sabato 11 aprile 2015

#mobilità L'agenzia non serve, basta applicare le norme vigenti #lavoropubblico

Il tema dell’Agenzia della mobilità appare tanto più stucchevole, quanto più si comprenda che si tratta dell’ennesima trovata per costruire superfetazioni organizzative e di strutture amministrative, delle quali non c’è assolutamente bisogno.

Quale sarebbe l’utilità di tale Agenzia? Gestire le mobilità del personale pubblico, all’apertura di una vasta e continuativa sua redistribuzione nell’ambito della PA, inaugurata con la ricollocazione dei dipendenti delle province.

Sembra una trovata geniale e una necessità assoluta dotare la PA dell’ennesima Agenzia, vista la difficoltà oggettiva che implica lo spostamento di masse di dipendenti.

Invece, non ce n’è alcun bisogno. Per gestire la mobilità basterebbe semplicemente applicare le regole che vi sono, adibendo poco personale alla cura di un software gestionale, ma, soprattutto, costituendo nuclei di controllo sul rispetto degli obblighi in capo alle amministrazioni.

E’ tutto già scritto nell’articolo 2, comma 13, del d.l. 95/2012, convertito in legge 135/2012: “La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica avvia un monitoraggio dei posti vacanti presso le amministrazioni pubbliche e redige un elenco, da pubblicare sul relativo sito web. Il personale iscritto negli elenchi di disponibilità può presentare domanda di ricollocazione nei posti di cui al medesimo elenco e le amministrazioni pubbliche sono tenute ad accogliere le suddette domande individuando criteri di scelta nei limiti delle disponibilità in organico, fermo restando il regime delle assunzioni previsto mediante reclutamento. Le amministrazioni che non accolgono le domande di ricollocazione non possono procedere ad assunzioni di personale”.

Si tratta di una delle norme più ignorate e violate dell’ordinamento. Il Ministero della Funzione pubblica si è guardato bene, nei quasi tre anni dalla sua vigenza, di darvi corso. Tanto è vero che la legge 190/2014 ha cercato di avviare il processo di ricollocazione dei dipendenti in sovrannumero delle province totalmente al buio, senza sapere quali posti fossero disponibili presso quali amministrazioni. L’indagine non era stata nemmeno iniziata ed un abbozzo si ha solo adesso, che si sta attivando la piattaforma prevista dal recente Dpcm.

Eppure c’erano stati anni per attuare le semplicissime previsioni del d.l. 95/2012. Che ha anche una logica stringentissima: le pubbliche amministrazioni, per far funzionare a dovere un sistema di mobilità, non debbono enunciare i “fabbisogni”, cioè i posti che sono intenzionate a coprire, spesso frutto di mediazioni e scelte politiche, non troppo in linea con le esigenze operativa, bensì i “posti vacanti”, cioè i posti non coperti nella dotazione organica. In questo modo, secondo la norma, il dipendente in sovrannumero può scegliere di presentare domanda di ricollocazione nell’ente che denunci posti vacanti e questo è tenuto ad assumerlo, nei limiti dell’organico, sulla base di criteri selettivi.

Ci vuole proprio tanto ad applicare una norma così semplice e logica? Occorre addirittura un’Agenzia?

Basterebbe estendere queste semplicissime previsioni alla mobilità obbligatoria prevista dall’articolo 30, comma 2, del d.lgs 165/2001 e il gioco della gestione delle mobilità sarebbe fatto, senza necessità alcuna di agenzie, lasciandolo al “mercato” del lavoro pubblico, il quale risulterebbe connotato, in questo modo, di elevato e semplice tasso di dinamismo, soprattutto una volta vigenti le (per altro discutibili) tabelle di equiparazione, ormai in dirittura di arrivo.

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