martedì 3 gennaio 2017

Contributi (o patrocini onerosi): materiali operativi


La concessione dei contributi pubblici secondo il procedimento tratteggiato solo a larghe linee dall’articolo 12 della legge 241/1990 è correttamente inquadrata dalla giurisprudenza maggioritaria come attività puramente gestionale.

Da questo punto di vista, la sentenza del Tar Sicilia-Catania Sezione II, 17 giugno 2005, n. 1032 non è che l’ultima e più chiara pronuncia in merito, il cui pregio consiste nell’evidenziare due elementi fondamentali per la legittimità della concessione dei contributi:
1)                           la motivazione: le amministrazioni pubbliche non possono limitarsi ad adottare i provvedimenti di concessione sulla semplice base della valutazione della sussistenza o meno di requisiti il cui possesso rende astrattamente possibile attribuire il beneficio economico al terzo. Una motivazione che si limiti a rinvenire il possesso dei requisiti soggettivi del richiedente, così come richiesti dai regolamenti, nonché la conformità dell’oggetto dell’iniziativa sulla quale si concede il contributo ai fini e criteri generali disposti negli statuti o regolamenti è monca. Infatti, tali apprezzamenti nei normali procedimenti amministrativi sono utili sono per determinare la sussistenza dei requisiti di ammissibilità al provvedimento finale. Resta, tuttavia, del tutto indeterminato un aspetto fondamentale, se la motivazione non è più approfondita: rimangono senza risposta le domande al perché il contributo è assegnato al soggetto A e non ai soggetti B e C e, ancora, perché il contributo è attribuito nella misura di 100, invece che di 1000 o di 50.
In fondo, le due domande sono espressione di un unico principio: l’imparzialità dell’azione amministrativa. Ogni terzo interessato ad un procedimento di assegnazione di contributi ha il diritto di sapere per quali ragioni concrete una certa iniziativa è stata presa in considerazione ed un’altra no, dal momento che ciascuna iniziativa ammessa tende ad “erodere” i limitati fondi pubblici che finanziano i contributi, sicchè ogni istanza concorre con tutte le altre e l’accoglimento di ciascuna di esse influisce negativamente sulle restanti.
E’, comunque, ovvio che un interesse rilevante a conoscere nel dettaglio le concrete ragioni che fondano l’assegnazione di un contributo è dell’intera comunità amministrata, posto che occorre anche verificare il perseguimento effettivo dell’interesse pubblico con l’erogazione della somma prevista;
2)                           la competenza: la concreta attribuzione del beneficio economico spetta alla competenza giuridica non dell’organo di governo, bensì della dirigenza. Infatti, l’assegnazione di benefici economici di terzi è certamente configurabile come provvedimento concessorio, che, pertanto, accresce la sfera giuridica del destinatario, il quale in assenza del provvedimento concessorio non dispone in via originaria del diritto ad ottenere il contributo. Come tale, allora, il provvedimento non può che essere il frutto di un procedimento puramente amministrativo, di riscontro della sussistenza dei requisiti di ammissibilità, della conformità dell’iniziativa ammessa a contributo con i fini perseguiti dall’ente (a garanzia del perseguimento dell’interesse pubblico), nonché di determinazione dell’importo della somma da assegnare, sulla base di una serie di parametri predeterminati, in modo che siano conoscibili a priori da qualunque terzo interessato gli elementi dell’an e del quantum.
Sia la motivazione, sia la competenza, come si nota, sono elementi fondamentali della legittimità del provvedimento amministrativo. Infatti, la carenza di motivazione è un tipico vizio di legittimità, per violazione dell’articolo 3, comma 1, della legge 241/1990, nonché del principio di buon andamento posto dall’articolo 97 della Costituzione, che impone alle amministrazioni pubbliche di rendere sempre noti ed evidenti i motivi della propria azione, che non è libera nei fini, ma assoggettata all’obbligo di cogliere i fini e gli interessi pubblici che la legge assegna alla propria cura. Il vizio di competenza è uno dei tre tipici vizi di legittimità dei provvedimenti amministrativi, che discende sempre dall’articolo 97 della Costituzione, il quale impone agli organi delle amministrazioni pubblici di agire esclusivamente all’interno degli ambiti di competenza predeterminati dalla legge o, se questa lo consente, dalle fonti secondarie, sempre allo scopo di rendere edotto il destinatario finale dell’azione amministrativa del soggetto agente, e, dunque, indirettamente, delle procedure, dei rimedi e delle modalità operative previste caso per caso.
Negare che la concessione dei contributi sia un’attività puramente amministrativa e gestionale o sostenere che essa stia in una sorta di “zona grigia” del diritto, nell’ambito della quale è difficile individuare il discrimine delle competenze, significa confondere i tratti distintivi della funzione di governo, che si limita all’indirizzo generale ed al successivo controllo, con quelli della gestione, che si limita a tradurre in atti concreti gli indirizzi generali.
Non sono, per questa ragione, condivisibili le posizioni dottrinali[1] secondo le quali le competenze della giunta possano essere oggetto di interpretazioni estensive, a parte i casi in cui disposizioni di legge, direttamente o indirettamente, attribuiscono alla giunta la competenza all’adozione di determinati atti considerati gestionali.
A ben vedere, il d.lgs 267/2000 attribuisce alla diretta competenza della giunta ben pochi atti di carattere effettivamente gestionale, come ad esempio la deliberazione propedeutica all’assegnazione dell’incarico di direttore generale e la revoca del segretario comunale.
Gli altri “atti” attribuiti alla giunta non hanno certamente le connotazioni dell’amministrazione attiva e diretta. Non è possibile considerare atti amministrativi veri e propri provvedimenti come:
a)      l’adozione del regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi;
b)      le modifiche alla dotazione organica;
c)      l’approvazione dei progetti preliminari di opere pubbliche;
d)     l’approvazione della proposta del programma triennale delle opere pubbliche;
e)      l’approvazione della proposta di bilancio e dello schema di rendiconto;
f)       l’assegnazione del p.e.g. e le relative variazioni;
g)      le variazioni di bilancio d’urgenza;
h)      Le proposte di riequilibrio di bilancio;
i)        il prelevamento dal fondo di riserva;
j)        l’utilizzo di entrate a specifica destinazione e le anticipazioni di tesoreria.
Gli atti di cui alle lettere a) e b), infatti non sono sicuramente meri provvedimenti amministrativi, ma atti normativi. Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, del quale la dotazione organica, con le relative modifiche è un allegato obbligatorio, è un vero e proprio regolamento, norma generale ed astratta, che la legge, in deroga alla generale competenza regolamentare del consiglio, assegna alla giunta. La quale, dunque, esercita una competenza normativa di carattere regolamentare e, dunque, non gestisce, ma emana indirizzi.
Gli atti di cui alle lettere c) e d), attengono con ogni evidenza alla funzione di programmazione, propria dell’organo di governo ed, in particolare, alla programmazione degli investimenti, da cui discende la determinazione di una parte importantissima del bilancio, nonché la fissazione di obiettivi gestionali, che si concretano nelle procedure di gestione delle opere pubbliche.
Le restanti lettere riguardano ancora una volta la complessiva attività di programmazione, che passa necessariamente attraverso la determinazione delle risorse da mettere a disposizione degli uffici, finalizzate al conseguimento di determinati obiettivi, sicchè anche i prelievi dal fondo di riserva non sono meri atti gestionali, ma esercizio di una funzione di indirizzo, che si abbina all’assegnazione immediata e diretta di risorse aggiuntive, da mettere nell’immediata disponibilità di chi è chiamato a conseguire quel certo obiettivo.
In effetti, per non incorrere nell’equivoco secondo il quale il confine tra funzione politica e funzione gestionale è “mobile”, ridefinibile di volta in volta in relazione a valutazioni di opportunità, basta riferirsi agli effetti propri della funzione di programmazione, da un lato, e gestionale, dall’altro.
La programmazione politica attiene alla funzione del “prevedere”: cioè fissare una disposizione generale, che stabilisca le condizioni al ricorrere delle quali sia possibile svolgere una certa attività, indicando, tra tali condizioni, una certa azione che deve essere svolta dalla p.a. Prevedere è tipico della potestà legislativa e regolamentare, in quanto è soprattutto con i provvedimenti generali ed astratti che si costruisce una regola generale, alla quale debbono assoggettarsi tanto i cittadini, quanto gli organi amministrativi stessi, quando gestiscono i procedimenti attuativi delle previsioni.
Il “prevedere”, inoltre, può esplicarsi anche mediante atti amministrativi di carattere, tuttavia, programmatorio, non aventi, ovvero, ad oggetto concrete situazioni giuridiche, ma la predeterminazione di risorse ed obiettivi, che vincolano l’attività esecutiva, come appunto i bilanci di previsione, i programmi delle opere pubbliche, i programmi di gestione del territorio.
La gestione attiene, invece, al “provvedere”: cioè adottare una misura concreta (prevista dalla legge) adeguata al caso concreto ed all’interesse pubblico. Il provvedere è tipico dell’azione amministrativa, la quale sta al di sotto della funzione di previsione e traduce in azione concreta le disposizioni generali fissate a livello normativo.
Ora, sia il legislatore, sia la giurisprudenza sono ben consapevoli della profonda distinzione tra la funzione di programmazione e controllo, propria degli organi di governo, e quella gestionale, spettante alla dirigenza, proprio nella materia dei contributi.
Il legislatore è molto chiaro quando all’articolo 4, comma 1, del d.lgs 165/2001, stabilisce:
“gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. Ad essi spettano, in particolare:
a) le decisioni in materia di atti normativi e l'adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo;
b) la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l'azione amministrativa e per la gestione;
c) la individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale;
d) la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi;
e) le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi attribuiti da specifiche disposizioni;
f) le richieste di pareri alle autorità amministrative indipendenti ed al Consiglio di Stato;
g) gli altri atti indicati dal presente decreto”.
La lettera d) della norma citata non può che essere interpretata in un solo senso: gli organi di governo intervengono nella materia degli ausili finanziari nei riguardi dei terzi (tra i quali rientrano senz’altro anche i contributi) esclusivamente definendo i criteri generali al ricorrere dei quali tali ausili possono essere concessi e le modalità per determinare in concreti la misura degli interventi.
L’articolo 4, comma 1, lettera d), del d.lgs 165/2001 altro non è, allora, che l’individuazione concreta del genere di organi competenti a fissare gli indirizzi generali in materia di contributi, in applicazione dell’articolo 12, comma 1, della legge 241/1990, a mente del quale “la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione ed alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi”.
Si nota come tale articolo 12 sia formulato in modo da suddividere la disciplina dei contributi su due piani distinti:
1)                          al primo livello sta la predeterminazione dei criteri e delle modalità alle quali le amministrazioni debbono attenersi per la concessione dei benefici finanziari;
2)                          al secondo livello, sta la materiale funzione di attribuzione dei contributi.
Ora, il primo livello corrisponde esattamente alla competenza degli organi di governo, come fissata dall’articolo 4, comma 1, lettera d), del d.lgs 165/2001, sicchè nel caso degli enti locali è attraverso il regolamento di disciplina dei contributi che si può e si deve esercitare la funzione di previsione dei criteri generali e delle modalità per assegnare i benefici finanziari a terzi.
