Il concorso pubblico sicuramente non è lo strumento selettivo migliore in assoluto, anche perchè tale valore non risulta essere attribuibile ad alcun altro sistema alternativo di selezione.
Il reclutamento delle persone è sempre fallibile, anche perchè le persone cambiano, così come si evolvono i lavori. Qualsiasi lavoratore, in qualsiasi modo sia stato reclutato, se non si aggiorna o se nel lavoro effettivo non rende come potenzialmente dimostrato al momento della selezione, finisce per smentirne gli esiti. In questi giorni, comunque, la stampa allineata con la maggioranza ha portato ad alzo zero il cannoneggiamento contro tutto ciò che è pubblica amministrazione, per dare l'idea che le "riforme" sono necessarie per far ripartire il Paese. Ciò è, evidentemente, necessario soprattutto per tirare la volata al sì alla riforma della Costituzione. L'occasione per questa martellante campagna è data, del resto, dall'approssimarsi delle scadenze entro le quali adottare i decreti legislativi attuativi della legge Madia.
Tra gli argomenti più gettonati c'è quello relativo ai concorsi. Il mantra è che si tratta di sistemi di reclutamento vecchi, brutti, sporchi e cattivi, che selezionano i peggiori, escludono i migliori e sono causa di ogni nefandezza. Molto meglio, è il messaggio subliminale, sistemi di reclutamento "come nel privato". Peccato che l'amministrazione, poichè è pubblica, sia molto diversa dal "privato", che paga con soldi propri i dipendenti ed ha il sacrosanto diritto di sceglierseli come meglio crede, anche dall'alto del più totale arbitrio proprio del datore di lavoro. Il fatto è che l'estensione degli strumenti di reclutamento "privati" a questa generazione politica piace moltissimo.
Il perchè è facile intuirlo: si possono introdurre elementi di clientelismo elettorale fortissimi, senza temere strali dei giudici penali, amministrativi e contabile. In fondo è semplicissimo. Viene individuato un "cacciatore di teste" (si deve vedere fino a che punto con procedure davvero concorrenziali e non preordinate a selezionare quello più "vicino" alla maggioranza di turno) e gli si affida il compito di reclutare i dipendenti, non ovviamente col "concorso (ovvove), ma col colloquio strutturato e personalizzato, l'indagine sulla motivazione, sull'ambizione di carriera, l'analisi degli skills in rapporto agli stakeholders ed alla mission, ça va sans dire.
Il tutto è molto allettante. Infatti, il "cacciatore di teste" è pagato dall'amministrazione e, dunque, a contatto con un vertice poltiico, il quale ha tutto l'interesse ad orientare la caccia alle teste, in modo che sia soprattutto una caccia alle tessere. Il cacciatore di teste non avrà alcun problema ad orientare la sua ricerca e l'esito dei colloqui (ovviamente impossibile da commensurare in valutazioni mediante voti o, comunque, indicatori numerici) verso i candidati graditi, soprattutto se da questo possa conseguire la continuazione del rapporto con l'amministrazione che lo paga e, soprattutto, la possibilitàdi aspirare a successivi ed ulteriori contratti anche con altri enti.
Certo, quella esemplificata sopra è una visione pessimistica, perchè indubbiamente non mancano i cacciatori di teste dalla schiena dritta, che non si farebbero mai condizionare nella loro attività. Ma, poichè siamo in Italia, c'è da giurare che questi soggetti saranno tenuti ben lontani e che a cacciare le tesserete saranno quelli, come dire, sensibili e in sintonia con le maggioranze di turno. E, quindi, il controllo delle assunzioni tornerà pienamente nelle mani della politica, che non dovrà confrontarsi più con quella noia dei concorsi svolti da commissioni nelle quali non sono più ammessi come componenti i politici ed i sindacalisti e che, per giunta, debbono sostenersi a parittà di condizioni per tutti e con imparzialità.
Una bella promessa di un posto di lavoro per tutti e l'ausilio di società di reclutamento private "d'area" e il lavoro pubblico come produzione di consenso sarà un viatico per la conservazione del potere. Ah, abbiamo dimenticato di osservare che, naturalmente, abbandonare il concorso per strumenti di selezione come quelli esemplificati avrebbe l'indiscutibile vantaggio di valorizzare di più il "merito": quello di essersi tessati al momento giusto, per il partito giusto.
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