La somministrazione di lavoro divenne clientela per le parentopoli a servizio dei sindaci e degli amministratori delegati delle società locali.
Uno sconvolgente emendamento al disegno di legge di conversione del “salva Roma”, il d.l. 16/2014 prevede, in sostanza, che i dipendenti delle partecipate pubbliche dischiarati in esubero e che non potranno essere trasferiti verso altre società partecipate del medesimo ente o di altri enti in ambito regionale, potranno transitare presso agenzie di somministrazione. In questo modo, saranno prioritariamente somministrati alle amministrazioni che partecipano alle società dissestate, laddove esse attivino contratti di somministrazione di lavoro, per fare fronte ad esigenze lavorative temporanee o straordinarie proprie o di loro enti strumentali.
In un colpo solo, un vulnus ai principi di logica e di efficienza degli strumenti normativi, che vengono totalmente stravolti.
In sostanza, si crea per i dipendenti delle società partecipate, le quali sono a tutti gli effetti soggetti con personalità giuridica di diritto privato e in tutto e per tutto identici ai datori privati, un apparato di tutela che non ha alcun eguale nel settore privato. Con buona pace dei tanti che, invece, chiedono di estendere al pubblico i meccanismi del lavoro privato.
Infatti, già la legge 147/2013 prevede, in deroga alla normativa privatistica, un sistema di salvataggio dei dipendenti delle partecipate, attraverso trasferimenti tra una società e l’altra in mano pubblica, invece di attivare le ordinarie forme di tutela esistenti nel privato: cassa integrazione per chi ha i requisiti, o mobilità o Aspi.
Non bastava questa specificità. Se ne aggiunge un’altra: appunto la “priorità” di questi lavoratori nella selezione da parte delle agenzie di somministrazione, che avviino lavoratori in missione verso gli enti locali.
Si crea, nella sostanza, un perverso sistema di lavoratori socialmente utili sotto mentite spoglie, assegnando alle agenzie di somministrazione la funzione di ammortizzatori sociali. Alle agenzie andrà più che bene, perché potrebbero contare su un non secondario incremento dei volumi di fatturato.
Ai lavoratori va benissimo, perché, tutto andando male, avranno un sistema di reimpiego privilegiato nei confronti di qualsiasi altro lavoratore, potendo contare di rimanere nella galassia pubblica, sia pure in somministrazione.
Il tutto, non pone rimedio alcuno a problemi connessi ad assunzioni a suo tempo figlie di “parentopoli” o, comunque, di procedure non trasparenti. Al contrario le missioni in somministrazione potranno consentire chiamate al lavoro, spesate dal sistema pubblico, ad personam, sulla base del criterio di priorità indicato dall’emendamento.
Il “salva Roma” si trasforma sempre di più in una sanatoria poco edificante degli sprechi.
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