Così stando le cose, poiché negli enti locali si applica il principio di separazione delle funzioni di governo da quelle gestionali, gli organi di governo non possono estendere la propria competenza anche al secondo livello, il quale, pertanto, è appannaggio necessariamente della dirigenza, la quale ha il dovere e la competenza di provvedere concretamente ad assegnare i contributi, nel rispetto delle previsioni e delle modalità operative fissate a livello regolamentare.
Ciò è indirettamente confermato dall’articolo 12, comma 2, della legge 241/1990 ai sensi del quale “l'effettiva osservanza dei criteri e delle modalità di cui al comma 1 deve risultare dai singoli provvvedimenti relativi agli interventi di cui al medesimo comma 1”. Tale norma si riferisce in maniera implicita ma molto evidente ad una concreta attività di assegnazione dei contributi, da esplicare mediante “provvedimenti”, i quali non possono che essere di competenza dirigenziale, proprio perché debbono essere adottati nell’osservanza di superiori criteri che ne vincolano il contenuto, esattamente come prevede il comma 2 dell’articolo 4 del d.lgs 165/2001, secondo il quale “ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno”. Il provvedimento di concessione dei contributi, dunque, in quanto provvedimento amministrativo che impegna certamente verso l’esterno l’amministrazione, non può che essere di competenza dirigenziale, senza alcuna possibilità di equivoco.
Ciò nonostante, come il Tar Sicilia-Catania non ha mancato di osservare, presso le amministrazioni pubbliche prevale una diversa tesi, secondo la quale a guidare la ripartizione delle competenze degli organi nella gestione dei contributi non è la qualità di programmazione, piuttosto che di gestione, del provvedimento, ma la sua connotazione più o meno evidentemente “politica”, con un’accezione dell’aggettivo “politica” fortemente diversa da quella che delle “funzioni di governo” dà il legislatore.
Per funzione “politica” le amministrazioni intendono attività caratterizzate:
1)                          da forti elementi di discrezionalità, tali da avvicinare la scelta dell’organo di governo a quella libertà nei fini che è propria del legislatore o, comunque, degli organi politici dotati di maggiore spazi di autonomia, quali in particolare il Parlamento ed il Governo, quest’ultimo nella sua funzione di detentore del potere di indirizzo politico;
2)                          da immediati e diretti riscontri in termini di consenso elettorale, sicchè gli organi politici hanno tutt’oggi la tendenza a considerare politico anche ciò che è, in realtà, gestionale, laddove ad un singolo provvedimento possa corrispondere una (ovviamente presumibile) maggiore possibilità di ottenere voti dal beneficiario del provvedimento.
Ragionando su questa logica, le amministrazioni hanno di fatto violato sistematicamente il sistema legislativo di disciplina dei contributi, rinunciando ad esplicare la funzione di previsione e programmazione generale, mediante l’adozione di regolamenti di disciplina dei contributi.
Occorre, a questo punto, precisare che le amministrazioni locali si sono, in effetti, tutte dotate di formali regolamenti di disciplina dei contributi. Ma, a ben guardare, quando se ne verifica il contenuto, si nota che tali regolamenti, se completi, al massimo descrivono con precisione le procedure e le condizioni di ammissibilità per accedere ai contributi. Spessissimo, anche attraverso intrecci e richiami con le norme statutarie, attribuiscono direttamente o implicitamente la competenza all’adozione del provvedimento di concessione alla giunta, insistendo in particolare sulla discrezionalità del provvedimento stesso; quasi tutti non contengono quegli indicatori di valutazioni utili a determinare in modo oggettivo l’ammontare del contributo da concedere, di modo che la motivazione sia completa e si evitino quelle crasi logiche[2] tra i presupposti per la concessione e la concreta quantificazione del beneficio che nei casi esaminati dalla giurisprudenza determinano sempre la statuizione di illegittimità del provvedimento.
Occorre sottolineare che nella grande maggioranza dei casi le amministrazioni locali hanno avuto buon gioco nell’impostare la disciplina dei contributi sia in modo da assegnare la competenza alla giunta, sia con l’obiettivo di non restringere, ma semmai, allargare i margini per scelte assolutamente non coerenti tra presupposto e quantificazione del contributo stesso, vista la poca propensione da parte degli interessati alle procedure di assegnazione dei contributi a ricorrere in giudizio.
Tuttavia, nei rari casi in cui la magistratura amministrativa è stata coinvolta in vertenze concernenti le modalità di assegnazione dei contributi, l’atteggiamento del giudice è unanime.
Il Tar Puglia-Lece, Sezione II, con sentenza 2 febbraio 2002, n. 572 ha ritenuto, ad esempio, illegittima la delibera di una giunta comunale per l’assegnazione di contributi e sovvenzioni in assenza di formulazione di alcun criterio che potesse incidere sulla discrezionalità dell'amministrazione, guidandola nell'individuazione dei soggetti destinatari delle sovvenzioni, ed in assenza di qualsiasi indicazione di come i criteri, desunti da indicazioni generiche, siano stati in concreto applicati, in violazione dell'articolo 12 della legge 241/1990.
Nel caso concretamente esaminato, il Tar Puglia ha sottolineato che il comune interessato non aveva formulato mediante il regolamento regole operative che consentissero di limitare la discrezionalità nella scelta del soggetto al quale assegnare il contributo, mediante il regolamento. In conseguenza di ciò, i singoli provvedimenti di assegnazione delle sovvenzioni sono risultati carenti nella motivazione, in quanto non hanno potuto esplicitare l’iter logico-tecnico in base al quale le eccessivamente generiche indicazioni regolamentari sono state applicate, rilevando l’illegittimità complessiva del procedimento, caratterizzato così non da discrezionalità, ma da vero e proprio arbitrio.
A ben vedere, dei due elementi critici, la motivazione e la competenza, quello che maggiormente incide in senso negativo sui principi generali dell’azione amministrativa è proprio l’assenza o l’eccessiva genericità di criteri destinati a prefissare i criteri in base ai quali quanto meno selezionare le iniziative da ammettere a contributo e a determinarne il valore.
Infatti, secondo l’Adunanza generale del Consiglio di stato 28 settembre 1995, n. 95, l'erogazione di ausili finanziari, in sede di concessione di ausili finanziari o attribuzione di vantaggi a persone od enti pubblici e privati, la predeterminazione dei criteri e delle modalità ad essi correlati (nonché il loro rispetto) da parte delle amministrazioni è rivolta alla trasparenza dell'azione amministrativa e si atteggia a principio generale in forza del quale l'attività di erogazione dell'amministrazione deve in ogni caso rispondere a referenti oggettivi, e quindi definiti precedentemente al singolo provvedimento, nonché pubblici.
Dunque, la mancanza o la genericità dei criteri di assegnazione dei contributi è un vulnus non solo ai diretti interessati a procedure di contribuzione, ma anche agli stessi principi di corretta gestione del patrimonio pubblico e, pertanto, possibile fonte di responsabilità anche erariale. Infatti, secondo il Consiglio di stato, Sezione IV, 19 luglio 1993, n. 727, anche il denaro costituisce un bene e, di conseguenza, il provvedimento di erogazione ha sicura natura di concessione, mediante il quale l'amministrazione trasferisce risorse di denaro dal proprio patrimonio a quello dei privati, sicchè occorre rispettare tutte le regole di trasparenza e rispetto del principio di buon andamento imposti dalla Costituzione, prima ancora che dalle leggi.
E’ per questa ragione che il Tar Lombardia-Brescia, con sentenza 28 dicembre 2000, n. 1077 ha ritenuto illegittima una deliberazione di giunta comunale che non ha potuto dimostrare l'effettiva osservanza dei criteri e delle modalità di erogazione dei contributi, come stabilito dall’articolo 12 della legge 241/1990, sottolineando tanto la predeterminazione dei criterii e delle modalità ad essi correlate, quanto la dimostrazione del loro rispetto da parte delle singole amministrazioni in sede di concessione dei benefici, sono rivolte ad assicurare la trasparenza dell'azione amministrativa e si atteggiano a principio generale, in forza del quale l'attività di erogazione della Pubblica Amministrazione deve in ogni caso rispondere a referenti oggettivi (e quindi definiti prima dell'adozione di ogni singolo provvedimento), nonché pubblici.
Nel caso di specie, l'attribuzione effettuata dalla giunta comunale di Curno in quanto priva di qualsiasi riferimento ai vigenti criteri regolanti l'attività di erogazione di quella amministrazione comunale e, conseguentemente, di qualsivoglia motivazione che consentisse di ricostruire le valutazioni comparative svolte tra le varie richieste appare illegittima, anche per violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità.
Dunque, al di là delle corrette indicazioni contenute nella sentenza del Tar Sicilia-Catania in merito alla competenza all’assegnazione concreta dei contributi, la predeterminazione chiara ed esaustiva dei criteri per la loro concessione appare un prius irrinunciabile.
Il legislatore, limitandosi con l’articolo 12 della legge 241/1990, ad indicare solo i profili generali della disciplina dei contributi, ha lasciato in particolare alle amministrazioni locali amplissimi spazi per interventi regolamentari che completassero il dettato normativo, nella piena esplicazione dell’autonomia normativa di ciascun ente. E’ realmente singolare che gli enti locali rivendichino, giustamente, sempre maggiori spazi d’azione per la propria autonomia normativa, ma rinuncino ad esercitarla in modo adeguato proprio in una materia come quella dei contributi, nella quale il legislatore ha proprio operato in modo da garantire un’effettiva corretta esplicazione di tale autonomia.
Una specificazione regolamentare completa, chiara delle modalità operative da utilizzare per determinare chi ammettere a benefici finanziari e, inoltre, per stabilire quanto concretamente assegnare, rende l’azione amministrativa pienamente rispondente ai principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento. E non significa rinunciare all’esercizio della discrezionalità politico-amministrativa. Esattamente al contrario, è proprio agendo mediante regolamenti che gli organi di governo esplicano la propria competenza a “prevedere”, limitando e vincolando l’azione gestionale dei dirigenti, chiamati solo a determinare in modo automatico, come avviene nelle procedure di appalto, i destinatari dei contributi ed il loro ammontare.
Per altro, come spiega il Tar Sicilia-Catania, poiché gli ampli margini di discrezionalità che stanno alla base della materia debbono appunto esplicarsi mediante i regolamenti, le amministrazioni locali sono chiamate ad un’opera di aggiornamento continuo delle regole generali a presidio della disciplina dei contributi, anche perché le modalità gestionali e le eventuali “griglie” di punteggi per valutare la rilevanza oggettiva e soggettiva del richiedente, sono talmente tali e tante e suscettibili di continui perfezionamenti, che l’operato regolamentare necessita di per sé di continui aggiustamenti. Ma è così che gli organi di governo possono concretamente esercitare il proprio potere di indirizzo. In particolare il consiglio in tal modo otterrebbe una reale forte valorizzazione del proprio ruolo, che invece, ammettendo la competenza della giunta sulla base di criteri discrezionali al limite dell’arbitrarietà, viene del tutto pretermessa.
Dunque, i margini di discrezionalità che pur esistono nell’attribuzione dei contributi, debbono essere esercitati dalle amministrazioni locali mediante il regolamento di disciplina della concessione dei contributi, mediante il quale si può e deve stabilire a monte i criteri in base ai quali non solo le domande possono essere, o meno, accolte, ma si determini anche l’importo del contributo. In mancanza, i provvedimenti possono essere considerati affetti dal vizio di eccesso di potere, per carenza di motivazione ed illogicità della scelta, come sostanzialmente deciso nel caso esaminato dai giudici.
Un sistema di assegnazione dei contributi in base alla predeterminazione di una griglia valutativa, da cui deriva l’assegnazione di un punteggio ad ogni istanza presentata, che corrisponde, poi, ad una specifica fascia dell’ammontare del contributo assegnato o ad una percentuale del fondo complessivo a disposizione, può essere un efficace sistema per gestire operativamente in modo trasparente i contributi.
