Le bozze del decreto legge per il rilancio del Pnnr e misure sull'energia, nella parte riferita ai concorsi pubblici, confermano e rimarcano che la riforma della PA e del reclutamento è ben lontana dal cogliere davvero gli intenti enunciati.
Ricordiamoli: si è attivato il complesso sistema di riforma per agevolare l'acquisizione nella PA di nuovi profili al posto di quelli obsoleti, per rimediare alla voragine dei circa 500.000 pensionamenti già avviati dal 2020 e sempre in corso, per ringiovanire i ranghi della PA, per acquisire personale preparato e pronto in particolare proprio a gestire il Pnnr.
A distanza di un anno dall'avvio di quelle riforme, non è possibile affermare che gli intenti siano stati rispettati, se non - e in parte - solo quello di gestire le procedure concorsuale in modo più veloce, in applicazione dell'articolo 10 del d.l. 44/2021.
Sulla qualità delle selezioni e sulla capacità di individuare davvero personale qualificato in grado di sostituire gli anziani, i dubbi sono tanti.
E lo schema di decreto legge li conferma, perchè insiste verso un'ulteriore spinta verso l'abbreviazione delle procedure e strumenti "derogatori" di acquisizione del personale.
Intendiamoci: ogni insistenza nella direzione dell'ampio utilizzo delle risorse digitali per gestire flussi e procedure è il benvenuto.
Dunque, è certamente corretto il tentativo proposto dal decreto di far passare proprio l'articolo 10 del d.l. 44/2021 da norma in deroga in norma generale, mediante alcuni accorgimenti: una parziale riforma dell'articolo stesso, l'introduzione nel d.l.gs 165/2001 di un nuovo articolo 35-ter dai contenuti in linea con gli intenti semplificatori del d.l. 44/2021, la delega al Governo a rivedere il dPR 487/1994 che contiene una disciplina generale dei concorsi pubblici ormai obsoleta e da adeguare al nuovo sistema.
In particolare, il nuovo articolo 35-ter citato punta tutto sul portale InPa come snodo per la partecipazione ai concorsi, nello Stato. I concorrenti dovranno registrarsi nel portale ed utilizzarlo per individuare i bandi, che passeranno obbligatoriamente dalla piattaforma, e presentare le candidature. Perchè anche gli enti locali possano utilizzare InPa come strumento della selezione occorrerà attendere l'accordo in Conferenza Unificata.
Non mancano, tuttavia, perplessità molto forti, non concernenti la procedura selettiva e la digitalizzazione, ma il merito, il modo col quale si intende selezionare.
La riscrittura dell'articolo 10 del d.l. 44/2021 fa rientrare pienamente in auge la pregressa esperienza professionale, che lo scorso anno tanto aveva suscitato polemiche, sulla constatazione molto semplice dell'impossibile conciliazione tra reclutamento mirato ai giovani e valorizzazione di esperienze lavorative precedenti.
La nuova lettera a)ter dell'articolo non pare equivoca: "i contenuti di ciascuna prova sono disciplinati dalle singole amministrazioni responsabili dello svolgimento delle procedure di cui al presente articolo le quali adottano la tipologia selettiva più conferente con la tipologia dei posti messi a concorso e prevedendo che per l’assunzione di profili specializzati, oltre alle competenze siano valutate le esperienze lavorative pregresse e pertinenti. Le predette amministrazioni possono prevedere che nella predisposizione delle prove, le commissioni siano integrate da esperti in valutazione delle competenze e selezione senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica". Si dà alle amministrazioni la discrezionalità più ampia possibile di introdurre le esperienze lavorative pregresse come elemento valutativo decisivo, bastando qualificare il profilo ricercato come "specializzato": l'assenza totale di qualsiasi controllo impedisce radicalmente una verifica sulla pertinenza delle scelte operative.
Spazio, poi, larghissimo al cosiddetto assessment. Come si nota leggendo l'ultima parte della norma citata, si prevede la possibilità di integrare le commissioni con "esperti in valutazione delle competenze e selezione": si capisce perfettamente, ancor più di quanto non emergesse già dalla manovra di riforma di un anno fa, che i "cacciatori di teste", le aziende di ricerca e selezione hanno ottenuto l'agognato spazio che da sempre cercavano, nell'ambito del reclutamento pubblico.
Il tutto, sulla base del vacuo concetto di "competenze", da intendere, secondo lo schema di d.l. come "insieme delle conoscenze e delle capacità tecniche e/o comportamentali e/o manageriali che devono essere specificate nel bando e definite in maniera coerente con la natura dell’impiego per il profilo ricercato". Un buon misto di tutto e niente che, in relazione al peso che si voglia dare all'accertamento delle competenze o all'assessment (per dirla in latinorum), può avere ovviamente un ruolo decisivo sugli esiti del reclutamento.
E, sempre per dare spazio alle aziende di reclutamento, si chiarisce: "le prove di esame possono essere precedute da forme di preselezione predisposte anche da imprese e soggetti specializzati in selezione di personale e possono riguardare l’accertamento delle conoscenze indicate nel bando o il possesso delle attitudini e delle capacità comportamentali richieste dal bando". Insomma, la forte presenza di esperti e consulenti nelle varie commissioni tecniche attivate in questi mesi a supporto del processo di riforma, provenienti in buna parte da quei mondi, ha trovato sbocco.
