Gli ignoranti, o indifferenti, o convinti (magari inconsapevoli) sostenitori dei regimi dittatoriali, che inneggiano alla riforma del Senato non più elettivo è evidente non ricordino o non abbiano letto i libri di storia o, più semplicemente, di educazione civica o semplici compendi di diritto costituzionale.
Si accorgerebbero che la riforma del Senato proposta dal Governo (fatto, questo, paradossale: la separazione dei poteri dovrebbe inibire al Governo, come al Presidente della Repubblica, di curarsi dell’ordinamento dello Stato) è estremamente simile ad un ritorno al passato. Un passato tragico: quello del Regno d’Italia sotto il Fascismo.
Dunque, un piccolissimo ripassino di storia. In Italia l’esperienza di una Camera “elettiva” (tra virgolette vedremo poi perché) e di un Senato non elettivo si è già vista. Vigente lo Statuto Albertino, infatti, i componenti del Senato erano nominati dal Re. Ecco il perché dell’esistenza, nella Costituzione, del potere del Presidente della Repubblica di nominare 5 Senatori a vita: niente più di un’eredità sbiadita del passato, la conservazione di alcuni poteri che aveva il Re nell’organo costituzionale monocratico che nell’Italia repubblicana è in qualche odo “erede” del precedente Monarca.
Altro elemento poco noto: il bicameralismo perfetto è anch’esso retaggio ereditario pieno dello Statuto albertino.
Ora, di cosa ha bisogno un regime autoritario, diverso da un becero presidenzialismo sudamericano o da una dittatura dell’Est Europa o Asia, che concentra davvero tutto nelle mani di una sola persona? Di una “verticalizzazione” del potere, che, pur rimanendo formalmente distribuito tra organi costituzionali apparentemente dotati di prerogative proprie, nella realtà fa rispondere tali organi non al popolo, bensì al vertice partitico, eliminando pesi e contrappesi attraverso un’opera costante di cooptazione nelle istituzioni di “fedelissimi” al Capo.
Esattamente questo è quello che avvenne col Fascismo. Ricordiamo che né il Re venne mai deposto, né smisero di funzionare le due Camere.
Ma, con la legge Acerbo, in tutto e per tutto simile al Porcellum, ma ancora di più all’Italicum, si fece in modo di mettere l’elezione della Camera sotto il controllo del Partito Fascista, eliminando le preferenze e consentendo alla direzione del partito di stabilire le liste e, sulla base di un voto totalmente svuotato, predeterminare gli esiti delle elezioni, con la fissazione di chi sarebbe passato e delle briciole percentuali spettanti alle opposizioni.
Per quanto riguarda il Senato, il sistema delle “infornate” consentiva, sin dai tempi di Cavour, al Governo di influenzare le nomine regie. Era il Governo, infatti, a stilare le liste delle persone da nominare come Senatori. E sotto il Fascismo il potere di influenza del Governo nei confronti del Re, come è noto, era fortissimo.
Il risultato fu la totale (totalitarismo) influenza del Partito Fascista sulle istituzioni: alla Camera, grazie ad un sistema elettorale che in realtà non faceva eleggere nessuno, ma nominare gli inseriti nei listoni; al Senato, grazie alle “infornate” imposte dal Governo; al Governo stesso, grazie alla ascesa autoritaria del Duce, che con altri interventi sagaci verticalizzò ulteriormente il potere, non da ultimo l’eliminazione dei sindacati e l’imposizione dell’iscrizione al partito per i funzionari pubblici.
Il sistema che verrebbe fuori dal combinato disposto Riforma del Senato-Italicum non è “sinistramente” simile al disgraziato passato dell’Italia, è proprio molto simile.
Alla Camera, un sistema di votazione addirittura meno democratico ancora della legge Acerbo. Al Senato, il ritorno ad un collegio non eletto direttamente, ma nominato (l’elezione di eletti, senza il passaggio alle votazioni da parte del corpo elettorale si chiama nomina). Da chi? Prevalentemente dalla coalizione che sta modificando la Costituzione, che si spartisce – non è un caso – regioni e comuni. Sicchè le segreterie dei partiti di coalizione, cioè i vertici politici, avranno buon gioco nel determinare le liste di coloro da “eleggere” fittiziamente alla Camera, e da nominare al Senato, puntando sempre più verso la stretta “osservanza” al vertice della segreteria.
Una volta che il Parlamento così soggetto al dominio assoluto della coalizione, il Presidente della Repubblica non sarà più l’espressione unitaria delle diverse forze politiche, ma sarà necessariamente derivazione della coalizione preponderante.
La verticalizzazione sarà completa. E il totalitarismo sarà dietro l’angolo: basterà a quel punto una resa dei conti nella coalizione ed il partito vincente piglierà tutto.
Siamo solo ad un passo. La Costituzione del 1947 è nata con una serie di regole e principi all’esatto scopo di evitare che l’Italia potesse ripiombare negli abissi del Fascismo, nella consapevolezza dei Costituenti della debolezza della società italiana e della sua propensione storica a seguire scorciatoie, uomini della provvidenza (Masaniello, Arnaldo da Brescia, Mussolini ed altre simili tragiche figure) e regimi autoritari.
Lo smantellamento della rete di protezione contro simili pulsioni, per un popolo che veniva fuori da 1700 anni di divisioni, miserie, dominazioni straniere col pugno di ferro, sudditanza, abitudine alla dittatura e alla frode allo Stato attraverso le mafie, significa rendere vero, concreto, attuale, il rischio di ricadere nuovamente nelle bolge infernali dell’Italia politica, la “serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello” che un toscano, molto più avveduto del toscano oggi in sella, vide, con sguardo proiettato, purtroppo, nei millenni.
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