Attraverso semplici fogli di calcolo, sarebbe in tal modo possibile gestire la procedura pubblica di assegnazione dei contributi rendendo evidente a tutti una “graduatoria” delle domande, basata evidentemente sulla ponderazione dei punteggi, previsti dal regolamento.
Questo sistema riconnette automaticamente le motivazioni della concessione e della determinazione dell’importo ad indicazioni discrezionali effettuate a monte, col regolamento: ciò permette di scongiurare ogni possibile vizio da eccesso di potere, a prescindere da quale sia l’organo che materialmente adotta il provvedimento di concessione, Giunta o dirigente.
Le linee generali, allora, che potrebbero essere seguite nell’ambito di un regolamento di disciplina dei contributi realmente conforme alla disciplina normativa potrebbero essere le seguenti:
a)      avviso pubblico che porta all’attenzione dei richiedenti l’apertura dei termini procedimentali per l’istruttoria relativa alle istanze di contributo; per l’erogazione dei contributi, spiega il Tar Sicilia-Catania e la dottrina, è necessario gestire una vera e propria procedura ad evidenza pubblica, con margini di discrezionalità certo più ampli di quella di un vera e propria procedura di gara, ma caratterizzata dalla preventiva conoscibilità dei criteri di ammissione, dei fini pubblici da perseguire e dei sistemi matematici di assegnazione dei punteggi, analogamente a quanto avviente nell’ambito delle procedure di gara mediante offerta economicamente più vantaggiosa;
b)      predeterminazione ed indicazione delle risorse complessivamente destinate ai contributi; poiché l’erogazione di contributi è attività che si dipana sui due piani della programmazione e della gestione e, ancora, poiché nell’ambito della programmazione è possibile per il consiglio fissare obiettivi concreti da raggiungere, anche nella gestione dei contributi appare opportuno non solo prefissare nel bilancio l’ammontare complessivo delle risorse, ovviamente ripartito per funzioni ed interventi; sembra, anche, opportuno pubblicizzare adeguatamente l’ammontare complessivo di tali risorse, anche perché una delle più frequenti cause di esclusione dall’attribuzione di un contributo può essere proprio la carenza dei fondi, una volta che si sia scorsa la graduatoria. E’ chiaro, allora, che questa deve tenere conto di punteggi “minimi”, al di sotto dei quali nessuna iniziativa, anche se “eleggibile”, cioè astrattamente accoglibile, possa essere in concreto finanziabile;
c)      predeterminazione ed indicazione delle risorse destinate a trasferimenti ad enti; sarebbe opportuno scindere le risorse in due tronconi: quelli destinati a contributi e sovvenzioni veri e propri per soggetti pubblici e privati, da risorse che si trasferiscono ad enti pubblici in base ad accordi di programmi o finanziamenti a destinazione vincolata, provenienti da Ue, Stato o regione;
d)     definizione dei contributi ordinari intesi come quelli riferiti ad una programmazione annua delle attività sulle quali i soggetti interessati richiedono il contributo; sovente, le amministrazioni differenziano i contributi “ordinari” da quelli “straordinari”. In effetti, tale distinzione cozza col principio della programmazione che qui si sostiene. In particolare, nemmeno i contributi “straordinari” possono sfuggire alla predeterminazione di criteri di valutazione chiari ed esaustivi. E’, tuttavia, possibile una differenziazione tipologica, che identifichi nei contributi ordinari quelli che le amministrazioni locali assegnano sulla base di una pianificazione annuale delle attività dei soggetti richiedenti, il che dovrebbe indirettamente indurre i possibili destinatari a migliorare a loro volta le proprie capacità di programmazione e rendicontazione;
e)      definizione dei contributi straordinari intesi come quelli riferiti ad iniziative non rientranti nei programmi annuali e/o in presenza di particolari condizioni di ammissibilità; simmetricamente, i contributi straordinari sono quelli presentati al di fuori di una programmazione annua. Di per sé, allora, i contributi straordinari si prestano ad essere inseriti nella “graduatoria” solo laddove siano ancora disponibili le risorse per i contributi ordinari, che dovrebbero avere ovviamente priorità nella concessione. A meno che non si scelga comunque di dividere i fondi in fondi per contributi “ordinari” e fondi per contributi “straordinari”, rifacendosi ai trend di spesa a tali titoli nel corso del precedente triennio;
f)       fissazione del termine per emanare il provvedimento di concessione o diniego dei contributi ordinari in un congruo lasso di tempo decorrente dalla scadenza del termine per la presentazione delle domande; ai sensi dell’articolo 2 della legge 241/1990, tutti i procedimenti amministrativi, sia ad istanza di parte, sia avviati d’ufficio, debbono essere conclusi mediante l’adozione di un provvedimento espresso. La costruzione di una griglia di valutazione e di una graduatoria, semplifica di molto anche l’adozione e motivazione dei provvedimenti di diniego, ai quali i richiedenti i contributi hanno diritto. E’, allora, necessario valutare con la dovuta accuratezza i tempi di gestione dell’istruttoria e della composizione delle graduatorie, per garantire a tutti i richiedenti il diritto ad ottenere in tempi certi un provvedimento conclusivo del procedimento;
g)      previsione che i contributi ordinari possano essere concessi anche dopo la realizzazione dell'iniziativa, fermo restando l'obbligo della presentazione della relazione sull’iniziativa e della rendicontazione; secondo le Sezioni Unite della Cassazione, sentenza 20 maggio 2003, n. 7893, rispondente ad un orientamento pacifico, in tema di obbligazioni a carico della p.a. fatte valere da soggetti privati con pretese dirette ad ottenere da essa contributi o sovvenzioni, l'amministrazione, fino a quando non emana il provvedimento che la renda debitrice, non è titolare di un debito, correlato ad un credito azionabile in sede giudiziaria, ma è titolare di un potere, in quanto tale incidente su un interesse legittimo. Pertanto, è possibile per le amministrazioni concedere il contributo anche una volta che l’iniziativa oggetto dell’istanza sia già stata assegnata. Tuttavia, dal momento che i regolamenti spesso pongono a carico del concessionario dei contributi particolari obblighi, tra i quali quello di evidenziare il sostegno economico ottenuto, è opportuno che il regolamento traduca in precetto normativo concreto la tesi espressa dalla giurisprudenza, stabilendo anche quali conseguenze sulla materiale erogazione derivino dal fatto che la richiesta sia presentata quando l’iniziativa sia già stata realizzata o, comunque, in tempi incompatibili con la preventiva conclusione del procedimento;
h)      previsione che il provvedimento di concessione di contributi straordinari sia emanato entro il termine di non oltre 90 giorni dall’acquisizione dell’istanza al protocollo generale; i contributi straordinari, in quanto tali, non possono essere oggetto di una previsione generale. Pertanto, essi debbono essere inseriti nella graduatoria dei contributi, o anche in un’apposita e diversa graduatoria dei contributi straordinari qualora si gestisca un fondo apposito, man mano che pervengono. In questo caso i tempi di gestione della pratica debbono essere più solleciti ed il termine di 90 giorni appare realmente il massimo tollerabile;
i)        specificazione nel regolamento che al procedimento per la concessione dei contributi non si applica il silenzio assenso; per quanto i contributi siano concessi su istanza di parte, a ben vedere il procedimento deve essere inquadrato più propriamente come avviato d’ufficio. Infatti, la concessione del contributo è un potere unilaterale dell’amministrazione, rispetto al quale la posizione del privato è di solo interesse legittimo (alla regolarità della procedura), finchè esso non sia concretamente erogato. Da questo punto di vista, la procedura è molto simile a quella di una gara pubblica. La differenza sostanziale, tuttavia, sta in questo: mentre la gara pubblica è propedeutica alla conclusione di un contratto, la concessione del contributo, in quanto vera e propria concessione amministrativa, è e rimane provvedimento unilaterale. Non si è in presenza, in altre parole, di un contratto di donazione. Pertanto, l’istanza di contributo, a differenza dell’offerta in sede di gara, non può essere considerata come “proposta contrattuale” e, dunque, come domanda, ma piuttosto come “candidatura” ad essere riconosciuti meritevoli di un’erogazione che d’ufficio l’amministrazione procedente intende effettuare, al ricorrere di determinati presupposti. La specifica esclusione delle procedure di contributo dalla formazione del silenzio assenso è ammissibile ai sensi dell’articolo 20, comma 4, della legge 241/1990, laddove si pone il principio generale che all’autonomia normativa degli enti è rimessa la possibilità di terminare i casi nei quali la disciplina del silenzio assenso non si applica. E’ ovviamente opportuno disporre espressamente l’inapplicabilità del silenzio assenso alla materia dei contributi, perché se così non fosse, si sovvertirebbe il principio sostenuto dalla giurisprudenza maggioritaria, secondo il quale l’obbligazione pubblicistica si forma solo una volta che il provvedimento di concessione del contributo sia stato adottato. Per quanto coloro che presentano istanza di contributo abbiano diritto ad ottenere un provvedimento espresso, non pare opportuno riconnettere all’inerzia dell’amministrazione l’effetto dell’accettazione implicita dell’istanza, mediante il silenzio assenso. Infatti, ciò risulterebbe incoerente con un sistema di predeterminazione di concreti criteri di valutazione dell’ammissibilità dell’istanza e di determinazione dell’importo del contributo, visto che il provvedimento tacito di per sé non potrebbe essere inserito all’interno di una griglia di valutazione. Inoltre, l’articolo 10-bis della legge 241/1990, che per effetto del combinato disposto degli articoli 20, comma 5, e 2, comma 4, della medesima legge, si applica alle procedure ad istanza di parte, comunque non è applicabile “alle procedure concorsuali”. Ora, come stabilisce la giurisprudenza maggioritaria, i procedimenti per l’erogazione di contributi debbono essere trattati alla stregua di vere e proprie procedure di evidenza pubblica, sicchè possono certamente rientrare nell’ambito delle “procedure concorsuali”, rispetto alle quali non opera l’obbligo del preavviso di provvedimento negativo, di cui all’articolo 10-bis della legge 241/1990: ma, l’inapplicabilità di tale articolo è forte indice anche dell’inapplicabilità del principio del silenzio assenso, di per sé incompatibile con procedimento strutturati, nell’ambito dei quali è necessaria l’adozione di un provvedimento esplicito dell’amministrazione.
j)        previsione di un termine di decadenza per la liquidazione del contributo, trascorso il termine di 2 anni, senza che l’interessato abbia presentato la documentazione completa necessaria ai fini della liquidazione; il richiedente deve essere protagonista attivo della procedura, sicchè la sua inerzia nella presentazione della documentazione a consuntivo è qualificabile come inadempimento a prescrizioni operative, dal quale può derivare la decadenza dalla concessione;
k)      determinazione analitica dei casi di esclusione delle domande di contributo a qualsiasi settore di attività esse si riferiscano, come ad esempio spese di rappresentanza (viaggi, pranzi, cene), spese connesse alla gestione ordinaria dei soggetti richiedenti; è opportuno che il regolamento stabilisca con chiarezza a monte le iniziative non corrispondenti ad un interesse pubblico di nessuna natura e, come tali, non meritevoli di sostegni finanziari;
l)        assegnazione dei contributi ordinari in base ad una graduatoria frutto di una predeterminazione di una griglia valutativa, da cui deriva l’assegnazione di un punteggio ad ogni istanza presentata, che corrisponde, poi, ad un importo, nel limite comunque di una certa percentuale dello scoperto preventivato; il contributo è un sostegno economico: come tale non può e non deve essere una voce determinante e prevalente dell’attività del richiedente, ma un sostegno che lo incentivi nella sua attività riconosciuta di interesse pubblico, non la fonte principale di entrate.

