Torna in auge la riforma del d.lgs 267/2000. I lavori per la redazione del testo di riforma (in parte una legge delega, in parte una revisione immediata di alcune disposizioni del Tuel) si sono conclusi ed il Governo dovrebbe approvare a breve l'iniziativa normativa, da trasmettere, poi al Parlamento.
Al di là del tentativo di risuscitare province e città metropolitane, dopo la devastazione della riforma Delrio, e di liberare i piccoli comuni dalle troppe pastoie che le ingessano, uno dei temi più rilevanti è la ricerca di una riduzione delle responsabilità dei sindaci, invocata da anni a gran voce dall'Anci.
L'iniziativa normativa interverrebbe, allo scopo, sull'articolo 50 del d.lgs 267/2000, come segue:
Articolo 50, commi 1 e 2, del d.lgs 267/2000, nel testo vigente |
Articolo 50, commi 1 e 2, del d.lgs 267/2000, nel testo come risultante dalla riforma |
Art. 50. Competenze del sindaco e del presidente della provincia 1. Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell'amministrazione del comune e della provincia. |
Art. 50. Competenze del sindaco e del presidente della provincia Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 107 e nel rispetto del principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e gestione amministrativa, il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili politicamente dell’amministrazione del comune e della provincia. Il sindaco e il presidente della provincia esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo loro attribuite, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. |
2. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l'ente, convocano e presiedono la giunta, nonché il consiglio quando non è previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti. |
2. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano
l'ente, convocano e presiedono la giunta, nonché il consiglio
quando non è previsto il presidente del consiglio |
Il punto focale, apparentemente, sta nell'eliminazione dal comma 2 della previsione secondo la quale sindaci e presidenti della provincia "sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti".
Si tratta, in effetti, di una disposizione normativa retaggio di un passato ormai lontano, quello dell'ordinamento locale antecedente la legge 142/1990, nel quale non era operante il principio di separazione delle funzioni proprie degli organi politici, programmazione e controllo, da quelle dell'apparato amministrativo, cioè la concreta gestione.
Tuttavia, l'ultima parte del comma 2 - che comunque è opportuno cancellare - avrebbe dovuto essere vista solo come disposizione più formale che di sostanza. E' evidente che, vigente, invece, a partire dal 1990, il già citato principio di separazione, la "sovrintendenza" si sarebbe dovuta intendere come verifica degli esiti della gestione.
Non è stata, troppo spesso, di questo avviso la magistratura penale: molte volte i procuratori della Repubblica hanno basato proprio sull'ultima parte del comma 2 l'azione penale intrapresa nei confronti dei sindaci. L'interpretazione letterale e formalistica di tale disposizione ha certamente ingenerato contenziosi penali forse evitabili.
Evitabili, perchè l'impianto normativo era e doveva già essere chiaro. Non è un caso che il nuovo testo del comma 1 dell'articolo 50, una volta che entri in vigore, dichiari espressamente che restino ferme le previsioni dell'articolo 107. Ora, quali sono tali previsioni? Emergono in particolare, le seguenti:
- comma 3: "Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi [...]";
- comma 4: "Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all'articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative";
- comma 5: "A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I titolo III l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall'articolo 50, comma 3, e dall'articolo 54".
- comma 6: "I dirigenti sono direttamente responsabili, in via esclusiva, in relazione agli obiettivi dell'ente, della correttezza amministrativa, della efficienza e dei risultati della gestione".
Dunque, la norma, almeno dal 2000 (ma in verità, dal 1997: fu con la legge 127/1997 che l'assetto della separazione delle funzioni di politica e gestione si consolidò come sopra evidenziato) attribuisce in via esclusiva la responsabilità della gestione all'apparato, impedendo di modificare le regole sulla separazione delle competenze con atti che non fossero espressi e aventi natura e forma di legge.
In effetti, quindi, le azioni di responsabilità di ogni tipo nei confronti dei sindaci si sono rivelate tutte poco attente alla corretta definizione delle competenze e delle responsabilità.
