giovedì 21 luglio 2022

Il part time inferiore al 50% consente altri lavori subordinati senza autorizzazione. Il 165/2001 prevale sempre sull'ordinamento locale

 

I dipendenti degli enti locali a part time non superiore al 50% del tempo pieno, possono prestare attività lavorativa, subordinata o autonoma, presso terzi, senza richiedere la preventiva autorizzazione dell’ente di appartenenza.

Non era certo necessaria la sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 18.7.2022, n. 22497 per avere conferma di una chiarissima previsione dell'ordinamento.

La disciplina del lavoro a tempo parziale non superiore al 50% comporta, per i dipendenti pubblici, un trattamento particolare, che consente loro di condurre senza limitazione alcuna rapporti con altre amministrazioni pubbliche o con soggetti privati.

Si tratta, con ogni evidenza, di un regime che tende a favorire la trasformazione di rapporti di lavoro subordinato con la pubblica amministrazione da tempo pieno a part-time, dal momento che il dipendente pubblico col part-time non superiore al 50% ha l’opportunità di reperire altre fonti di guadagno, mentre per l’ente di appartenenza la trasformazione del rapporto di lavoro costituisce un risparmio.

Alcune amministrazioni locali, tuttavia, negano gli evidenti effetti della normativa sul part-time, in base ad un’interpretazione letterale ed ottusa dell’articolo 92, comma 1, del d.lgs 267/2000, testo unico sull’ordinamento delle autonomie locali, che contiene specifiche disposizioni (come quella citata) relative al rapporto di lavoro dei dipendenti di comuni e province.

Detto articolo 92, comma 1, prevede che “i dipendenti degli enti locali a tempo parziale, purchè autorizzati dall’amministrazione di appartenenza, possono prestare attività lavorativa presso altri enti”. E’ molto importante segnalare che questa disposizione riprende letteralmente il contenuto dell’articolo 17, comma 18, secondo periodo, della legge 127/1997. In altre parole, si tratta di una norma che il d.lgs 267/2000 ha riproposto pedissequamente ed acriticamente, senza preoccuparsi di effettuare un coordinamento con la disciplina generale riguardante il rapporto di lavoro a part-time e, nello specifico, il regime delle autorizzazioni che i dipendenti locali sono tenuti a chiedere per effettuare prestazioni lavorative “esterne”.

La disciplina generale sulle autorizzazioni alle prestazioni lavorative esterne è, in effetti, successiva nel tempo a quella prevista dalla legge 127/1997 ed è frutto, in particolare, dell’articolo 26, comma 1, del d.lgs 80/1998, modificato successivamente dall'articolo 16, comma 1, del d.lgs 387/1998.

Tali disposizioni hanno modificato il testo di quello che è divenuto il comma 6 dell’odierno articolo 53 del d.lgs 165/2001, ai sensi del quale tutta la disciplina degli incarichi (attribuiti da soggetti pubblici o privati, di lavoro subordinato o meno) retribuiti, contenuta nei commi da 7 a 13 del medesimo articolo 53, non si applica proprio al personale con rapporto di lavoro a tempo parziale la cui prestazione lavorativa non superi il 50% di quella a tempo pieno.

Si riscontra, allora, la coesistenza di due norme apparentemente in conflitto tra loro. La disciplina specifica degli enti locali, la quale impone comunque l’autorizzazione preventiva per il personale a part-time che intenda prestare attività per altri enti. Nonché, la normativa generale, che, invece, esclude l’autorizzazione per i dipendenti a part-time 50%.

L’interpretazione restrittiva fornita da alcuni comuni attribuisce prevalenza all’articolo 92, comma 1, del d.lgs 267/2000.

Altri enti locali prediligono un’interpretazione leggermente meno restrittiva, ma ritengono in ogni caso che l'attività di lavoro a tempo parziale debba essere assoggettata alla disciplina degli incarichi ai sensi dell’articolo 53 del d.lgs. 165/2001 e riferiscono, pur sempre, l'articolo 92, comma 1, del d.lgs 267/2000 all'ipotesi dell'attività lavorativa subordinata con altro rapporto part-time 50% presso un altro ente locale.

Queste interpretazioni, tuttavia, sembrano affette da alcuni vizi che ne inficiano la correttezza.

In primo luogo, non tengono conto del fatto dell’espressa volontà del legislatore di creare una particolare normativa per il personale a part-time non superiore al 50%, scaturente dall’articolo 1, comma 56, della legge 662/1996 a mente del quale “le disposizioni di cui all'articolo 58, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (oggi confluito nell’articolo 53, comma 1, del d.lgs 165/2001), e successive modificazioni ed integrazioni, nonché le disposizioni di legge e di regolamento che vietano l'iscrizione in albi professionali non si applicano ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno”.