*****

Differenze tra contributi, servizi e sponsorizzazioni

Lombardia/226/2013/PAR




REPUBBLICA ITALIANA
LA
CORTE DEI CONTI
IN
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA
LOMBARDIA


composta dai magistrati:
dott. Nicola Mastropasqua                               Presidente
dott. Giuseppe Zola                                        Consigliere (relatore)
dott. Gianluca Braghò                                     Primo Referendario
dott. Alessandro Napoli                                   Referendario
dott.ssa Laura de Rentiis                                 Referendario
dott. Donato Centrone                                    Referendario
dott. Francesco Sucameli                                Referendario
dott. Cristiano Baldi                                        Referendario
dott. Andrea Luberti                                       Referendario

nell’adunanza in camera di consiglio del 21 maggio 2013

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;
Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;
Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;
Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;
Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;
Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;
Vista la nota prot. 7297 del 18/4/2013, con la quale il Sindaco del Comune di Colico (LC) ha richiesto un parere in materia di contabilità pubblica;
Vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003;
Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza odierna per deliberare sulla richiesta del Sindaco di Predore (BG);
Udito il relatore Cons. Giuseppe Zola;


FATTO


Il Comune di Colico (LC), con nota prot. 7297 del 18/4/2013 chiede quale sia l’interpretazione da attribuire all’ art. 4 comma 6 del D.L. n. 95/2012 convertito in legge n. 135/2012 in relazione all’art. 6 comma 9 del D.L. n. 7/2010 convertito in legge n. 122/2010.
In particolare il Comune chiede :
1.    cosa si debba intendere per “fine istituzionale”;
2.    quando un servizio “possa essere riferito direttamente all’utenza e quando possa essere riferito direttamente al Comune”;
3.    le conseguenze relative al regime IVA a seconda che si tratti di “contributo” o di “corrispettivo”.


AMMISSIBILITA’ SOGGETTIVA


La richiesta di parere di cui sopra è intesa ad avvalersi della facoltà prevista dalla norma contenuta nell’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, la quale dispone che le Regioni, i Comuni, le Province e le Città metropolitane possono chiedere alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti “pareri in materia di contabilità pubblica”.
La funzione consultiva delle Sezioni regionali è inserita nel quadro delle competenze che la legge 131/2003, recante adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha attribuito alla Corte dei conti.
La Sezione, preliminarmente, è chiamata a pronunciarsi sull’ammissibilità della richiesta, con riferimento ai parametri derivanti dalla natura della funzione consultiva prevista dalla normazione sopra indicata. 
Con particolare riguardo all’individuazione dell’organo legittimato a inoltrare le richieste di parere dei Comuni, si osserva che il sindaco del comune è l’organo istituzionalmente legittimato a richiedere il parere in quanto riveste il ruolo di rappresentante dell’ente ai sensi dell’art. 50 T.U.E.L.
Pertanto, la richiesta di parere è ammissibile soggettivamente poiché proviene dall’organo legittimato a proporla.


AMMISSIBILITA’ OGGETTIVA


Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo di ammissibilità del quesito, occorre rilevare che la disposizione contenuta nell’art. 7, comma 8, della legge 131/2003 deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali.
Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo.
Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il comma 8 prevede forme di collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma rese esplicite in particolare con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica.
Appare conseguentemente chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che anzi le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legislazione positiva.
Al riguardo, le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, comma 31 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno delineato una nozione unitaria di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici” da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n. 54, in data 17 novembre 2010).
Il limite della funzione consultiva come sopra delineato fa escludere qualsiasi possibilità di intervento della Corte dei conti nella concreta attività gestionale ed amministrativa che ricade nella esclusiva competenza dell’autorità che la svolge o che la funzione consultiva possa interferire in concreto con competenze di altri organi giurisdizionali.
Dalle sopraesposte considerazioni consegue che la nozione di contabilità pubblica va conformandosi all’evolversi dell’ordinamento, seguendo anche i nuovi principi di organizzazione dell’amministrazione, con effetti differenziati, per quanto riguarda le funzioni della Corte dei conti, secondo l’ambito di attività.
Con specifico riferimento alla richiesta oggetto della presente pronuncia, la Sezione osserva che la stessa risulta oggettivamente ammissibile (in relazione ai primi due quesiti), in quanto riguardante l’interpretazione di norme finanziarie in materia di pubblica amministrazione locale, mentre risulta oggettivamente inammissibile il terzo quesito stante la natura prettamente tributaria dello stesso.


MERITO


Per fare chiarezza circa il complesso quesito posto dal Comune di Colico, riportiamo, in primis, quanto prescritto dalle norme in questione.
Il comma 6 dell’art. 4 del D.L. n. 95/2012, stabilisce che:
 “A decorrere dal 1° gennaio 2013, le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 possono acquisire a titolo oneroso servizi di qualsiasi tipo, anche in base a convenzioni, da enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile esclusivamente in base a procedure previste dalla normativa nazionale in conformità con la disciplina comunitaria. Gli enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile, che forniscono servizi a favore dell'amministrazione stessa, anche a titolo gratuito, non possono ricevere contributi a carico delle finanze pubbliche. Sono escluse le fondazioni istituite con lo scopo di promuovere lo sviluppo tecnologico e l'alta formazione tecnologica e gli enti e le associazioni operanti nel campo dei servizi socio-assistenziali e dei beni ed attività culturali, dell'istruzione e della formazione, le associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, gli enti di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, le organizzazioni non governative di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, le associazioni sportive dilettantistiche di cui all'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nonché le associazioni rappresentative, di coordinamento o di supporto degli enti territoriali e locali”.
Il comma 9 dell’art. 6 della legge n. 122/2010 stabilisce che:
“A decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorita' indipendenti, non possono effettuare spese per sponsorizzazioni.”
Da una considerazione coordinata di queste due norme, si possono trarre alcune specifiche conclusioni.
  1. Vige un divieto assoluto di sponsorizzazioni da parte dei comuni, i quali “ non possono effettuare spese per sponsorizzazioni”.
Queste ultime non sono da confondere con i “contributi”. Per “sponsorizzazione” si deve intendere la spesa effettuata per “ le finalità di segnalare ai cittadini la presenza del comune, così da promuoverne l’immagine (vedasi il parere n. 89/2013 di questa Sezione).
Per “contributi” si intendono gli esborsi effettuati dai comuni a favore di enti che, sotto vari titoli, svolgono una attività ritenuta utile alla comunità dei cittadini.
  1. I Comuni possono affidare a titolo oneroso ( e sulla base del principio di sussidiarietà) ad enti di diritto privato la gestione di servizi di qualsiasi tipo.
In questi casi i Comuni dovranno sostenere una spesa che permetta l’esercizio di tali servizi, sulla base, generalmente, di una convenzione.
In tali fattispecie, è fatto divieto ai Comuni di deliberare “contributi” a favore di tali enti , in quanto, questi, evidentemente, sono già retribuiti sulla base della convenzione con essi stipulata.
Il comma 4, peraltro, prevede una serie cospicua di eccezioni a tale principio.
  1. I Comuni, sulla base della loro autonoma discrezionalità e secondo i principi della sana e corretta amministrazione, possono deliberare contributi a favore di enti che, pur non essendo affidatari di servizi, svolgono una attività che viene ritenuta utile per i propri cittadini.

Queste precisazioni rispondono, si ritiene, all’esigenza di chiarezza espressa dal Comune interpellante e permette una lettura inequivoca ed autentica del parere (già citato) n. 89/2013 di questa Sezione, che ha affrontato esaurientemente la questione relativa all’interpretazione del comma 6 dell’art. 4 della legge n. 135/2012.
In tale parere si legge che “restano, ancora, consentite le spese per iniziative organizzate dalle Amministrazioni pubbliche, sia in forma diretta che indiretta, purché per il tramite di soggetti istituzionalmente preposti allo svolgimento di attività di valorizzazione del territorio. Nelle determinazioni che in tal caso gli enti dovranno assumere dovrà, perciò, risultare, nell’impianto motivazionale, il fine pubblico perseguito e la rispondenza delle modalità in concreto adottate al raggiungimento della finalità sociale”.
Ed inoltre si legge che “In ogni caso, la sussumibilità di specifiche forme associative nell’alveo della norma (in termini di divieto o di deroga) non è possibile - nella presente sede consultiva - in termini generali: è necessaria una valutazione della singola fattispecie e dei relativi puntuali contorni (con particolare riferimento al contenuto delle convenzioni tra l’ente locale e l’associazione), al fine di vagliare l’applicabilità dell’art. 4 comma 6 del d.l. n. 95/2012”.
Nello svolgimento della propria autonoma e discrezionale attività, il Comune potrà fare riferimento all’art. 119 della Costituzione e agli articli 13 e 14 del TUEL.

P.Q.M.

nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.
                                                                                                                        Il Relatore                                             Il Presidente
   (Cons. Giuseppe Zola)                           (Dott. Nicola Mastropasqua)


Depositata in Segreteria
                                                      il 30/05/2013
Il Direttore della Segreteria


