La giovane assessore (non ci
sogniamo nemmeno di scrivere il sostantivo al femminile) ai servizi sociali
della Regione Calabria, Federica Roccisano, è da giorni al centro di un fuoco
di fila di critiche, secondo solo a quello che investe il sindaco (come sopra)
di Roma Virginia Raggi.
L’occasione per mettere la
Roccisano sulla graticola è stato l’impietoso servizio di Report dello scorso
31 ottobre, che ha evidenziato l’azzeramento del servizio di trasporto degli
alunni disabili.
Certo, l’assessore non ne esce
bene dal servizio, perché in primo luogo, correttamente, ammette di aver
sbagliato e perché, poi, non è stata (doverosamente) tagliata la parte nella
quale chiede ad un funzionario lumi sulla questione, mostrandosi incerta
tecnicamente sui contenuti delle norme in gioco e sulle competenze.
Chiunque, tuttavia, abbia un
minimo di “confidenza” con la pubblica amministrazione e ne conosca i
meccanismi interni, sa perfettamente che né ministri, né sindaci, né presidenti
di regione, né assessori, sono dei super competenti sul piano tecnico
giuridico, né è da pretendere tale competenza o c’è da stupirsi se chiedano
alla propria struttura.
Dovrebbe essere noto che chi
accede a questi importantissimi incarichi pubblici non viene selezionato per
concorso, dopo aver dimostrato competenza tecnica, ma è incaricato dalle
istituzioni per ragioni totalmente diverse: influenza politica, ruolo nei
partiti, quantità del consenso, capacità di relazioni, conoscenze, delineazioni
di idee politiche di carattere generale e non solo di dettaglio.
La politica ha il compito di
immaginare, innovare, programmare e fornire indirizzi: poco importa se l’assessore
di turno conosca a menadito l’articolo, il comma, l’alinea e le “successive
modificazioni ed integrazioni”. Questa è roba da “tecnici”, di chi, cioè, è
chiamato a tradurre in leggi o atti amministrativi le direttive generali della
politica.
Per un verso, sbagliano
assessori e politici come la Roccisano ad accettare interviste che scendono sul
piano di un dettaglio tecnico non necessariamente parte del loro bagaglio; è
incompleta, per altro verso, quell’informazione che lascia credere ai cittadini
che l’assessore di turno sia il depositario principale della conoscenza tecnica
operativa.
Ma, al di là di questi rilievi
pur decisivi, l’attacco alla Roccisano sembra un modo per eludere il vero
problema. Che non è solo il ritardo e l’inefficienza con la quale la Regione
Calabria assicura agli allievi disabili il sacrosanto diritto allo studio,
attraverso il servizio di trasporto nelle scuole.
Il vero problema si chiama “legge
Delrio”. Se una regione, o un assessore, si trovi in difficoltà, per qualsiasi
ragione, tecnica, politica, di negligenza, nell’assicurare tale diritto, la
causa prima e vera è la deleteria legge 56/2014 in combinazione alla legge
190/2014. Dette norme, come si sa, hanno devastato le province, sottratto loro
risorse (3 miliardi a regime) e funzioni. I 3 miliardi li prende lo Stato e li
tiene per sé, senza riversarli agli enti subentrati alle province nel gestire
le funzioni (se non con manovre pasticciate e parziali, con le quali provare ad
allentare il cappio al collo che strozza i bilanci provinciali); le funzioni
sono state assegnate in modo caotico e polverizzato, in base a leggi regionali
diverse e mutevoli da regione a regione.
Si guardi esattamente al caso
dei servizi per gli allievi disabili, prima gestiti dalle province senza le
inefficienze scaturite dalla riforma Delrio. L’articolo 1, comma 947, della
legge 208/2015, quello che l’assessore Roccisano non ricordava perfettamente,
dispone quanto segue: “Ai fini del
completamento del processo di riordino delle funzioni delle province, di cui
all'articolo 1, comma 89, della legge 7 aprile 2014, n. 56, le funzioni
relative all'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli
alunni con disabilita' fisiche o sensoriali, di cui all'articolo 13, comma 3,
della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e relative alle esigenze di cui
all'articolo 139, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 112, sono attribuite alle regioni a decorrere dal 1º gennaio 2016, fatte
salve le disposizioni legislative regionali che alla predetta data gia'
prevedono l'attribuzione delle predette funzioni alle province, alle citta'
metropolitane o ai comuni, anche in forma associata. Per l'esercizio delle predette
funzioni e' attribuito un contributo di 70 milioni di euro per l'anno 2016. Con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro
delegato per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'interno, previa
intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da emanare entro trenta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge, si provvede al riparto del
contributo di cui al periodo precedente tra gli enti territoriali interessati,
anche frazionandolo, per l'anno 2016, sulla base dell'anno scolastico di
riferimento, in due erogazioni, tenendo conto dell'effettivo esercizio delle funzioni
di cui al primo periodo”.
Ci chiediamo quale essere umano
possa davvero ricordare e comprendere fino in fondo il contenuto di simile
norma, così prolissa, complessa, involuta, criptica. Davvero la Roccisano può
essere derisa perché non ricordava l’esatto contenuto della disposizione?
Davvero risulta chiaro che le
funzioni sono passate dalle province alle regioni? L’inciso “fatte salve le disposizioni legislative
regionali che alla predetta data gia' prevedono l'attribuzione delle predette
funzioni alle province, alle citta' metropolitane o ai comuni, anche in forma
associata” non fa confusione? Non si deve essere certi, in base a questo
inciso, che le funzioni in oggetto non siano già state in precedenza ri-assegnate
alle province o traslate ad improbabili forme associative comunali?
E perché, poi, tale norma
prevede un contributo di 70 milioni alle regioni, all’enunciato scopo del “completamento del processo di riordino delle
funzioni delle province, di cui all'articolo 1, comma 89, della legge 7 aprile
2014, n. 56”? Per una ragione molto semplice: il prelievo forzoso di
risorse dai bilanci delle province e l’esproprio della loro funzione di
sostegno agli allievi disabili ha causato un gravissimo ammanco di
finanziamenti, tamponato male, tardi e in modo insufficiente da questi 70
milioni che, per altro, non sono solo a copertura del servizio di trasporto
degli allievi disabili, ma valgono anche per i servizi di aiuto allo studio dei
disabili sensoriali, risultando del tutto insufficienti.
In tutte le province o regioni
italiane, dunque, se non si sono verificati interruzioni di pubblico servizio
come quelle accadute in Calabria, comunque i servizi in argomento sono stati
drasticamente ridotti: meno ore di aiuto allo studio, meno chilometri di
trasporto assicurato, meno risorse spese per i più deboli.
Questo bel risultato non è da
addebitare alla Roccisano, ma ha una matrice molto precisa: la devastante
riforma delle province, che porta il cognome del suo promotore l’attuale
ministro alle infrastrutture Delrio.
Non si faccia della Roccisano il
capro espiatorio, dunque, di un disastro che trova le sue origini nell’iniziativa
fallimentare di un ministro e di un governo che ha mandato all’aria sistemi
organizzativi di funzioni gestite da un livello istituzionale, sacrificato in
nome del populismo ma senza riuscire nemmeno lontanamente a ridurre la spesa
pubblica e migliorare i servizi, come pure era stato propagandato. Come si
nota, gli effetti ottenuti sono esattamente all’opposto. Tanto basterebbe per
cercare i responsabili non in un assessore giovane e inesperto di una regione,
quanto negli autori della riforma e chiederne conto e ragione sul piano
politico e delle responsabilità erariali.
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