Per la campagna referendaria
sulla riforma della Costituzione dovrebbe contare il merito o il testimonial?
L’analisi di una riforma così
importante dovrebbe senza dubbio essere rimessa esclusivamente all’approfondimento
tecnico, capace di spiegare le conseguenze concrete ed implicite alle modifiche
apportate dalla legge costituzionale.
Le cose, tuttavia, non andranno
così. Lo spiega indirettamente molto un articolo di Francesco Verderami sul
Corriere della sera del 21 maggio, dal titolo “E il governo schiera i
costituzionalisti del sì al referendum”.
Nulla da eccepire che il “sì”
voglia avvalersi delle indicazioni di costituzionalisti favorevoli alla
riforma.
Ma, alcune riflessioni si
impongono. Intanto, nessuno, compresi anche i costituzionalisti del “sì” ha
spiegato sulla base di quale potere costituzionale e del rispetto della
divisione dei poteri il Governo si è, prima, impegnato direttamente nel
promuovere la legge di riforma e, poi, impegnato nella campagna referendaria. E’
cosa nota anche ai muri che la Costituzione non è materia riguardante il potere
esecutivo, che è chiamato solo ad eseguire le leggi nel rispetto di un
indirizzo politico di parte, espresso dalla maggioranza politica. La
Costituzione, per le riforme della quale non a caso si richiede un iter molto
complesso e lungo ed un quorum altissimo, è materia riservata solo al
Parlamento, che non dovrebbe agire su indirizzi di una maggioranza, ma
coinvolgendo tutte le forze politiche.
In secondo luogo, Verderami
spiega che tra i costituzionalisti del sì il Governo recluta e vanta “professori come Bassanini e Ceccanti”.
Autorevolissimi, certo. Ma, si tratta di due militanti del PD, il secondo dei
quali attivo nella stesura del testo. E’ un po’ come la notizia del cane che
morde l’uomo che costituzionalisti del PD, uno dei quali ha scritto la riforma
della Costituzione, sono favorevoli alla riforma della Costituzione.
Altra bizzarria riportata dall’articolo:
“Un gruppo di accademici, anch'esso per
il «si», ha ultimato un documento sottoscritto da una ventina di professori di estrazione diversa: si va dall'ex rettore
della Cattolica Ornaghi a sociologi e
politologi come Laspina e Moruno, da una personalità nel campo del diritto privato come Luminoso fino al
figlio di Luigi Berlinguer, Aldo, ordinario di diritto comparato”. Legittimamente nel comitato del sì a
scrivere un documento favorevole alla riforma si ascrivono importanti ed
autorevoli sociologi, politologi e docenti di branche del diritto diverse da
quello costituzionale. Ma, non si doveva trattare di “costituzionalisti”?
Anche no. Non appare quello il
vero obiettivo. Che viene svelato nella chiusura dell’articolo di Verderami,
ove si legge, dopo aver paragonato il referendum di ottobre a quello su monarchia
o repubblica: “anche i costituzionalisti
si vanno schierando. Restano da trovare
i testimonial, perché cento professori favorevoli alla riforma potrebbero
non bastare se uno come Benigni ripetesse di voler votare «no» al referendum. A
discuterne sono stati proprio i cattedratici, quando hanno saputo che Giusto
Puccini, esimio professore a Firenze, si sarebbe schierato con il « sì » : «Magari lo facesse anche sua figlia
Vittoria», che non sarà costituzionalista ma è attrice dal grande seguito”.
Dunque, a ben vedere, dell’autorevolezza dei costituzionalisti e dell’esame di
merito della riforma non importa proprio niente a nessuno. Si tratterà solo di
reclutare testimonial con grande seguito: attori, calciatori, sportivi,
imprenditori, volti noti: la Costituzione come il caffè, la sua riforma più la
mandi giù e più ti tira su.
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