Erogazione di contributi: uno schema operativo per districarsi tra i divieti
L. Oliveri (La Gazzetta degli Enti Locali 5/5/2011)
L’articolo 6, commi 8 e 9, del d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010 non ha certo fatto un bel regalo agli enti locali. I tagli di spesa ed i divieti ivi contenuti hanno creato non poche difficoltà nella gestione dell’erogazione di contributi a sostegno delle attività che cittadini singoli o associati svolgono nel territorio, principalmente nei campi della cultura, dello spettacolo, del turismo, dei servizi sociali, dello sport, dell’istruzione e del commercio.
È noto che la Corte dei conti, con varie pronunce delle sezioni regionali di controllo, si è preoccupata di none estremizzare gli effetti della norma, individuando gli spazi per consentire ancora agli enti locali di sostenere con contributi finanziari o in natura le attività sociali.
In particolare, la sezione Lombardia, pur avendo attribuito all’istituto della sponsorizzazione una nozione ampia e lata, ha ritenuto che il divieto di spese per sponsorizzazioni presupponga un vaglio di natura finalistico. In altre parole, per qualificare una contribuzione comunale, a prescindere dalla sua forma, come spesa di sponsorizzazione vera e propria e, dunque, vietata, è la relativa funzione. La spesa di sponsorizzazione presuppone la semplice finalità, spiega la Sezione Lombardia, di segnalare ai cittadini la presenza dell’ente locale così da promuoverne l’immagine. Non si dà il caso della sponsorizzazione per il sostegno d’iniziative di un soggetto terzo, rientranti nei compiti dell’ente locale nell’interesse della collettività anche sulla scorta dei principi di sussidiarietà orizzontale ex art. 118 Cost.
La sezione Liguria è stata ancora più estensiva. Infatti, ha affermato (parere 11/2011) che “sono tutt’ora ammesse le contribuzioni a soggetti terzi per iniziative culturali, artistiche, sociali, di promozione turistica (elencazione questa non esaustiva), che mirano a realizzare gli interessi, economici e non, della collettività amministrata, ossia le finalità istituzionali dell’ente locale”.
Oggettivamente, allargare le contribuzioni alla cura degli interessi economici consente di allargare molto la possibilità di intervento degli enti locali.
Ancora maggiori tali possibilità si rivelerebbero se passasse la chiave di lettura offerta dalla sezione Marche che nega di dover attribuire alla parola “sponsorizzazioni” significato “lato” o “atecnico” e con la deliberazione 29 marzo 2011, n. 13 hanno considerato il divieto riferito esclusivamente alle sponsorizzazioni vere e proprie: cioè, forme di pubblicità indiretta. Con ciò ritenendo ancora possibile l’erogazione dei contributi, senza dover nemmeno appellarsi ai criteri finalistici ed alla sussidiarietà invocati dalla sezione Lombardia e, allo scopo, chiedendo un avviso alle sezioni riunite.
A questo punto, l’operatore si chiede cosa sia possibile fare. Le indicazioni della magistratura contabile, alla fin fine, possono riassumersi molto brevemente. La manovra economica 2010 certamente induce gli enti locali a gestire con oculatezza anche le spese per contributi, anche se occorre sottolineare che non occorreva la previsione normativa per giungere alla medesima conclusione.
E non occorreva la mano del legislatore, né risultavano indispensabili i pareri della Corte dei conti per capire che alla base dell’erogazione dei contributi debbono esservi serie motivazioni in ordine all’efficacia ed utilità per la comunità amministrata. La linea di demarcazione tra la sagra fine a se stessa e l’iniziativa di respiro culturale non sempre è chiara, ma spetta agli enti locali entrare nel merito e delinearla, proprio perché in ogni caso la contribuzione pubblica deve avere almeno la potenzialità di concorrere ad un beneficio per la comunità amministrata.
Non è da escludere che l’avviso della magistratura contabile, volto a non precludere agli enti locali l’esercizio di proprie competenze connaturate al ruolo che svolgono, possa risultare anche troppo di apertura, nei riguardi di una manovra finanziaria tendente a restringere non di poco il complesso della spesa.
In altre parole, il problema della corretta gestione delle risorse spese per contributi a terzi certamente si pone. Probabilmente, tuttavia, il sistema di divieti e tagli da un lato eccessivi, dall’altro non definiti, al di là dei problemi di costituzionalità, cozza con la buona gestione, come dimostra la quantità ormai industriale di quesiti rivolti alla magistratura contabile dagli enti locali, che non sanno bene come interpretare una norma, oggettivamente troppo poco chiara per poter davvero cogliere l’effetto di contenere le voci di spesa considerate, se davvero quello era il suo intento.
Di seguito, come strumento operativo, riportiamo uno stralcio di uno schema motivazionale ai provvedimenti di concessione dei contributi, per fornire alle amministrazioni il modo di fare tesoro delle pronunce della magistratura contabile e costruire provvedimenti approfonditi e realmente in grado di far emergere le caratteristiche dell’iniziativa di volta in volta finanziabile.
Motivazioni
Visti pareri 6, 7 e 11 2011 della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Liguria per i quali:
a) si chiarisce che la disposizione di cui all’articolo 6, comma 9, del d.l 78/2010, convertito in legge 122/2010 in tema di divieto di sponsorizzazioni non coinvolge ovviamente le sponsorizzazioni nell’ambito delle quali l’ente locale sia lo sponsee, cioè il beneficiario di un finanziamento; ad essere vietate sono le sponsorizzazioni nelle quali l’ente locale abbia il ruolo di sponsor, cioè l’erogatore del finanziamento;
b) occorre confermare un’accezione atecnica del concetto di sponsorizzazione, il quale coinvolge qualsiasi erogazione economica, il cui fine consista nel segnalare ai cittadini la presenza dell’ente locale, allo scopo di promuovere l’immagine dell’amministrazione;
c) non si ricade, invece, nella sponsorizzazione laddove l’ente locale assegni un sostegno finanziario ad iniziative poste in essere da un terzo, rientranti nei compiti istituzionali dell’ente, svolte nell’interesse della collettività e nel rispetto del principio della sussidiarietà orizzontale, enunciato dall’articolo 118, comma 4, della Costituzione;
d) (parere Sez. Liguria 11/2011) “sono tutt’ora ammesse le contribuzioni a soggetti terzi per iniziative culturali, artistiche, sociali, di promozione turistica(elencazione questa non esaustiva), che mirano a realizzare gli interessi, economici e non, della collettività amministrata, ossia le finalità istituzionali dell’ente locale”; di conseguenza, se la cura dell’interesse della collettività si allarga anche agli interessi economici, sostanzialmente ogni iniziativa culturale o turistica ha delle ricadute potenzialmente positive, sì da giustificare in re ipsa un sostegno economico non fondato su un intento promozionale;
e) (parere Sez. Liguria 7/2011): la Corte dei conti ligure, in secondo luogo, esclude che le spese per organizzare direttamente (ma, si deve ritenere anche in appalto) eventi turistici, sportivi e culturali subiscano il taglio previsto dall’articolo 6, comma 8, del d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010; infatti
  1. l’organizzazione di eventi è da ricondurre al concetto di spese per relazioni pubbliche, come disciplinate dagli articoli 1, 2, comma 1 e 9, della legge 150/2009;
  2. tuttavia, secondo la Sezione, il d.l. 78/2010 non può avere avuto l’effetto di abrogare implicitamente tale legge, che assicura l’attuazione dei principi generali di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa, rafforzando modalità e forme di comunicazione per l’accesso ai servizi pubblici;
  3. la legge 150/2009, dunque, è da considerare di natura speciale e, pertanto, non abolita tacitamente dal d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010;
  4. di conseguenza, tutti gli eventi culturali, turistici e promozionali non subiscono il taglio dell’80% rispetto al 2009, perché protetti da una disciplina legislativa speciale;
Visto, altresì, il parere della Corte dei conti, Sezione Lombardia 31.3.2011, n. 164, che specifica, espressamente per il caso di contributi destinati ad attività socio-culturali: “In via puramente esemplificativa, il divieto di spese per sponsorizzazioni non può ritenersi operante nel caso di finanziamenti ad associazioni che erogano servizi pubblici in favore di fasce deboli della popolazione (anziani, fanciulli, etc.), oppure a fronte di sovvenzioni a soggetti privati a tutela di diritti costituzionalmente riconosciuti, quali i contributi per il c.d. diritto allo studio o i contributi per manifestazioni a carattere socio-culturale (et similia)”, aggiungendo che in attuazione del principio di sussidiarietà è ammesso “lo svolgimento da parte del privato di un’attività propria del comune in forma sussidiaria, anche attraverso forme aggregative intermedie fra il cittadino e la comunità locale, quali i comitati, cui può partecipare l’amministrazione comunale in attuazione del sistema di partenariato pubblico-privato”;
Rilevato, ancora, che la Corte dei conti Sezione regionale di controllo per le Marche, col parere 29 marzo 2011, n. 13, ha assunto una posizione ancora più estensiva delle Sezioni Liguria e Lombardia, ritenendo in tutto non applicabile il divieto delle sponsorizzazioni ed i limiti alla spesa previsti dall’articolo 6, commi 8 e 9, della legge 122/2010 ai contributi locali, in quanto:
·         alla parola “sponsorizzazioni” non si può attribuire un significato “lato” o “atecnico”, ma quello proprio di pubblicità in forma indiretta;
·         la verifica della sussistenza del fine sussidiario risulta oggettivamente di difficile applicazione ed oggetto di valutazioni teleologiche estremamente discrezionali;
·         la ricerca del fine teleologico della sussidiarietà come discrimine ai fini dell’ammissibilità della spesa per contributi “rappresenta un non condivisibile quid pluris rispetto al testo normativo”;
·         le chiavi di lettura suggerite dalla maggior parte delle sezioni regionali, secondo la Sezione Marche non si pongono in linea con la competenza a gestire funzioni generali di sostegno (anche economico) al territorio, riconosciute per altro agli enti locali dalla Costituzione e dal d.lgs 267/2000;
Visto che per tali ragioni la Sezione Marche ha rimesso la questione interpretativa alle Sezioni Riunite;
Riconosciuto, comunque, un orientamento generale della magistratura contabile teso ad attenuare gli effetti dei divieti introdotti dall’articolo 6, commi 8 e 9, alla possibilità degli enti locali di intervenire finanziariamente a sostegno di attività rilevanti per il territorio, a condizione che ciò da un lato sia qualificabile come utile sulla base degli elementi di valutazione indicati di seguito e, dall’altro, che non si limiti ad una mera pubblicizzazione dell’immagine dell’ente;
Considerato che l’assegnazione del contributo in oggetto è possibile, in relazione a quanto segue:
a) presupposti di fatto: l’iniziativa del privato, oggetto dell’istanza di contributo, è riconducibile alla sussidiarietà orizzontale, trattandosi di un’attività posta in essere dal privato, per estendere i servizi e le funzione di interesse generale di competenza del comune/della provincia; infatti:
  1. l’iniziativa riguarda _________, attività che rientra nelle competenze del comune/della provincia, ai sensi ________;
  2. è di interesse generale, dal momento che l’iniziativa determina un beneficio concretamente misurabile per la comunità amministrata ed, in particolare, per una fascia specifica della popolazione, e cioè ___________, che riceve dall’iniziativa il vantaggio di _________ OPPURE mira a realizzare interessi economici e non della collettività amministrata, ossia le finalità istituzionali dell’ente locale, come disciplinate da (citare la fonte di legge e articoli dello statuto);
  3. è sussidiario alle funzioni gestite dal comune/dalla provincia, dal momento che consente di estendere quantitativamente/qualitativamente le sue attività, perché __________;
  4. il comune/la provincia non sarebbe in grado di realizzare autonomamente l’attività, perché _____;
b) la concessione del contributo, inoltre, risponde ai seguenti criteri:
  1. efficacia: in quanto ottiene il concreto risultato, come sopra descritto, di ______;
  2. efficienza: in quanto permette di _____;
  3. economicità: se l’iniziativa fosse svolta dal comune/dalla provincia, direttamente o mediante appalto/concessione, al costo di mercato per unità di prodotto di euro _____, il costo risulterebbe pari a ___; il contributo, invece, finanzia parzialmente l’attività, sicchè il costo per unità di prodotto si rivela pari a _____, inferiore a quello che sosterrebbe il comune/la provincia;
  4. l’attività risponde ai requisiti di qualità, quali, in particolare, il libero accesso di tutti i cittadini rientranti nei requisiti previsti in condizioni di parità, il buon andamento, la concorrenzialità, poichè ______

Esempio di gestione del rischio di corruzione legato al procedimento di erogazione di contributi


E) area dei provvedimenti di concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonchè attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati

Rischi specifici

  1. assegnazione a soggetti che nascondono, dietro, l’organizzazione di un partito;
  2. discrezionalità assoluta nel rilascio dei provvedimenti e assenza di criteri di attribuzione e quantificazione
  3. sussistenza di eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell'amministrazione