Gli organi di governo delle PA saranno, ovviamente, molto lieti e tentati di affidarsi a questi soggetti specializzati. E' chiaro che le preselezioni basate sull'assessment, l'attribuzione di peso alle "competenze", l'integrazione delle commissioni con gli "esperti" aprono margini di discrezionalità nell'orientare la selezione molto ampi. I rischi di trasformare, però, il "mercato concorrenziale" in qualcosa d'altro sono evidenti.
Per altro, il decreto, da un lato approfondisce il solco tracciato lo scorso anno, ma dall'altro indirettamente certifica la poca efficacia delle riforme sin qui adottate.
Si guardi, ad esempio, al tentativo di derogare al divieto di attribuire incarichi retribuiti a lavoratori collocati in quiescenza previsto dalla bozza, riferita alle attività connesse al Pnrr. Per quanto la deroga sia limitata nel tempo e al campo di applicazione del finanziamento europeo, si tratta della negazione plateale della volontà di rafforzare le PA con competenze "nuove" e con "giovani": esattamente al contrario, questa previsione non fa altro che soffocare nuovi innesti, mantenendo salda la presenza di personale anziano, sebbene con un titolo giuridico non più di lavoro subordinato, ma di consulenza.
Il che, per altro, apre ad una clamorosa contraddizione in termini. L'articolo 7, commi 5-bis e seguenti, del d.lgs 165/2001 vieta con pesantissime sanzioni di simulare incarichi professionali in realtà posti a nascondere prestazioni lavorative subordinate vere e proprie. Invece, la riforma in sostanza finisce per considerare il lavoro subordinato un semplice equivalente eventuale all'incarico professionale: tanto è vero che al personale in quiescenza incaricabile con incarichi di collaborazione sarà possibile attribuire lo specifico incarico di responsabile unico del procedimento negli appalti pubblici, ruolo, tuttavia, che il codice dei contratti riserva in via esclusiva a personale dipendente delle PA.
Non solo: l'equivalenza sostanziale tra lavoro subordinato e collaborazione, che costiuisce un vulnus molto forte alla correttezza dei rapporti tra datore e lavoratore ed è fonte da sempre di un contenzioso infinito con la parte datoriale regolarmente soccombente, viene confermata dall'articolo 13 dello schema di decreto, altra certificazione dell'inefficacia delle riforme sin qui attivate.
Infatti, prendendo atto dei vari flop dei concorsoni per reclutare gli "esperti" nelle regioni del Sud in particolare, lo schema di d.l. alza bandiera bianca. Non si riesce a selezionare un numero sufficiente di "esperti", nonostante le semplificazioni procedurali e la riduzione dei concorsi a poco più di una serie di crocette su un questionario? Il rimedio sarà, ancora, utilizzare contratti di collaborazione. L'Agenzia per la coesione territoriale trasferirà alle PA interessate le risorse non ancora impegnate a causa dell'assenza di personale idoneo, in modo che le amministrazioni cerchino da sè gli "esperti", da reclutare con contratti di collaborazione ai sensi dell’articolo 7, commi 6 e 6-bis, del d.lgs 165/2001 "con soggetti in possesso di professionalità tecnica analoga a quella del personale non reclutato".
Un'inusitata corsa al ribasso. Se non si reperisce personale qualificato coi concorsi, nonostante i rulli di tamburi sulla capacità della riforma di reclutare il meglio, allora niente più concorsi, ma sistemi di reclutamento "attenuati" (le "procedure comparative" previste dall'articolo 7 del d.lgs 165/2001, che spesso non comparano assolutamente nulla), per acquisire vuoto per pieno, collaborazioni invece di lavoratori subordinati ed esperti sì, ma insomma, non del tutto, visto che si potranno cercare "esperti" ma con "professionalità analoga" a quella richiesta. Un modo elegante per consentire di fare un po' come meglio pare, pur di acquisire qualcuno da fregiare come esperto.
Ma, attenzione, il d.l. specifica che "I contratti di collaborazione sono stipulati sulla base di uno schema predisposto dall’Agenzia per la coesione territoriale che definisce, in particolare, le modalità, anche temporali, della collaborazione, comunque non superiori a 36 mesi, e la soglia massima della remunerazione". Vedremo se la remunerazione sarà contenuta entro i tetti delle retribuzioni previste dalla contrattazione collettiva. E', tuttavia, facile immaginare che non sarà così. Il risultato sarebbe, quindi, un concorso mal riuscito, che non recluta personale dipendente in numero sufficiente, modificato un un reclutamento "a sentimento" per esperti anche non del tutto esperti e magari con retribuzioni anche più alte di quelle che sarebbero state attribuite nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato.
Se il concorsone per il Sud deve essere preso come cartina di tornasole complessiva dei risultati delle riforme di questo anno, non c'è da essere eccessivamente ottimisti.
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