Il nuovo codice dei contratti
crea una situazione di caos relativamente alla possibilità di rinnovare i
contratti, ponendosi anche in contrasto con la direttiva 2014/24/UE.
Il problema deriva dall’articolo
106, dedicato alla disciplina delle varianti contrattuali. Il comma 12 di tale
articolo dispone: “Il contratto di appalto può essere, nei casi in cui sia
stato previsto nei documenti di gara, rinnovato per una sola volta, per una
durata e un importo non superiori a quelli del contratto originario. A tal fine
le parti stipulano un nuovo contratto, accessorio al contratto originario, di
conferma o di modifica delle parti non più attuali, nonché per la disciplina
del prezzo e della durata”.
Il codice, come si comprende,
introduce un’ipotesi di rinnovo espresso, condizionata alla previsione di tale
possibilità nei documenti di gara e, dunque, principalmente nel bando o nel
disciplinare.
Deve osservarsi, in primo luogo,
quanto impropria sia la disciplina di un simile rinnovo in un articolo, il 106,
rubricato “modifica dei contratti durante il periodo di validità”, destinato,
dunque, a regolare le varianti: è evidente che il rinnovo non interviene per
nulla durante il periodo di validità, ma successivamente alla scadenza. Per
altro verso, è assolutamente evidente che il rinnovo costituisce un’ipotesi di
procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando.
Qui nascono i problemi: infatti,
l’articolo 63, comma 5, del codice regolamenta in modo espresso la possibilità
di ripetere lavori o servizi analoghi già affidati all’operatore economico, “a
condizione che tali lavori o servizi siano conformi al progetto a base di gara
e che tale progetto sia stato oggetto di un primo appalto aggiudicato secondo
una procedura” aperta, ristretta, procedura competitiva con negoziazione o
dialogo competitivo. Questa è una prima rilevante divergenza col rinnovo di cui
all’articolo 106, comma 2, non condizionato da tali presupposti. Ma ve ne sono
altre. Il comma 5 dell’articolo 63 aggiunge che “il progetto a base di gara
indica l’entità di eventuali lavori o servizi complementari e le condizioni
alle quali essi verranno aggiudicati. La possibilità di avvalersi della
procedura prevista dal presente articolo è indicata sin dall’avvio del
confronto competitivo nella prima operazione e l’importo totale previsto per la
prosecuzione dei lavori o della prestazione dei servizi è computato per la
determinazione del valore globale dell’appalto, ai fini dell’applicazione delle
soglie di cui all’articolo 35, comma 1” .
Si tratta di una differenza
rilevantissima. Il “rinnovo” disciplinato dall’articolo 63, comma 5, presuppone
che il valore iniziale a base di gara comprenda sia quello del primo
affidamento, sia quello dell’eventuale ripetizione dei servizi. Invece, il
rinnovo disciplinato dall’articolo 106, comma 12, consente alle amministrazioni
di non contemplare nel valore del contratto iniziale quello del contratto
rinnovato. Ciò incide in maniera impattante sulle procedure. Infatti, non
considerando il valore del rinnovo, un certo appalto può essere sottratto alle
più rigorose e garantiste procedure imposte dal superamento delle soglie
comunitarie o delle altre soglie previste dal nuovo codice che prevedono
procedure via via meno restrittive, man mano che si abbassano i valori a base
di gara. Infine, il comma 5 dell’articolo 63 limita il ricorso alla ripetizione
delle prestazioni analoghe “al triennio successivo alla stipulazione del
contratto dell’appalto iniziale”, mentre l’articolo 106, comma 12, non lo
consente.
Si nota, dunque, la presenza nella
stessa legge di due norme in contrasto frontale tra loro. Bene farebbe il
Governo a correggere questo difetto eclatante, scegliendo quale tra le due
disposizioni mantenere.
Di certo il rinnovo previsto
dall’articolo 106, comma 12, a
differenza della ripetizione delle prestazioni analoghe, non trova la sua fonte
nella direttiva 2014/24/UE, che il nuovo codice deve attuare. L’articolo 5,
comma 1, della direttiva stabilisce che “Il calcolo del valore stimato di un
appalto è basato sull’importo totale pagabile, al netto dell’IVA, valutato
dall’amministrazione aggiudicatrice, compresa qualsiasi forma di eventuali
opzioni e rinnovi eventuali dei contratti come esplicitamente stabilito nei
documenti di gara”. Già questa previsione evidenzia un contrasto insanabile tra
rinnovo “all’italiana” contenuto nell’articolo 106, comma 12, e normativa
europea. Inoltre, l’articolo 32, comma 5, della direttiva ha un contenuto in
tutto simile a quello dell’articolo 63, comma 5, del codice. Il contrasto,
dunque, tra questo e l’articolo 106, comma 12, alla luce della normativa
europea andrebbe risolto con la prevalenza di questa. Ma, per evitare un
potenziale enorme contenzioso sul tema, è necessario un intervento
chiarificatore molto deciso del legislatore.
Sul punto, si veda il passaggio del parere del Consiglio di Stato commissione speciale, parere 1 aprile 2016 n. 855 .
Sul punto, si veda il passaggio del parere del Consiglio di Stato commissione speciale, parere 1 aprile 2016 n. 855 .
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