La Conferenza Stato città ed enti locali ha dato indicazione di rinviare al 31 agosto i termini di approvazione dei bilanci di previsione degli enti locali.
Già solo così la cosa é umoristica: a 8/12 dell'anno cosa vi sia più da "prevedere" risulta impossibile capire.
Se, poi, aggiungiamo il capolavoro della previsione del DM 30.6.2022 secondo il quale il Piao si adotta entro 120 giorni dalla scadenza di approvazione del bilancio di previsione, il lato comico é completo. Il fantasmagorico documento di programmazione coordinata, che tutto semplifica e dal quale dipende niente meno che il successo della riforma della PA si potrà approvare il 31 dicembre 2022, poche ore prima della fine dell'anno le attività del quale sarebbero da programmare.
L'ostinazione nel non capire che la vigenza del Piano andava rinviata al 2023 da parte dei decisori é testimonianza della distanza siderale tra ciò che è utile a migliorare la PA e ciò che si legifera e stabilisce a Roma.
Per altro, anche se per gli enti locali il Piano fosse divenuto operativo a giugno, il senso di una programmazione a metà anno é comunque oggettivamente inesistente.
Insomma, sembrava la rivoluzione e semplificazione della programmazione e invece era un calesse.
Per altro, i decisori dovrebbero sapere che dal 1990, anno della riforma dell'ordinamento locale, i bilanci di previsione sono stati approvati entro la data disposta dalla legge e senza rinvio solo una volta.
L'approvazione del Leviatano Piao ad anno avanzato sarà anche per il futuro praticamente la regola. A conferma che non basta "fare le riforme" per rilanciare il Paese: occorre che le riforme siano utili, ben fatte ed efficaci.
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