Nel servizio, molti politici fanno la faccia stupita, nell’apprendere che gran parte degli obiettivi sono “ordinaria amministrazione”, come, esemplificano i quotidiani del 19 aprile nel presentare la puntata di Report, la partecipazione alle riunioni.
E’ assolutamente vero che, in effetti, molti, troppi sistemi di valutazione o “piani della performance”, come è piaciuto chiamarli con la riforma Brunetta ai docenti della Bocconi interpellati per l’ennesima delle tante riforme “epocali” della PA., sempre fatte con consulenti bocconiani e sempre da rifare, con l’ausilio e la consulenza di chi aveva dato consulenza alle precedenti riforme “epocali” non andate in porto, risultano privi di una concreta capacità di evidenziare quali risultati specifici sarebbero da considerare ai fini della misurazione della produttività
I sistemi di valutazione sostanzialmente si distinguono in tre categorie:
- quelli estremamente voluminosi, complessi, pieni di analisi e schede;
- quelli estremamente semplificati, nei quali si evincono solo indicazioni per metafore ed aggettivi (migliorare, semplificare, rendere più accessibile, rendere meno costoso);
- quelli che provano davvero a misurare i risultati.
Un esempio calzante del sistema della categoria a) è il piano della performance 2014-2016 del Ministero del lavoro (http://www.lavoro.gov.it/Ministero/AreaTrasparenza/Performance/PianoPerformance/Documents/Piano%20performance%202014-2016%2031%20gennaio%202014_direttiva%20firmata%20con%20schede%20Min%20lavoro%20_registrata%20CdC.pdf).
Vista la lettura complicatissima di un documento che appare molto autoreferenziale e frutto della volontà di dimostrare da parte di chi lo ha redatto e, soprattutto, chi ha fornito consulenza a questo scopo, dell’abilità redazionale, riportiamo alcuni esempi.
Basti pensare che nell’organizzazione del Ministero, come emerge da piano (che sul punto è estremamente dettagliato e trasparente, pienamente rispettoso della normativa) nel Gabinetto e negli uffici di diretta collaborazione del Ministro operano 95 persone (sono pochissimi i comuni a disporre di dotazioni organiche così pingui), di cui 3 dirigenti di seconda fascia; fa parte della struttura di diretta collaborazon l’Organismo Indipendente di Valutazione, per il quale l’organico prevede 1 dirigente e 10 dipendenti. Un apparato, insomma, enorme, solo per la collaborazione diretta col ministro e la predisposizione del sistema di valutazione.
Il dispendio di energie che si profonde nell’amministrazione italiana per attività di mera amministrazione, cioè non produttive, è enorme e non è certo il Ministero del lavoro l’unico ente ad evidenziare questa stortura. E’ ovvio che tra uffici di diretta collaborazione, segreterie generali, dipartimenti, uffici addetti ai sistemi di valutazione, uffici addetti alla trasparenza, uffici addetti al controllo di gestione, uffici addetti all’anticorruzione, uffici per le relazioni col pubblico, uffici per la gestione dei sistemi informativi, uffici per la gestione del protocollo e degli archivi, tutti, per altro, settori amministrativi inflazionati da quantità industriali di norme non solo aventi come fonte leggi e regolamenti, ma anche delibere, pareri, Faq ed indirizzi di decine di authority, oggettivamente l’amministrazione italiana si disperde in una serie di attività non produttive. Mancando o non essendo facile individuare il prodotto, scatta inevitabilmente anche la genericità della valutazione, che emerge anche se nascosta sotto centinaia di pagine e tabelle.
Per l’obiettivo “Attività di coordinamento delle azioni volte alla riorganizzazione, razionalizzazione e revisione delle strutture centrali e territoriali del Ministero”, il piano della performance del Ministero del lavoro prevede questa scheda di dettaglio:
Come si nota, graficamente è tutto molto bello e dettagliato, ma i risultati attesi, ciò che sarebbe da misurare non contengono alcun numero o, comunque, elemento misurabile. Sono presenti elementi valutativi come “relazioni e documenti” o, appunto “le riunioni”, senza che si sappia quali quantità e qualità di tali risultati, quali conseguenze, quali fini, quali scadenze rispettare.
Esempio perfetto della categoria b) è il piano della performance 2014 del Dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport (http://www.governo.it/AmministrazioneTrasparente/Performance/direttive/2014/Direttiva_DARAS_2014_testo.pdf).
In questo caso, la definizione degli obiettivi e dei risultati da raggiungere appare estremamente generica:
“I. Aree strategiche / obiettivi strategici
1 “Azioni in materia di affari regionali e autonomie”:
1.1 Revisionare e semplificare i processi, ripensare e riorganizzare il Dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport
*(Obiettivo Strategico riferito anche all’Area Strategica 3 (Azioni indirizzate alla revisione della spesa)
1.2 Estendere gli esperimenti di mediazione al fine della progressiva riduzione delle impugnative di legittimità costituzionale delle leggi regionali e del relativo contenzioso costituzionale e valorizzare il patrimonio conoscitivo ed esperienziale in materia 1.3 Sviluppare la comunicazione istituzionale - in particolare a favore del sistema delle autonomie - attraverso nuovi strumenti e modelli di comunicazione”.
Per la categoria c) un buon esempio potrebbe essere il piano dell’Inps (http://www.inps.it/docallegati/Mig/Doc/OperazioneTrasparenza/33_piano_performance_2015-2017_determina_n5_30gen2015.pdf). In questo piano, infatti, abbondano soprattutto grandezze numeriche e, dunque, realmente misurabili:
C’è una cosa, tuttavia, che nelle dichiarazioni dei politici stona. Ed è il fatto che il loro stupore appaia frutto o di cinismo oppure, ma non vogliamo nemmeno crederlo, da inconsapevolezza.
I piani della performance, infatti, sono per legge approvati ed adottati proprio dagli organi politici di governo.
E’ certamente un costume pessimo che i sistemi di valutazione non siano in grado, troppo spesso, di fornire la base per valutare se o no i dirigenti e gli uffici abbiano davvero ottenuto risultati valutabili.
Tuttavia, è anche necessario sottolineare che la responsabilità di tutto ciò è quanto meno condivisa, visto che chi redige le direttive di amministrazione o approva comunque i piani della performance sono gli organi di governo. Che, invece di stupirsi in favore di telecamere, potrebbero e dovrebbero rendere più semplici e misurabili risultati ed obiettivi.
D’altra parte, è proprio l’inefficienza diffusa dei sistemi di valutazione che consente agli organi di governo di disporre di una discrezionalità enorme, nel conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali. Essi, ai sensi degli articoli 19 e 21 del d.lgs 165/2001, dovrebbero fondarsi essenzialmente proprio sui risultati ottenuti dai dirigenti nei sistemi di valutazione; è fin troppo chiaro che se questi sistemi non funzionano, alla fine è l’arbitrarietà delle scelte a farla da padrone.
[…] la domanda sul chi assegni gli obiettivi e chi valuti. La risposta? Quegli stessi politici che stupiti si lamentano che gli obiettivi siano facilmente raggiungibili! Solito frullatore, insomma. Da cui […]
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