Obiettivi
responsabili
tempistica
indicatori
modalità di verifica dell’attuazione
Rischio 1) assegnazione a soggetti che nascondono, dietro, l’organizzazione di un partito
Verifiche a campione su rappresentanti legali, amministratori e consiglieri

Responsabile anticorruzione

Dirigenti

Responsabili del procedimento
2 mesi
Rispetto della percentuale dei controlli


Controlli a campione (10%)


Rischio 2) discrezionalità assoluta nel rilascio dei provvedimenti e assenza di criteri di attribuzione e quantificazione

Responsabile anticorruzione

Dirigenti

Responsabili del procedimento

Consiglio comunale/provinciale
2 mesi
Regolamento sull’assegnazione di benefici economici, che fissa i criteri di attribuzione e quantificazione
Controlli a campione (10%)


Rischio 3) Sussistenza di eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell'amministrazione

Inserire nella modulistica per le istanze di contributi o sussidi, la dichiarazione obbligatoria da parte dei soggetti indicati sopra, di non avere rapporti di parentela o affinità

Prevedere, nella relazione o scheda istruttoria, a carico del dirigente e del responsabile del procedimento analoga simmetrica dichiarazione
Responsabile della prevenzione della corruzione

Dirigenti

Responsabili del procedimento
Immediato
Esiti dei controlli
Attivazione di controlli preventivi sulla modulistica
















Normativa, Faq Anac e giurisprudenza rilevanti

L. 241/1990

Art. 12 (Provvedimenti attributivi di vantaggi economici)

1. La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi.


Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento per
la  disciplina  degli  albi  dei beneficiari di provvidenze di natura
economica,  a  norma  dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo
1997, n. 59. 118/2000
  Vigente al: 11-10-2015  
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

  Visto l'articolo 87, comma quinto, della Costituzione;
  Visto  l'articolo  20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, allegato 1,
n. 16, e successive modificazioni;
  Vista la legge 30 dicembre 1991, n. 412;
  Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 675;
  Vista la legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni;
  Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
  Vista  la  preliminare  deliberazione  del  Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 16 luglio 1999;
  Sentita  la conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9, comma 3,
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
  Udito  il  parere  del  Consiglio  di Stato, espresso dalla sezione
consultiva  per  gli  atti  normativi  nell'adunanza del 20 settembre
1999;
  Aquisito  il  parere  delle competenti Commissioni della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica;
  Vista  la  deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 25 febbraio 2000;
  Sulla  proposta  del  Presidente  del  Consiglio dei Ministri e del
Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri per gli
affari  regionali  e  del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica;
                              E m a n a
                      il seguente regolamento:

                               Art. 1
       Albi dei beneficiari di provvidenze di natura economica

  1.  Oltre  a  quanto stabilito dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e
successive modificazioni, le amministrazioni dello Stato, le regioni,
comprese  le  regioni  a  statuto speciale, e le province autonome di
Trento  e  Bolzano,  gli  enti locali e gli altri enti pubblici, sono
tenuti  ad  istituire  l'albo  dei  soggetti, ivi comprese le persone
fisiche,  cui  sono  stati  erogati  in  ogni  esercizio  finanziario
contributi,  sovvenzioni,  crediti,  sussidi  e  benefici  di  natura
economica  a  carico  dei  rispettivi  bilanci e devono provvedere ad
aggiornarlo annualmente.
  2.  Per  ciascun soggetto che figura nell'albo viene indicata anche
la  disposizione  di  legge  sulla  base  della  quale hanno luogo le
erogazioni di cui al comma 1.
  3.  Gli  albi  istituiti  ai  sensi  del  comma  1  possono  essere
consultati  da  ogni cittadino. Le amministrazioni pubbliche preposte
alla  tenuta degli albi ne assicurano la massima facilita' di accesso
e pubblicita'.
                               Art. 2
               Informatizzazione ed accesso agli albi

  1.   I   soggetti   preposti   alla   tenuta  dell'albo  provvedono
all'informatizzazione dello stesso, consentendone l'accesso gratuito,
anche per via telematica.
                               Art. 3
                             Abrogazioni

  1.  Ai  sensi dell'articolo 20, comma 4, della legge 15 marzo 1997,
n.  59,  dalla  data di entrata in vigore del presente regolamento e'
abrogato l'articolo 22 della legge 30 dicembre 1991, n. 412.
  Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
   Dato a Roma, addi' 7 aprile 2000

d.l    95/2012, convertito in legge 135/2012, art. 4, c. 6.
A decorrere dal 1° gennaio 2013 le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 possono acquisire a titolo oneroso servizi di qualsiasi tipo, anche in base a convenzioni, da enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile esclusivamente in base a procedure previste dalla normativa nazionale in conformità con la disciplina comunitaria. Gli enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile, che forniscono servizi a favore dell'amministrazione stessa, anche a titolo gratuito, non possono ricevere contributi a carico delle finanze pubbliche. Sono escluse le fondazioni istituite con lo scopo di promuovere lo sviluppo tecnologico e l'alta formazione tecnologica e gli enti e le associazioni operanti nel campo dei servizi socio-assistenziali e dei beni ed attività culturali, dell'istruzione e della formazione, le associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, gli enti di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, le organizzazioni non governative di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, le associazioni sportive dilettantistiche di cui all'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nonché le associazioni rappresentative, di coordinamento o di supporto degli enti territoriali e locali.

13. Pubblicazione dei dati relativi agli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e di attribuzione di vantaggi economici (artt. 26-27)
13.1Quali sono gli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici erogati in favore di soggetti pubblici o privati, per i quali vigono gli obblighi di pubblicazione di cui agli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013?
Si tratta di tutti quei provvedimenti che, sulla base della normativa vigente, sono volti a sostenere un soggetto sia pubblico che privato, accordandogli un vantaggio economico diretto o indiretto superiore a 1.000 euro mediante l’erogazione di incentivi o agevolazioni che hanno l’effetto di comportare sgravi, risparmi o acquisizione di risorse.
13.2Come si calcola la soglia di 1.000 euro ai fini della pubblicazione dei dati relativi agli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ausili finanziari e vantaggi economici di cui agli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013?
L’art. 26, c. 2, del d.lgs. n. 33/20013, stabilisce che la pubblicazione è obbligatoria e condizione di efficacia solo per importi superiori a 1.000 euro.
Questi sono da intendersi sia se l’importo è erogato con un unico atto, sia se è erogato con atti diversi che, nel corso dell’anno solare, comportano il superamento del tetto di 1.000 euro nei confronti di un unico beneficiario.
Laddove, quindi, l’amministrazione abbia emanato più provvedimenti i quali, nell’arco dell’anno solare, hanno disposto la concessione di vantaggi economici a un medesimo soggetto, superando il tetto dei 1.000 euro, l’importo del vantaggio economico corrisposto è da intendersi come la somma di tutte le erogazioni effettuate nel periodo di riferimento. In tali casi, l’amministrazione deve necessariamente pubblicare, come condizione legale di efficacia, l’atto che comporta il superamento della soglia dei 1.000 euro, facendo peraltro riferimento anche alle pregresse attribuzioni che complessivamente hanno concorso al suddetto superamento della soglia.
Nel caso di attribuzioni di vantaggi economici effettuate su base pluriennale, l’amministrazione è comunque tenuta a pubblicare l’atto di concessione, ancorché emesso in epoca precedente alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 33/2013, ove le somme erogate siano di pertinenza del bilancio di previsione degli anni successivi al suddetto decreto.
13.3Come si individuano gli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici per i quali vigono gli obblighi di pubblicazione di cui agli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013?
Gli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013 prevedono che le amministrazioni pubblichino i dati relativi a tutti gli atti concessori che dispongono vantaggi economici superiori a 1.000 euro.
Tenuto conto della eterogeneità di detti atti, è rimessa a ciascuna amministrazione l’individuazione delle fattispecie non riconducibili alla categoria degli “atti di concessione di sovvenzioni, contributi e vantaggi economici”, dandone adeguata motivazione.
13.4Quali atti di erogazione di risorse, tra gli altri, non rientrano sicuramente nella categoria degli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici per i quali vigono gli obblighi di pubblicazione di cui agli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013?
Non sono ricompresi nella categoria degli atti di concessione di vantaggi economici di cui agli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013:

  • i compensi dovuti dalle amministrazioni, dagli enti e dalle società alle imprese e ai professionisti privati come corrispettivo per lo svolgimento di prestazioni professionali e per l’esecuzione di opere, lavori pubblici, servizi e forniture;
  • i rimborsi e le indennità corrisposti ai soggetti impegnati in tirocini formativi e di orientamento;
  • il trattamento economico annuo corrisposto ai medici iscritti a scuole di specializzazione medica;
  • l’attribuzione da parte di un’amministrazione ad altra amministrazione di quote di tributi;
  • il trasferimento di risorse da un’amministrazione ad un’altra, anche in seguito alla devoluzione di funzioni e competenze;
  • i rimborsi a favore di soggetti pubblici e privati di somme erroneamente o indebitamente versate al bilancio dell’amministrazione;
  • gli indennizzi corrisposti dall’amministrazione a privati a titolo di risarcimento per pregiudizi subiti;
  • gli atti di ammissione al godimento di un servizio a domanda individuale a tariffe ridotte o agevolate;
  • le prestazioni sanitarie erogate dal servizio sanitario nazionale.
13.5Quali sono le modalità di pubblicazione dei dati relativi agli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ausili finanziari e vantaggi economici di cui agli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013?
Le informazioni relative agli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ausili finanziari e vantaggi economici di cui agli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013 devono essere organizzate su base annuale in unico elenco per singola amministrazione.
Suddivise per anno, esse devono essere pubblicate in elenchi, consultabili sulla base di criteri funzionali, quali, tra gli altri, il titolo giuridico di attribuzione, l’ammontare dell’importo, l’ordine alfabetico dei beneficiari.
13.6Quali accorgimenti le amministrazioni devono adottare per la pubblicazione dei dati relativi ai beneficiari di vantaggi economici?
La pubblicazione dei dati relativi agli atti di concessione di vantaggi economici deve avvenire nel rispetto dei limiti alla trasparenza posti dalle norme sul trattamento e sulla protezione dei dati personali, come richiamate dall’art. 4 del d.lgs. n. 33/2013.
Non sono ostensibili, quindi, i dati identificativi delle persone fisiche destinatarie dei provvedimenti in questione qualora da tali dati sia possibile ricavare informazioni circa lo stato di salute o la situazione di disagio economico-sociale degli interessati e comunque le amministrazioni devono adottare tutti gli accorgimenti a ciò necessari.
13.7Quando devono essere pubblicati gli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ausili finanziari e vantaggi economici di cui agli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013?
Considerato che la pubblicazione è condizione di efficacia dei provvedimenti che dispongano concessioni ed attribuzioni di importo complessivo superiore a 1.000 euro, essa deve avvenire tempestivamente e, comunque, prima della liquidazione delle somme oggetto del beneficio.
13.8Ai fini dell’assolvimento degli obblighi di pubblicazione di cui agli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013 è corretto pubblicare i provvedimenti di impegno e liquidazione degli importi relativi a benefici concessi?
No, in quanto l’obbligo di pubblicazione di cui agli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013 si riferisce ai provvedimenti e agli atti con cui vengono concessi sovvenzioni, contributi, sussidi e vantaggi economici e non agli atti contabili di impegno e di liquidazione.
13.9Qualora il procedimento di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ausili finanziari e vantaggi economici coinvolga più amministrazioni, quale amministrazione è competente alla pubblicazione?
Considerato che, ai sensi dell’art. 26, c. 3, del d.lgs. n. 33/2013, la pubblicazione sul sito istituzionale è condizione legale per l’efficacia dei provvedimenti che dispongano concessioni ed attribuzioni di importo complessivo superiore a 1.000 euro, la pubblicazione deve avvenire a cura dell’ente effettivamente competente ad adottare il provvedimento concessorio finale, anche laddove altre amministrazioni abbiano concorso alle attività procedimentali.
13.10Nel caso in cui l’amministrazione modifichi o revochi un atto di concessione di vantaggi economici, cosa occorre fare ai fini della pubblicazione?
Qualora l’amministrazione provveda a modificare o revocare un atto di concessione di vantaggi economici, le informazioni già pubblicate sul sito istituzionale non devono essere sostituite ma soltanto integrate da apposita comunicazione in cui si dia atto delle avvenute modificazioni.