La riforma, comunque, mediante una revisione più accurata dei testi normativi, volta a coordinare le disposizioni dell'articolo 50 e dell'articolo 107 del d.lgs 267/2000 dovrebbe poter fornire strumenti interpretativi tali da scongiurare ulteriori iniziative di responsabilità nei confronti dei sindaci, fondate su elementi formali, come l'ultima parte del comma 2 dell'articolo 50.
C'è, però, un "ma". Come sempre, il diavolo sta nei dettagli e nei comportamenti. Il nuovo comma 1 insisterà sulla responsabilità esclusivamente "politica" di sindaci e presidenti della provincia, senza sapere, tuttavia, definirla: cosa vuol dire, responsabilità "politica"? Dovrebbe essere quel genere di responsabilità definibile, in negativo, come diversa da quella gestionale, definita dall'articolo 107 del Tuel. La magistratura penale, civile, amministrativa e contabile, sarà d'accordo?
Tuttavia, l'ultima parte del comma 1 novellato, quando sarà in vigore, prescriverà che sindaci e presidenti delle province "verificano la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti".
Sul piano sostanziale, tale "verifica della rispondenza" non ha nulla di diverso rispetto alla "sovrintendenza" che si vuole cancellare, se si fosse stati capaci di interpretarla come era necessario.
La coda del diavolo, però, stalla nelle paroline "indirizzi impartiti". In effetti, la capacità della riforma di scongiurare un eccesso di coinvolgimento degli organi di governo in responsabilità deriva solo ed esclusivamente da due fattori, che saranno però elementi di fatto e non diritto.
Sul piano strettamente giuridico, il nuovo impianto normativo appare formalmente corretto, anche se lacunoso nella definizione della portata della responsabilità "politica".
Ma, la responsabilità penale, civile, amministrativa e contabile deriva, ovviamente, dalla violazione delle norme e non certo dal loro rispetto.
Ora, il rispetto delle regole sulla separazione delle competenze - e delle responsabilità- tra politica e gestione sarà direttamente proprorzionale al grado di ingerenza della politica sulla gestione.
Ecco il perchè del valore strategico degli "indirizzi". Sindaci e presidenti della provincia si esporranno ad ulteriori responsabilità laddove:
1. gli "indirizzi" si riveleranno tali solo in via di forma, ma non di fatto: indirizzi che si rivelino, invece, ordini di servizio (in verità inammissibili, non esistendo un rapporto di gerarchia pura tra vertici politici ed apparato) o in decisioni mascherate da indirizzi, rispetto alle quali l'operato della dirigenza non sia altro se non una mera esecuzione privata di ogni discrezionalità operativa e tecnica, esporranno ancora la politica ad azioni di responsabilità;
2. la tendenza all'ingerenza nella gestione, al di là degli indirizzi, evidenzi attività fattive e concrete, volte ad orientare le scelte operative.
Chiunque conosca a fondo il sistema comunale e locale sa perfettamente che è proprio la tendenza diuturna all'ingerenza, alla violazione carsica e simulata del principio di separazione, la battaglia affrontata quotidianamente tra sindaci e dirigenza. E si sa che la tendenza alla creazione di un apparato amministrativo parallelo "fiduciario" a forza di incarichi dirigenziali a contratto ai sensi dell'articolo 110 del Tuel ed improbabili incarichi "di staff" ai sensi dell'articolo 90, ha l'esatto scopo di costruire vertici degli apparati disposti ad accettare ingerenze e ad agire sulla base di indirizzi che siano, invece, ordini operativi, volti a mascherare decisioni riconducibili direttamente agli organi politici.
Da questo punto di vista, la riforma del Tuel non appare, allora, nè efficace, nè capace di intervenire a risolvere i problemi creati dalla già citata battaglia quotidiana, anche perchè continua a mancare di quell'elemento scelleratamente cancellato dalle riforme degli anni '90: controlli esterni preventivi di legittimità, unico strumento, se ben organizzato e svolto da soggetti effettivamente in posizione di terzietà, per rimuovere gli ostacoli all'applicazione effettiva dei principi di separazione. Mere correzioni testuali e norme di drafting, per quanto opportune, non saranno sufficienti a risolvere i problemi operativi effettivi.
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