sabato 2 aprile 2016

Nuovo codice dei contratti: confusione sul rinnovo


Il nuovo codice dei contratti crea una situazione di caos relativamente alla possibilità di rinnovare i contratti, ponendosi anche in contrasto con la direttiva 2014/24/UE.
Il problema deriva dall’articolo 106, dedicato alla disciplina delle varianti contrattuali. Il comma 12 di tale articolo dispone: “Il contratto di appalto può essere, nei casi in cui sia stato previsto nei documenti di gara, rinnovato per una sola volta, per una durata e un importo non superiori a quelli del contratto originario. A tal fine le parti stipulano un nuovo contratto, accessorio al contratto originario, di conferma o di modifica delle parti non più attuali, nonché per la disciplina del prezzo e della durata”.

Il codice, come si comprende, introduce un’ipotesi di rinnovo espresso, condizionata alla previsione di tale possibilità nei documenti di gara e, dunque, principalmente nel bando o nel disciplinare.
Deve osservarsi, in primo luogo, quanto impropria sia la disciplina di un simile rinnovo in un articolo, il 106, rubricato “modifica dei contratti durante il periodo di validità”, destinato, dunque, a regolare le varianti: è evidente che il rinnovo non interviene per nulla durante il periodo di validità, ma successivamente alla scadenza. Per altro verso, è assolutamente evidente che il rinnovo costituisce un’ipotesi di procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando.
Qui nascono i problemi: infatti, l’articolo 63, comma 5, del codice regolamenta in modo espresso la possibilità di ripetere lavori o servizi analoghi già affidati all’operatore economico, “a condizione che tali lavori o servizi siano conformi al progetto a base di gara e che tale progetto sia stato oggetto di un primo appalto aggiudicato secondo una procedura” aperta, ristretta, procedura competitiva con negoziazione o dialogo competitivo. Questa è una prima rilevante divergenza col rinnovo di cui all’articolo 106, comma 2, non condizionato da tali presupposti. Ma ve ne sono altre. Il comma 5 dell’articolo 63 aggiunge che “il progetto a base di gara indica l’entità di eventuali lavori o servizi complementari e le condizioni alle quali essi verranno aggiudicati. La possibilità di avvalersi della procedura prevista dal presente articolo è indicata sin dall’avvio del confronto competitivo nella prima operazione e l’importo totale previsto per la prosecuzione dei lavori o della prestazione dei servizi è computato per la determinazione del valore globale dell’appalto, ai fini dell’applicazione delle soglie di cui all’articolo 35, comma 1”.
Si tratta di una differenza rilevantissima. Il “rinnovo” disciplinato dall’articolo 63, comma 5, presuppone che il valore iniziale a base di gara comprenda sia quello del primo affidamento, sia quello dell’eventuale ripetizione dei servizi. Invece, il rinnovo disciplinato dall’articolo 106, comma 12, consente alle amministrazioni di non contemplare nel valore del contratto iniziale quello del contratto rinnovato. Ciò incide in maniera impattante sulle procedure. Infatti, non considerando il valore del rinnovo, un certo appalto può essere sottratto alle più rigorose e garantiste procedure imposte dal superamento delle soglie comunitarie o delle altre soglie previste dal nuovo codice che prevedono procedure via via meno restrittive, man mano che si abbassano i valori a base di gara. Infine, il comma 5 dell’articolo 63 limita il ricorso alla ripetizione delle prestazioni analoghe “al triennio successivo alla stipulazione del contratto dell’appalto iniziale”, mentre l’articolo 106, comma 12, non lo consente.
Si nota, dunque, la presenza nella stessa legge di due norme in contrasto frontale tra loro. Bene farebbe il Governo a correggere questo difetto eclatante, scegliendo quale tra le due disposizioni mantenere.

Di certo il rinnovo previsto dall’articolo 106, comma 12, a differenza della ripetizione delle prestazioni analoghe, non trova la sua fonte nella direttiva 2014/24/UE, che il nuovo codice deve attuare. L’articolo 5, comma 1, della direttiva stabilisce che “Il calcolo del valore stimato di un appalto è basato sull’importo totale pagabile, al netto dell’IVA, valutato dall’amministrazione aggiudicatrice, compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni e rinnovi eventuali dei contratti come esplicitamente stabilito nei documenti di gara”. Già questa previsione evidenzia un contrasto insanabile tra rinnovo “all’italiana” contenuto nell’articolo 106, comma 12, e normativa europea. Inoltre, l’articolo 32, comma 5, della direttiva ha un contenuto in tutto simile a quello dell’articolo 63, comma 5, del codice. Il contrasto, dunque, tra questo e l’articolo 106, comma 12, alla luce della normativa europea andrebbe risolto con la prevalenza di questa. Ma, per evitare un potenziale enorme contenzioso sul tema, è necessario un intervento chiarificatore molto deciso del legislatore.

Sul punto, si veda il passaggio del parere del Consiglio di Stato commissione speciale, parere  1 aprile 2016 n. 855 .

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