T.A.R. Sicilia Catania Sez. II, 17-06-2005, n. 1032
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia
-Sezione staccata di Catania SECONDA SEZIONE adunato
in Camera di Consiglio con l'intervento dei Signori
Magistrati:
Dr.GABRIELLA GUZZARDI Presidente
Dr.ROSALIA MESSINA giudice.
Dr.SALVATORE GATTO COSTANTINO giudice, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 5115/00 proposto da: "Associazione Culturale Unione Siciliana" in persona del rappresentante legale pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Giampiero Garofalo, con domicilio eletto in CATANIA presso lo studio di quest'ultimo via XX settembre n. 47/E;
contro
il Comune di Catania, in persona del Sindaco p.t. non costituito;
e nei confronti
dell'Associazione Club "Amatori Sport", in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;
dell'Associazione S.C. "Zagara 1" , in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;
per l'annullamento
della deliberazione GM di Catania n. 122 del 31.05.2000, avente ad oggetto "Rideterminazione delibera n. 2628 del 16.09.1997, esecutiva, annullata dal TAR di Catania Sez. 3° con sentenza n. 263/2000 del 3 marzo 2000 (notificata il 4 marzo 2000)";
Visto il ricorso ed i relativi allegati;
Viste le memorie prodotte dalla ricorrente a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore nella pubblica udienza del 06.04.2005 il Ref. SALVATORE GATTO COSTANTINO;
Uditi gli avvocati come da verbale;
Ritenuto in fatto e diritto quanto segue:

Svolgimento del processo

La ricorrente, associazione sportiva che opera nella disciplina del canottaggio a favore dei giovani, specialmente appartenenti a fasce disagiate, chiedeva un contributo finanziario al Comune di Catania, per l'anno 1997, rispetto al quale l'Amministrazione concedeva un finanziamento di lire 10.000.000 con deliberazione GM n. 2628 del 16.09.1997.
Impugnata giudizialmente tale deliberazione, con sentenza n. 263/00 il TAR ne disponeva l'annullamento, in accoglimento del terzo motivo di gravame dedotto, secondo il quale detto provvedimento è risultato viziato per difetto di motivazione.
La sentenza è passata in giudicato, non essendo stata appellata nei termini.
L'atto oggi impugnato è stato quindi adottato dal Comune di Catania al fine di uniformarsi al giudicato amministrativo. Con tale deliberazione è stata riconfermata la somma a suo tempo disposta.
Avverso tale deliberazione la ricorrente ha proposto l'odierno ricorso giurisdizionale, notificato il 25 e 26.09.2000 e depositato il 24.10.2000.
Con esso ha dedotto i seguenti motivi di doglianza:
I) Elusione del giudicato nascente dalla sentenza del TAR Catania sez. III n. 263/00 - vizio del procedimento.
II) Violazione e mancata applicazione dell'art. 13 L.R. n. 10 del 1991. Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e di diritto e travisamento della realtà.
III) Violazione e mancata applicazione dell'art. 13 L.R. n. 10 del 1991 Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e di diritto, irragionevolezza manifesta e sviamento.
IV) Violazione e mancata applicazione dell'art. 13 L.R. n. 10 del 1991 Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e di diritto, sviamento ed irragionevolezza manifesta;
V) Violazione dell'art. 11 L.R. n. 8 del 1978 Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti di fatto e di diritto;
Alla pubblica udienza del 06.04.2005, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

