Tutti i corifei che sostengono acriticamente, senza nemmeno averla letta e comprese le conseguenze deleterie sull'ordinamento, la riforma Delrio, magnificano con canti e peana la costituzione delle città metropolitane.
"Finalmente", dicono molti media, "nascono con 23 anni di ritardo le città metropolitane".
Però nessuno ha visto o si è reso conto di come le regola il ddl Delrio. Le città metropolitane, nella sostanza, sono esclusivamente l'espansione del potere di governo del capoluogo di provincia verso il territorio della province.
Null'altro sono, dunque, se non l'estensione del capoluogo, che superando le mura dei propri confini, giunge a dettare le regole della vita amministrativa anche per i territori esterni.
Non ci sarebbe nulla di strano, se la città metropolitana fosse null'altro che una provincia, sotto altro nome.
Della provincia la città metropolitana acquisirà competenze e funzioni, aggiungendone alcune altre, attinenti soprattutto a programmazione territoriale e sviluppo economico.
Tuttavia, sindaco metropolitano, cioè vertice politico dei nuovi enti, sarà sempre ed automaticamente il sindaco del comune capoluogo.
I più accorti hanno già capito che questa è la cosa davvero strana e che proprio non va. Il sindaco metropolitano, colui che si dovrà curare delle corriere di paese, dei collegamenti di montagna, della scuola superiore bisognevole di rilancio e manutenzione ai confini della provincia, sarà un signore che per essere eletto e prendere i voti avrà il suo collegio elettorale solo nel comune capoluogo. Chiederà i voti solo ai residenti del comune capoluogo e si impegnerà solo a sviluppare azioni amministrative concernenti il comune capoluogo. E su questo verrà misurato.
Il ddl Delrio, facendo propria una visione drammaticamente di parte, asfittica e sbagliata dell'Anci (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), concepisce le città metropolitane, come anche le province, solo come una dilatazione del potere dei comuni.
Nel caso della città metropolitana, si imporrà al territorio della provincia, nel quale vivono, lavorano ed abitano sempre molte più persone di quelle residenti nel capoluogo, la politica del capoluogo.
Difficile credere veramente che un sindaco di un comune capoluogo di una città metropolitana avrà davvero capacità, voglia e soprattutto tempo di considerare in modo paritario i problemi del comune di campagna con quelli posti dalla creazione della ztl in centro.
I voti di una minoranza della popolazione di una provincia, determineranno l'orientamento politico di essa, anche a discapito di ciò che pensano tutti coloro che non risiedono nel capoluogo. E' notorio come spessissimo i risultati elettorali (in ogni tipo di elezione: nazionali, regionali ed amministrative) risultino diversi in modo significativo da quelli della provincia. Ciò, in ragione di talvolta profonde, ma sempre evidenti, differenze di organizzazione sociale e culturale, che portano inevitabilmente alla formazione di sensibilità politiche differenti.
Il ddl Delrio, dunque, con un'operazione volta a concentrare poteri immensi ai sindaci, tali da metterli in diretta competizione con i presidenti delle regioni, trasformerà i territori delle province in una sorta di immensa periferia. Sappiamo che uno dei problemi più gravi delle grandi città è proprio quello di armonizzare la vita delle estremità di confine della conurbazione col centro, destinando adeguati investimenti e cure. Perchè sindaci cronicamente incapaci di far vivere in modo dignitoso le periferie, dovrebbero improvvisamente operare meglio per territori addirittura fuori dalla cintura del confine del capoluogo?
Ma i corifei esultano. "Finalmente" dicono "sono state costituite le città metropolitane". E sventolano bandiere, senza nemmeno sapere perchè.
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