venerdì 24 giugno 2022

Piao e suoi paradossi: per ridurre gli adempimenti se ne prevedono altri

di Angelo Maria Savazzi

La introduzione del Piano integrato di Attività e Organizzazione (PIAO) impone un ripensamento dei processi di programmazione che devono svilupparsi integrati, laddove la integrazione non può certo essere intesa come una mera trasposizione di contenuti che continuano ad essere normati in modo autonomo dalle rispettive discipline di settore. 

Se andiamo a vedere quanto è avvenuto, in termini attuativi, successivamente all’approvazione del decreto legge n. 80/2021 è curioso come la previsione iniziale secondo la quale i decreti attuativi dovevano essere adottati entro l’8.8.2021 che, in sede di conversione, è poi divenuto l’8.10.2021 e con il decreto milleproroghe è stato nuovamente differito al 31.3.2022, trasformando per il 2022 un cambiamento in un ulteriore adempimento. Cosa altro può essere la previsione secondo la quale le amministrazioni devono approvare il PIAO entro il 30 giugno quando ancora non sono stati formalmente adottati gli atti normativi di natura regolamentare cui è affidato il compito di perimetrare questo nuovo strumento di programmazione? E cosa altro può significare prevedere che il PIAO debba essere adottato anche da quelle amministrazioni che, a legislazione vigente, hanno completato, correttamente, le direttrici programmatorie che confluiscono nel PIAO? 

In sostanza le amministrazioni lungimiranti che hanno messo in sicurezza il ciclo valutativo e hanno adottato il Piano dei fabbisogni di personale e il Piano di prevenzione della corruzione, sono chiamate per il 2022 ad adottare un altro documento di programmazione, il PIAO, che non può che essere ricognitivo di programmazioni che hanno già esaurito il loro compito di “programmare”, prevedendo, quindi, un ulteriore adempimento che travolge, in questo modo, quella che era la finalità del PIAO, cioè semplificare i processi di programmazione.

Al solito spetta alle amministrazioni trovare soluzioni operative che non si risolvano in un inutile appesantimento, specialmente se hanno operato secondo l’assetto normativo vigente. Il PIAO, in assenza dei decreti attuativi, non può considerarsi, invece, pienamente vigente perché è proprio il legislatore che affida ad atti normativi di secondo livello il compito di definire il perimetro di operatività del PIAO.

Pensare di programmare in termini integrati a giugno del 2022 è una contraddizione in termini; insomma, una mera esercitazione che aggiunge un adempimento in un contesto che ne prevedeva altri. Per il 2023, invece, potrebbe essere una buona occasione, anche se spetta alle amministrazioni operare in modo che l’integrazione sia effettiva e non si risolva in un contenitore comune nel quale confluiscono ambiti programmatori che continuano ad essere alimentati in modo autonomo, forse anche grazie, come segnalato dalla Sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato, alla scelta di mantenere intonse le rispettive discipline di settore. Per esempio, prevedere che gli enti locali, a regime, possano approvare il PIAO entro trenta giorni dall’approvazione del bilancio e contemporaneamente mantenere intatta la portata della previsione dell’art. 5, comma 1ter, del DLgs. 150/2009 che impone, secondo me correttamente, di definire comunque gli obiettivi di performance (quelli del Piano della performance di cui all’art. 10), di fatto genera una scissione tra i contenuti del PIAO e il contenuto di un ipotetico piano provvisorio della performance che le amministrazioni dovrebbero comunque approvare.

Alcuni commentatori sottolineano come le versioni originarie del DPR e del DM, non sono cambiate di molto e, quindi, le amministrazioni avrebbero dovuto e potuto iniziare da molto tempo ad elaborare il PIAO. Ma questa osservazione è priva di valore fattuale atteso che se sono previsti dei passaggi in Consiglio di Stato e nelle commissioni parlamentari ciò significa che questi passaggi avrebbero potuto migliorarli e non sono da intendere solo come passaggi formali. Il Piao in assenza dei decreti attuativi è inesistente nel nostro ordinamento e le amministrazioni devono operare secondo il principio di legalità cioè a legislazione vigente. Ed a proposito di programmazione strategica, che cosa diciamo del DUP e del DEFR che, secondo i principi contabili applicati alla programmazione, devono sviluppare proprio la programmazione strategica e sui quali la bozza di DM sorvola misteriosamente? Altro che integrazione! 

Ne ci si può nascondere dietro locuzioni del tipo “ PIAO come strumento per il management strategico" che vanno bene se ricondotte al principio di legalità, ma rischiano di essere un puro escamotage linguistico dietro il quale possono nascondersi appesantimenti adempimentali che per il 2022 sono anche inutili.

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