La chiave di lettura offerta dal decreto 3/2022 della Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Campania, che condanna un sindaco per la mancata razionalizzazione delle partecipazioni in società, dà l’evidenza della necessità di un chiarimento normativo su ruoli e responsabilità negli enti locali, come sta tentando il Governo mediante l’iniziativa legislativa di riforma dell’ordinamento locale. Tale iniziativa modifica l’articolo 50 del d.lgs 267/2000 in modo da provare a delimitare meglio le funzioni e responsabilità del sindaco:
Il decreto, come evidenziato prima, commina ad un sindaco la sanzione prevista dall’articolo 20 del d.lgs 165/2016, ai sensi del quale “La mancata adozione degli atti di cui ai commi da 1 a 4 da parte degli enti locali comporta la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 5.000 a un massimo di euro 500.000, salvo il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile, comminata dalla competente sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti. Si applica l'articolo 24, commi 5, 6, 7, 8 e 9”.
La sezione ritiene che “non applicabile a funzionari amministrativi la sanzione prevista dall'art.20, co.7 del D.lgs. n. 175/2016 in quanto non v'è dubbio che non siano competenti per "l'adozione dei provvedimenti di ricognizione" delle partecipazioni societarie in mancanza della quale solo può configurarsi la responsabilità preconizzata nell'atto introduttivo del presente procedimento: in altri termini le loro condotte non sono sussumibili nella fattispecie astratta recata dalla norma sanzionatoria di cui si chiede l'applicazione”.
Ma, allora, chi è il soggetto destinatario della sanzione prevista per la mancata razionalizzazione periodica delle società partecipate? Se lo chiede anche la Sezione, per la quale “occorre indagare sui soggetti cui, in un ente locale, incombe l'obbligo di adottare uno degli atti di cui ai commi da 1 a 4, pena la comminatoria della sanzione pecuniaria di cui al comma 7 dell'art.20 del D.lgs. n.175 del 2016”.
Il giudice contabile fornisce la risposta: l’organo responsabile “non può che essere essenzialmente individuato nell'organo politico di vertice dell'amministrazione , cioè nel sindaco”.
Il decreto di condanna giunge a questa conclusione perchè il sindaco “ai sensi dell'art.50 del TUEL, viene definito espressamente come "organo responsabile dell'amministrazione del comune"”.
E’ esattamente il punto dolente che intende affrontare la riforma del Tuel. Infatti, come evidenziato nella tabella riportata sopra, il testo dell’articolo 50 verrebbe modificato, sicchè il sindaco da “organo responsabile” tout court dell’amministrazione, diverrebbe organo responsabile solo “politicamente”.
Ma, basterebbe, per un caso come quello affrontato dalla corte dei conti, l’avverbio “politicamente” ad escludere la responsabilità del sindaco?
L’indagine svolta dalla Sezione Campania sul soggetto sul quale incombe l’obbligo di attivare la revisione periodica delle partecipate appare largamente sommaria e, comunque, inadeguata in vista della futura riforma dell’ordinamento locale.
La Sezione non ha inteso considerare la previsione dell’articolo 42, comma 2, lettera e), del d.lgs 267/2000, ai sensi del quale spetta in via esclusiva al consiglio la materia “organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell'ente locale a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione”.
Non pare sia frapponibile alcun dubbio che negli enti locali il soggetto competente ad occuparsi della partecipazione alle società, materia necessariamente comprensiva degli obblighi di revisione periodica, sia il consiglio e nessun altro organo.
Questa osservazione consente di prescindere del tutto dalla formulazione del testo dell’articolo 50, comma 1, del d.lgs 267/2000, che se fosse interpretabile come in effetti suggerisce il decreto 3/2022 della Sezione Campania, finirebbe per configurare la competenza del sindaco come generale e residuale.
Ma, così non è e non deve essere. Negli enti locali il sindaco ed il consiglio hanno competenze tassative e denominate; i dirigenti (e responsabili di servizio) dispongono di tutte le competenze gestionali; solo la giunta è l’organo che dispone di competenze residuali.
Nel caso di specie, il già ricordato articolo 42, comma 2, lettera e), del d.lgs 267/2000 assegna - in via esclusiva, quindi ad esclusione di chiunque altro - al solo consiglio l’intera materia delle società partecipate.
Pertanto, non pare poter aver alcun rilievo l’ulteriore riflessione contenuta nel decreto 3/2022 della Sezione Campani, ova si nota che l’onere in capo al sindaco di presidiare le partecipate “è particolarmente cogente per gli enti locali di ridotte dimensioni”, come il comune oggetto del provvedimento, “ove - peraltro- potrebbe avere trovato applicazione anche il disposto di cui all'art. 53, comma 23, della legge 388/2000, come modificato dall'art. 29, comma 4, della legge 488/2001, che consente agli enti locali, in presenza di determinati presupposti (avere una popolazione inferiore a 5000 ab., non aver affidato le relative funzioni al segretario comunale in base all'art. 97, c.4, lett. d), del D.Lgs. n. 267/2000, poter conseguire risparmi di spesa), la possibilità di adottare disposizioni regolamentari organizzative, attribuendo ai componenti dell'organo esecutivo la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale, senza la necessità di dimostrare la mancanza non rimediabile di figure professionali idonee”.
Il decreto, in questa parte, incorre in una clamorosa contraddizione in termini. Infatti, da un lato esclude la responsabilità dei funzionari; dall’altra, però, rafforza la responsabilità del sindaco, in quanto funzionario. Ma, se il sindaco agisce come funzionario, non può essere chiamato a rispondere per responsabilità che non riguardano la sfera dei funzionari.
Il decreto, insomma, evidenzia che la delicatissima questione delle responsabilità per i sindaci non è tanto un problema definitorio, quanto di prudente ed accorto esercizio del potere interpretativo da parte dei giudici, che dovrebbe scongiurare il rischio di estendere oltre misura le competenze e responsabilità dei sindaci, anche a causa di insufficienti indagini sul complesso sistema delle competenze locali.
La futura riforma dell’ordinamento locale, per quanto semanticamente chiarisca alcuni aspetti, rischia di risultare inefficace, se prevarranno chiavi di lettura come quelle suggerite dalla Corte dei conti Campania.
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