giovedì 3 settembre 2015

Riforma PA: semplificazione del diritto di accesso o Foia all'italiana?

Il diritto di accesso generalizzato e finalizzato espressamente al controllo diffuso sull’attività delle amministrazioni pubbliche, per come delineato dalla legge 124/2015, costituirà certamente un banco di prova sulla tenuta organizzativa della PA.


E’ fin troppo facile immaginare che ingenti risorse organizzative ed umane dovranno essere dedicate a garantire questo amplissimo diritto di ciascun cittadino, diritto, per altro, sacrosanto visto che la PA agisce a beneficio di una collettività e non si vede ragione alcuna per impedire a chiunque di comprendere appieno le modalità con le quali l’amministrazione opera. Con un accesso pieno e diffuso, casi come Mafia Capitale potrebbero essere smascherati e resi noti ben prima che si incancreniscano, ad esempio.


Tuttavia, alcune cose non convincono appieno. Come si fa, per esempio, a livello di ordinamento giuridico nel suo complesso, a conciliare un desiderio così grande di apertura dell’attività della PA, con la contestuale volontà di dare una stretta alle intercettazioni, le quali costituiscono un sistema mediato dalla magistratura anche (non solo, ovviamente) per consentire proprio il controllo diffuso innanzitutto sulla legalità dell’azione amministrativa?


Ancora, per l’ennesima volta un intervento sul diritto di accesso finalizzato alla sua espansione quasi senza limiti (che va benissimo) viene spacciata dalla stampa non specializzata come “semplificazione”. Ma, la semplificazione è quell’operazione che riduce i termini di un’espressione, la rende più semplice, meno laboriosa. Non si ha semplificazione quando i termini risultino, invece, più laboriosi e ricchi di elementi.


Ora, se tendenzialmente per il cittadino sarà più semplice accedere, simmetricamente l’estensione estrema del diritto renderà più diffusa, estesa e continuativa l’operazione degli uffici volta a rendere effettivo il diritto. In altre parole: occorreranno ingenti risorse per garantire questo accesso. Ciò che risulterà più semplice come prodotto finale, l’accesso, complicherà l’attività di produzione.


Da qui la conclusione che questo specifico contenuto della legge 124/2015 non avrà affatto alcun benefico effetto sulla “burocrazia”. Al contrario, costituisce un elemento di generazione di nuove ed intense procedure burocratiche per garantire l’accesso.


Del resto, questo è quanto avvenuto col d.lgs 33/2013 che, interpretando male e all’italiana, il Freedom of information act, lo ha trasformato in un insieme di adempimenti di pubblicazione di atti, che più burocratico non potrebbe essere, risucchiando ingentissime risorse e addirittura impegnando a tempo pieno mezza Anac per vigilare.


La riforma del diritto di accesso prevista dalla legge 124/2015 potrebbe rimediare in parte all’inevitabile maggior carico burocratico, intervenendo sul d.lgs 33/2013 e spazzando via l’immane quantità di adempimenti meri di pubblicazione, che non risulteranno più utili. La logica anglosassone del Freedom of information act non è quella della pubblicità astratta per tutti, priva di una richiesta e fornita con pubblicazioni obbligatorie e minutamente indicizzate. E’, invece, quella “on demand”: la pronta risposta fornita a qualsiasi soggetto per qualsiasi causa interessato a conoscere i dati.


Se non si vogliono ingolfare gli uffici di adempimenti inutili e provare davvero a semplificare anche la produzione delle informazioni, l’attuazione della delega è opportuno passi attraverso una riduzione drastica dei troppi adempimenti borbonici e prefettizi del d.lgs 33/2013.


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