La notizia apparsa sui giornali ha dell’incredibile e dell’inaccettabile: la provincia di Bergamo è intervenuta nei confronti di un gruppo di cittadini, genitori degli allievi dell’istituto alberghiero, per impedire loro di proseguire nell’affidamento ad una ditta di trasporti del servizio “di linea”, per portare i propri figli a scuola, al posto del servizio di linea provinciale, eliminato. Infatti, il servizio organizzato dalle famiglie sarebbe “concorrenza sleale”.
L’Italia è il Paese dei paradossi, proprio per questo autocondannatosi alla situazione economica ed istituzionale nella quale langue da anni.
Da tempo, le istituzioni, le università, i professori e gli editorialisti ci spiegano ad ogni piè sospinto che per riconquistare “competitività” occorre ridurre le tasse, così da diminuire simmetricamente la spesa pubblica e l’intervento dello Stato. Proprio sul Corriere della sera del 13 settembre Alberto Alesina e Franco Giavazzi, avanguardie del liberismo senza se e senza ma, con l’originalissimo articolo titolato “Immigrati la lezione americana” (ma quanto è trendy, ancora dopo decine di anni, il voler fare gli americani?) lo dicono chiaro e tondo: “il livello di istruzione di una popolazione può aumentare, anche rapidamente, con adeguati investimenti in capitale umano, cioè nella scuola e nell'università. Investimenti che sono certamente più utili di quelli in ponti o autostrade, come dimostra lo straordinario successo della Corea del Sud. Questo non significa, o non solo, più soldi pubblici: è soprattutto una questione di organizzazione e di merito, come scrivono da tempo Roger Abravanel e Roberto Perotti. La seconda lezione è che la generosità (quella privata, ma anche il welfare pubblico) funziona molto meglio fra persone della stessa nazionalità e cul tura. Cioè, siamo più disposti a pagare tasse anche elevate per un welfare generoso (e talvolta sprecone) verso i nostri concittadini nati qui; molto meno se percepiamo che del welfare beneficiano anche gli immigrati (che peraltro pagano anch'essi le tasse). Ci sono due modi per affrontare questo problema: uno è ridimensionare lo stato sociale, limitandolo alle funzioni di base, cancellando i benefici per chi non ne ha bisogno, eliminando privilegi e sprechi, cose che dovremo fare comunque — fra l'altro in Paesi come Italia e Germania che stanno invecchiando rapidamente, un flusso di immigrati giovani renderebbe il nostro welfare più sostenibile”.
Nel pieno rispetto di un americanismo e liberismo totalmente provinciale, come pessima tradizione italica, il Governi che si sono succeduti in questi anni hanno applicato la lettera, ma non lo spirito, del liberismo e del tentativo di “ridurre il perimetro dello Stato”, con i risultati devastanti sotto gli occhi di tutti e perfettamente rappresentati dall’incredibile vicenda di San Pellegrino.
Infatti, i trasporti pubblici locali da anni sono oggetto già della “spending review” ed oggetto di tagli imponentissimi che lo Stato ha disposto nei confronti delle regioni, le quali hanno a loro volta quasi dimezzato i trasferimenti alle province, rimaste nell’impossibilità di assicurare, mediante appalti, un servizio efficiente ai cittadini. E non è finita, perché Gutgeld e Perotti indicano ancora nel trasporto pubblico locale una “preda” per una spending review ogni giorno più asfittica e più chiaramente inefficace, come da anni avviene.
Parallelamente, le province sono state oggetto di una riforma frettolosa, mal concepita, peggio attuata, che le ha rese oggetto di devastanti operazioni finanziarie tali da imporre loro una riduzione della capacità di spesa di circa il 35% dal 2011 ad oggi, deprivandole di tantissime funzioni e competenze; la riforma, però, lascia in capo alle province, tra altre poche funzioni “fondamentali” indoviniamo quali? Quella del trasporto pubblico locale.
Insomma, in un colpo solo, la normativa falcia la spesa per i trasporti, distrugge l’apparato funzionale delle province che ne sono competenti, lascia i cittadini privi di servizi. I cittadini cercano, allora, di supplire, ma se si azzardano è “concorrenza sleale”
Come si vede, la revisione del “perimetro dello Stato” in Italia viene fatta totalmente alla rinfusa, senza alcuna logica né economica, né sociale. Perché se l’obiettivo è ridurre l’intervento pubblico e la connessa spesa, liberando risorse ed iniziative così che sia “il mercato” ad assicurarle, non si può allo stesso tempo sostanzialmente azzerare i servizi pubblici locali e bloccare una riorganizzazione ad iniziativa privata che, per altro, ai cittadini dell’istituto alberghiero costava anche più di quanto speso per il servizio provinciale.
Le fantomatiche “riforme” mancano all’evidenza di qualsiasi disegno e di un obiettivo chiaro. Non c’è assolutamente quello della riduzione della spesa pubblica, perché anche la legge di stabilità che si sta disegnando prevederà tagli sì ad Imu e Tasi per le prime case, ma finanziati attraverso l’aumento del deficit, il che, in presenza di un Pil negativo o che cresce meno della crescita del debito pubblico, significa incrementare ulteriormente il debito stesso.
Del resto, i comuni non si sognano nemmeno di provare ad affrontare i tagli spaventosi invece imposti alle province, ed hanno preteso ed ottenuto, per l’ennesima volta, che l’eventuale revisione dell’imposizione sulla casa sia integralmente compensata, con un’immensa partita di giro economica, col risultato finale che figurativamente Tasi ed Imu non ci saranno più, ma il loro gettito peserà lo stesso, per altro non più solo sulle spalle dei proprietari di case, bensì di tutti in quanto su tutti graveranno l’incremento del deficit e delle altre imposte che coprirà il mancato gettito. Oppure, tutti dovranno sopportare – senza nemmeno potersi organizzare privatamente – disservizi come quelli creati sui trasporti dalla micidiale combinazione di spending review, riforma delle province e, soprattutto, populismo.
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