In secondo luogo, risolvono in modo non corretto la conflittualità tra la disciplina generale del rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e quella del rapporto alle dipendenze degli enti locali: infatti, attribuiscono prevalenza a questa normativa sulla prima.

Ma si tratta di un’operazione interpretativa ed attuativa non corretta, perché non tiene conto dell’articolo 88 del d.lgs 267/2000, ai sensi del quale, invece, all’ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali si applicano immediatamente e direttamente le disposizioni del d.lgs 165/2001.

Pertanto, il contrasto tra l’articolo 92, comma 1, del d.lgs 267/2000 e la disciplina dell’articolo 53, comma 6, del d.lgs 165/2001 è solo apparente. In realtà, l’articolo 92, comma 1, del d.lgs 267/2000 deve essere necessariamente coordinato con l’articolo 53, comma 6, del d.lgs 165/2001.

Infatti, il primo non rappresenta altro che una disposizione di carattere generale, antecedente alle riforme del 1998, che ha assolto la funzione di anticipare sia la possibilità per i dipendenti degli enti locali di porsi a par-time, sia di prestare servizio presso tali enti.

Tale disciplina, però, è del tutto assorbita da quella dell’articolo 53 del d.lgs 165/2001 che, dunque, prevale su quella dell’ordinamento locale, da considerare giuridicamente disapplicata, se non implicitamente abrogata.

Il che significa, allora, che anche i dipendenti di comuni e province a part-time non superiore al 50% sfuggono all’onere di ottenere l’autorizzazione per prestare attività nei confronti di enti pubblici e privati.

Dunque, i regolamenti locali istitutivi di tale onere autorizzativo sono da considerare illegittimi, perché contrari all’articolo 53, commi 1 e 6, del d.lgs 165/2001 e sostanzialmente in contrasto con la scelta del legislatore di favorire le prestazioni esterne dei dipendenti a part-time.

Si può, per altro, osservare che l’intera disciplina dell’articolo 53 risulti indifferente per i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale, almeno limitatamente alle attività svolte al di fuori dell’orario di lavoro obbligatorio.

Infatti, l’unica limitazione imposta dalla legge per le attività extra officio dei dipendenti a part-time non superiore al 50% è il divieto di conflitto di interesse, posto dall’articolo 1, comma 58-bis della legge 662/1996.

Occorre aggiungere, comunque, che l'articolo 53, comma 7, ha introdotto un onere comunicazionale, da considerare, alla luce della normativa esaminata, quanto meno inopportuno se non del tutto nullo per contrasto appunto alla legge: "I dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale, qualora la prestazione non sia superiore al 50% di quella a tempo pieno, possono svolgere un’altra attività lavorativa e professionale, subordinata o autonoma, nel rispetto delle vigenti norme in materia di incompatibilità e di conflitto di interessi. I suddetti dipendenti sono tenuti a comunicare, entro quindici giorni, all’ente nel quale prestano servizio l’eventuale successivo inizio o la variazione dell’attività lavorativa esterna".

In ogni caso, tornando alla sentenza della Cassazione, c'è da chiedersi se qualcuno si porrà il problema di sanzionare chi dell'ente locale si sia reso responsabile dell'attivazione del contenzioso derivante dall'assurdo licenziamento di un dipendente a part-time non superiore al 50% dovuto a mancata autorizzazione a svolgere attività lavorativa in altro ente. La sentenza evidenzia tutta la speciosità, infondatezza, erroneità, il travisamento, insomma la grave impreparazione di chi ha portato avanti l'iniziativa del comune. C'è da chiedersi se la PA possa permettersi di mantenere nel suo interno chi si renda autore di errori così clamorosi.

Tabella riepilogativa 

 

Dipendenti enti locali posti a part time non superiore al 50%

Possono prestare attività lavorative retribuite senza preventiva autorizzazione dell’ente di appartenenza

Articolo 92, comma 1 d.lgs 267/2000

Richiede sempre la preventiva autorizzazione

Articolo 53, commi 1 e 6, del d.lgs 165/2001

Norma generale sul part-time di tutti i dipendenti pubblici, che disapplica l’articolo 92, comma 1, del d.lgs 267/2000 o quanto meno impone che l'articolo 92, comma 1, del d.lgs 267/2000 vi si coordini, sì che non sia richiesta alcuna autorizzazione in capo al dipendente a tempo parziale non superiore al 50%

Onere per i dipendenti degli enti locali posti a part time non superiore al 50%

Rispettare il divieto di conflitto di interesse e comunicare i rapporti di lavoro subordinato con soggetti terzi. Comunicazione di cui all'articolo 53, comma 7, del Ccnl 21.5.2018

 

 

 

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