta sospensione del trattamento retributivo; Fissa per la trattazione collegiale la camera di consiglio del 25 febbraio 2022.”
Conseguenza: il ricorrente dalla data del decreto, benché era e resta sospeso dal lavoro, ha diritto al 100% del trattamento retributivo. Entità, però, ben superiore al 50% dell’assegno alimentare ex lege o ccnl o DPR previsto per altre sospensioni dal lavoro di pubblici dipendenti !!!
Non a caso, in sede collegiale accade che:
“Il Tribunale (((Collegio))) Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 723 del 2022, proposto da (…)
(...)
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
- del provvedimento prot. nr 01/2022 del 07.01.2022, del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità – Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna per la Sardegna, di immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attività lavorativa, emesso nei confronti dell'Assistente Capo di Polizia Penitenziaria -OMISSIS-, matricola ministeriale 116362, ai sensi del Decreto Legge 26 novembre 2021, n. 172, art. 2 comma 3, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 282 del 26 novembre 2021;
(…)
Considerato che il ricorso richiede approfondimento di merito, in relazione ai profili di doveroso bilanciamento di valori costituzionali, tra
la tutela della salute come interesse collettivo - cui è funzionalizzato l’obbligo vaccinale -
e
l’assicurazione di un sostegno economico vitale - idoneo a sopperire alle esigenze essenziali di vita, nel caso di sospensione dell’attività di servizio per mancata sottoposizione alla somministrazione delle dosi e successivi richiami, c.d. booster - tenuto conto che la sospensione è dichiaratamente di natura non disciplinare e (((recte: MA….))) implica (((PERO’))) la privazione integrale del trattamento retributivo.
Ritenuto, pertanto, di accogliere l’istanza cautelare, nel senso che al ricorrente sia corrisposto un assegno alimentare pari alla metà del trattamento retributivo di attività, confermando il decreto monocratico (((Presidenziale))) del 27/01/2022 n. 544, nei sensi indicati. (((cioè: 50%)))
Ritenuto di fissare per la trattazione di merito l’udienza pubblica del 6 maggio 2022.”
Orbene: su quale norma di legge, D.Lgs., DPR o CCNL il TAR in composizione collegiale, melius re perpensa, ha concesso tale “asegno alimentare” al 50% (il Presidente lo aveva concesso al 100%) ? Chi scrive, anche nel e per silenzio sul punto della decisione del TAR Lazio che produrrà effetti sino al 5.5.2022, non lo sa, non la conosce ….intra ordinem: ma extra ordinem esiste eccome, è l’art. 36 della Costituzione in combinato disposto con l’art. 98 della stessa, dei quali cui nel normare la materia de quo il Governo prima ed il Parlamento poi sembrano non aver - gravemente - tenuto conto.
L’impressione di chi scrive è che, prima della legge, in Italia sul punto farà chiarezza la Corte Costituzionale, ormai i tempi sembrano (anche quanto ai tempi procedurali), richiamando l’attenzione di tutti - Legislatore incluso - ai principi della Costituzione, che sono anch’essi norme di legge, superiore a tutte le altre previsioni ‘subordinate’, anche se spesso non li/le si tiene a portata di mano sulla scrivania come invece accade per leggi, decreti legislativi, DDPR, CCNL.
Ma nelle more, sta provvedendo (bene) la Magistratura ‘ordinaria’: la Corte Costituzionale ha tempi ben più lunghi, sempre e comunque, qualunque sia il bene della vita (diritto) in pericolo.
Ovviamente è interessante anche il merito della vicenda: ma si dovrà attendere il 6.5.2022: con sicuro mio (e non solo, credo!) aggiornamento sul decisum del TAR Lazio.
Ricordiamo però che il contratto di lavoro è di natura sinallagmatica. ( Prestazione lavorativa a fronte di retribuzione) nel caso di specie è il lavoratore che autonomamente si sospende dal lavoro per questioni dipendenti dalla sua volontà.
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