La ricorrente ha impugnato la deliberazione in oggetto in quanto con essa è stata sostanzialmente confermata la già precedentemente annullata deliberazione GM n. 2628/97.
La ricorrente lamenta che le è stato concesso un contributo finanziario a sostegno delle proprie attività sportive inferiore a quanto effettivamente dovuto, in relazione ai criteri ed alle previsioni del regolamento comunale approvato con deliberazione n. 971/88.
Con i motivi di ricorso proposti, le censure dell'atto sono individuate, in primo luogo, nella sostanziale elusione del giudicato formatosi sulla sentenza di questo TAR n. 263/00: con quest'ultima l'atto impugnato era stato annullato in accoglimento di uno solo dei motivi di ricorso a suo tempo spiegati, costituito dal difetto di motivazione, considerando quindi assorbiti gli ulteriori profili di doglianza. Oltre che la violazione del giudicato la ricorrente lamenta quindi gli stessi vizi a suo tempo fatti valere contro la delibera originaria, riproponendoli avverso la delibera confermativa n. 122/2000.
In tal senso si denuncia quindi la violazione dell'art. 13 della L.R. n. 10 del 1991 sotto più profili.
Con il motivo sub II) si deduce l'inesistenza dei criteri generali predeterminati che avrebbero dovuto assistere l'erogazione dei contributi, alla cui percezione, secondo la ricorrente, gli interessati aspirano in concorso tra loro secondo una vera e propria procedura comparativa. Secondo il comune, la delibera di concessione si ispirerebbe applicandoli ai criteri di cui al regolamento comunale approvato con deliberazione n. 978/88, ma ciò viene contestato in atti sulla base della motivazione che in detto atto regolamentare sarebbero fissate solo norme procedurali difettando invece i criteri di calcolo.
Con il motivo sub III, la violazione dell'art. 13 L.R. n. 10 del 1991 cit. discenderebbe anche dalla irragionevolezza dei criteri concretamente seguiti che si discosterebbero dai criteri adottati in analoga materia dal CONI, che viene posto ad esempio di ragionevolezza "tipica" nel settore dei contributi alle associazioni sportive e cui il Comune avrebbe dovuto quindi uniformarsi.
Con il motivo sub IV, poi, la motivazione dell'atto, che fa riferimento ad elementi come situazione finanziaria, livello dei campionati e simili, si rivelerebbe un omaggio meramente formale a detti criteri, mancando del tutto una spiegazione dell'incidenza che i pure richiamati standards eserciterebbero sulla determinazione dell'importo assentito: in ogni deliberazione di concessione dei contributi a diverse associazioni sportive, i diversi contributi appaiono dunque giustificati da medesime ed identiche considerazioni motivazionali.
Infine, con il motivo sub V) la ricorrente denuncia l'illegittimità della delibera impugnata, in quanto in essa è richiamato quale elemento istruttorio il parere della Consulta dello sport, costituita dal Comune ai sensi della L.R. n. 8 del 1978 e nella quale siedono associazioni sportive in difformità dalla composizione sempre per Legge stabilita. Tali associazioni sarebbero anche interessate alla ripartizione dei contributi ed avrebbero percepito rilevanti finanziamenti.
Il Collegio, ritenuta la propria giurisdizione, rileva che il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Sul punto della giurisdizione, si deve richiamare la propria giurisprudenza secondo la quale la concessione dei contributi finanziari si inquadra nel più ampio genus dei provvedimenti concessori, le cui controversie sono oggetto delle disposizioni di cui all'art. 5, I°, della Legge n. 1034 del 1971 che le affida alla cognizione esclusiva del giudice ordinario, con i limiti ivi previsti (cfr. TAR Catania, III, 29.05.1998, n. 265 e Cons. di Stato, IV, 19.07.1993, n. 727).
I) Quanto alle doglianze di merito, il ricorso è fondato e come tale va accolto, sia pure nei limiti ed alle condizioni espresse a seguire.
All'analisi delle questioni sollevate, si deve premettere un adeguato inquadramento giuridico, relativo alla natura dei provvedimenti di contribuzione che l'Amministrazione locale pone in essere.
Come accennato in apertura, già in precedenza questo Tribunale ha ricondotto la materia dell'erogazione di benefici economici alle previsioni di cui all'art. 5 comma I° della Legge n. 1034 del 1971, trattandosi di provvedimenti lato sensu concessori.
A tale giurisprudenza, che fonda la giurisdizione esclusiva del TAR adito sulla lite oggetto del presente ricorso, il Collegio ha già dichiarato di dover aderire, richiamandola sul punto.
Da essa derivano però altre conseguenze in punto di ricostruzione della disciplina dell'istituto in termini più generali.
Trattandosi di provvedimenti a natura concessoria, quindi di provvedimenti ampliativi, i benefici in esame soggiacciono alle previsioni di cui all'art. 12 della Legge n. 241 del 1990, disposizione che non ha risentito di alcuna modifica a seguito della recente Legge di modifica Legge n. 15 del 2005.
Secondo la giurisprudenza pacifica, L'art. 12 Legge n. 241 del 1990, rivolto ad assicurare la trasparenza dell'azione amministrativa, si pone come precetto che si atteggia a principio generale dell'ordinamento ed impone che l'attività dell'Amministrazione debba non solo essere preceduta da una adeguata pubblicizzazione dell'avvio del procedimento, ma debba rispondere a referenti di carattere assolutamente oggettivo, precedenti al singolo provvedimento (T.A.R. Lazio, sez. III, 8 marzo 2004, n. 2154; ex plurimis cfr.: T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 2 febbraio 2004, n. 1232; T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 2 febbraio 2002, n. 572; Consiglio Stato art. gen., 28 settembre 1995, n. 95)
Dalle superiori considerazioni discende che l'attività concessoria è procedimentalizzata, soggetta a precise regole di evidenza pubblica, disposta con atto finale che è un provvedimento autoritativo tipico (ossia assunto in esito all'esercizio di un potere previsto dall'ordinamento) e come tale non possiede alcun margine di discrezionalità, se non nei limiti tecnici imposti dalla necessità di apprezzare adeguatamente elementi di fatto presupposti ed esposti alla fede pubblica nella relativa procedura di evidenza.
Questo Tribunale aveva già annullato la delibera concessoria con la sentenza n. 263/00 che il ricorrente assume elusa, motivando la sentenza proprio con riferimento alla mancanza di motivazione nella decisione amministrativa.
Appare evidente che l'Amministrazione ha di fatto adottato una delibera "a difesa" della propria precedente deliberazione, ampliando gli spunti motivazionali, con riferimento alle attività preparative del provvedimento, ma senza rinnovare alcun processo motivazionale e senza dare conto, sostanzialmente del perché poste quelle premesse, discenda quello specifico importo e non altro maggiore o minore.
Bisogna rilevare che nei provvedimenti concessori di benefici economici del genere di quelli in esame, finalizzati a sostenere determinate attività (sportive, sociali, culturali e simili) in ambito locale, manca del tutto ogni aspetto discrezionale (ed invece la delibera impugnata continua ad annoverare tra le sue premesse l'affermazione che la scelta sul quantum del contributo è discrezionale: verifica ultimo capoverso della premessa "..che il contributo di che trattasi è da considerare solo un incentivo dell'A.C. a carattere discrezionale e provvisorio....").
La norma di cui all'art. 12 della Legge n. 241 del 1990 postula infatti che siano interamente predeterminate le ragioni ed i criteri che assisteranno l'Amministraizone procedente nell'emanazione di provvedimenti concessori di benefici e quest'aspetto, nel caso del Comune di Catania appare semplicemente ed essenzialmente disatteso del tutto, a nulla valendo le reiterazioni della motivazione di rito contenuta nel provvedimento impugnato che conferma in tutto e per tutto il provvedimento a suo tempo annullato.
Dall'esame della fattispecie dedotta si deve rilevare, più in generale, che il Comune di Catania ha seguito con il provvedimento a suo tempo oggetto dell'annullamento da parte di questo Tribunale e continuato a seguire con il provvedimento impugnato oggi una prassi diffusa negli Enti locali, secondo la quale la concessione di un contributo sta a metà tra il provvedimento gestionale - di competenza dei dirigenti - e l'atto politico o assolutamente discrezionale - considerazione questa che fonderebbe la competenza della Giunta nel sistema dell'Ordinamento degli enti locali emergente dal T.U. di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000.
In quest'ottica, poste le condizioni di ammissibilità e le procedure istruttorie a queste connesse, la decisione sulla commisurazione dei contributi, sulla validità dei progetti o sulla riconducibilità di questi ultimi alle esigenze pubbliche rappresentate dall'Amministrazione si risolverebbe in atti "politici", mentre le prime solamente sarebbero ascritte al novero della sfera gestionale e quindi provvedimentale del dirigente.
In realtà tale ottica è palesemente infondata e distorsiva.
La concessione di un contributo, come tutti i provvedimenti ampliativi in genere, specialmente trovanti copertura finanziaria in un assegnazione di somme nel piano esecutivo di gestione, ma anche solo previsti in bilancio negli appositi capitoli destinati alla contribuzione, sono provvedimenti amministrativi a tutti gli effetti, rientranti come tali nella competenza esclusiva del dirigente, devono essere preceduti da idonea pubblicizzazione, dalla indicazione dei criteri di concessione che devono essere esaustivi e completi; devono essere sorretti da idonea motivazione che dia conto esaustivamente del perché della specifica somma assegnata. Il che val quanto dire che alla erogazione dei contributi deve presiedere una vera e propria procedura di evidenza pubblica, dotata dello stesso rigore di una procedura concorsuale o di appalto, quanto alla coerenza tra presupposti, criteri di valutazione e provvedimento finale. Non devono cioè sussistere crasi logiche o motivazionali tra i presupposti ed il provvedimento (che vengano assorbite e/o giustificate nell'area grigia della discrezionalità) per cui quest'ultimo deve essere il prodotto dell'applicazione matematica dei punteggi o dei presupposti desumibili dalla premessa ed esposti all'evidenza pubblica precedentemente i termini per le istanze.
I margini "politici" o discrezionali che L. 'Amministrazione pure possiede - e possiede in maniera particolarmente estesa - devono essere tutti assolti a livello di regolamentazione della procedura, ossia al momento in cui vengono fissati (e resi noti) i criteri generali che, ex art. 12 Legge n. 241 del 1990, disciplineranno il procedimento.
Tale regolamentazione può essere anche periodicamente aggiornata o adeguata alle mutevoli esigenze dello sviluppo locale: ma essa è comunque finalizzata ad una regolamentazione generale ed astratta, ossia non può spingersi fino ad una eccessiva restrizione della platea dei possibili beneficiari e si deve connettere ad un regime di pubblicità adeguato, ossia protratto per un significativo periodo di tempo e diffuso per il tramite di fonti di informazione sostanziali e non meramente formali.
Ne consegue che la discrezionalità del provvedimento che viene ad essere collegata alla competenza della Giunta come responsabile dell'atto finale, cade insieme a quest'ultima: il fatto che la concessione del contributo sia stata deliberata dalla Giunta, nonché confermata dal medesimo organo, rappresenta una ulteriore conferma del fatto che l'atto è carente di adeguata motivazione, stante il fatto che l'adozione dell'atto da parte di organo incompetente risponde alla cennata prassi di considerare la determinazione del quantum come frutto di una scelta naturaliter priva di riscontri strutturali nel procedimento e quindi la si ascrive alla potestà politica, svincolata da criteri e postulati procedimentali.
Di tale intendimento si ravvisano palesi tracce formali nel testo dell'atto.
Invece, il provvedimento di concessione del contributo è essenzialmente ed ineliminabilmente un provvedimento del dirigente o del responsabile apicale della struttura e non può formare oggetto di deliberazione della Giunta a pena di nullità stante la violazione dell'art. 107 del D.Lgs. n. 267 del 2000 che fonda la c.d. "riserva di gestione" in favore dei dirigenti rispetto agli organi politici (sono provvedimenti rientranti nella disposizione di cui all'art. 107 comma III° lett. "f", D.Lgs. n. 267 del 2000).
III) Infondata appare la doglianza relativa alla asserita illegittimità derivante da irregolare composizione della Consulta dello Sport.
In realtà dalla motivazione dell'atto solo formale ed insufficiente in sé a fondare la decisione del provvedimento non si può evincere alcuna defluenza del parere della Consulta, né in positivo e né in negativo. La doglianza sollevata finisce con l'equiparare un possibile vizio di composizione ad una effettiva ingerenza delle società sportive concorrenti nella decisione amministrativa. Posto che tale ultima decisione è frutto della sola volontà amministrativa priva di qualsiasi dimostrazione di connessione con le risultanze della istruttoria, deriva che manca ogni prova della effettiva incidenza del parere nella delibera e dell'apporto che al parere hanno reso le associazioni od organismi asseritamene "interessati".
Più in generale, atteso che il provvedimento di concessione deve avere carattere "automatico" rispetto alle premesse di evidenza pubblica che ex art. 12 Legge n. 241 del 1990 dovrebbero preesistergli, non appare condivisibile l'assunto del ricorrente neppure sotto il profilo dell'astratta incidenza che l'irregolare composizione della Consulta potrebbe esplicare in ordine al dimensionamento del quantum del contributo. Se tale evenienza si verifica il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione della lex specialis ossia per violazione dei criteri posti a monte dall'Ente.
In definitiva, trattandosi di un parere e quindi di un atto istruttorio, la sua invalidità potrebbe condizionare la legittimità dell'atto di concessione solo se ne rappresentasse l'unico antecedente logico e causale o, quantomeno, quello determinante.
Nel caso di specie, da quanto esposto consegue che all'annullamento degli atti impugnati, la riedizione che necessariamente seguirà l'annullamento dovrà non solo formalmente rinnovare il processo motivazionale rendendolo ostensibile quindi trasparente, ma anche riesaminare l'entità del contributo concesso alla luce delle motivazioni di fatto che il ricorrente ha addotto: il Comune di Catania dovrà quindi esaurientemente dare contezza del quantum in relazione agli atti istruttori, previamente verificando la esatta cifra spettante al ricorrente ed in caso, ricorrendo ad integrare con le opportune procedure le previsioni di spesa a suo tempo stanziate in bilancio.
Possono considerarsi assorbiti gli ulteriori motivi o profili di diritto ad essi collegati e non espressamente compresi.
Da tutto ciò consegue che il ricorso è fondato e come tale da accogliersi, facendo seguire l'annullamento degli atti impugnati, la necessaria riedizione del potere in senso conforme a quanto sopra indicato.
Si ritiene comunque equo compensare integralmente le spese tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia -Sezione staccata di Catania (Sez.2°) accoglie il ricorso e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati descritti in epigrafe.
Spese compensate.
La presente Sentenza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria che provvederà a darne comunicazione alle parti.
CATANIA , li 06.04.2005


Scheda istruttoria contributi

Anno:

Numero Pratica:

OGGETTO pratica

Richiedente

U. O. responsabile


iscrizione registro enti di interesse provinciale

Responsabile procedimento

Sostituto del responsabile

Data avvio procedimento (coincide con l’apertura della pratica)

Apertura pratica
o d’ufficio,
o su istanza, acquisita al protocollo al n.  , in data
Comunicazione avvio del procedimento
o non effettuata in quanto avviene tramite bando “Pubblicità risorse finanziarie da destinare a contributi” anno ;
o effettuata con nota n. _____, in data _____, trasmessa mediante ___________
Stato della documentazione presentata
o regolare e rispondente alle indicazioni normative;
o irregolare per le seguenti ragioni: ____________________________________
____________________________________________________________________________________________________________________________________
o completa;
o incompleta;
o inizialmente irregolare, ma regolarizzata entro i termini
Normativa che disciplina la materia (elencare n. e anno dei provvedimenti di legge, regolamento, ed atti amministrativi necessari)
                                                                                                           

dichiarazione ai sensi dell'articolo 4, comma 6, del d.l. 95/2012, convertito dalla legge 135/2012














dichiarazione rilasciata ai sensi della legge n. 190/2012.


Il dichiarante ha indicato con nota acquisita in data ______________di:

1- rientrare in una delle seguenti categorie:

o   fondazioni istituite con lo scopo di promuovere lo sviluppo tecnologico e l'alta formazione tecnologica;
o   enti e associazioni operanti nel campo dei servizi socio   assistenziali;
o   enti e associazioni operanti nel campo dei beni ed attività culturali;
o   associazioni di promozione sociale ai sensi della legge 383/2000;
o   enti di volontariato, ai sensi della legge 266/1991;
o   associazioni non governative, ai sensi della legge 49/1987;
o  cooperative sociali ai sensi della legge 381/1991;
o  associazioni sportive dilettantistiche ai sensi dell’articolo 90 della legge 289/2002;
o  associazioni rappresentative, di coordinamento e supporto degli enti territoriali e locali
o      ente pubblico
o   non rientra in nessuna delle categoria sopra citate

2 - che il Presidente, gli amministratori, i soci non hanno relazioni di parentela o affinità con il dirigente, il responsabile del procedimento e con  i membri degli organi di governo dell'amministrazione



RELAZIONE ISTRUTTORIA


-          condizioni di ammissibilità:                                   o regolari  o non regolari
-          requisiti di legittimazione:                                      o sussistenti oinsussistenti
-          presupposti rilevanti:                                              
-          dichiarazioni rilasciate:  ono                               o sì, in data ____, con contenuto _____________________________________________________________
_____________________________________________________________;
-          rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete:  ono;  osì, in data  ;
-          esibizioni documentali: o no; o sì, in data _______, n. prot. __________;
-          contributo ordinario o istanza pervenuta con prot. n. , in data 
-          contributo straordinario o istanza pervenuta con prot. n.     del        ;
Valutazione del punteggio



























Valutazione della sussistenza dei criteri per l’erogazione dei contributi straordinari, ai sensi dell’articolo __ del regolamento

Item                                                      punteggio
- n. concerti                                          max 15
- n. giornate                                         max 15
- n. spettatori                                       max 15
- n. giornate lavorative
personale artistico under 35
(da considerare le giornate
svolte fino alla data di
compimento del 35° anno
di età)                                                   max 5
- Capacità finanziamento
progetto attraverso risorse
non pubbliche                                     max 5
- Capacità finanziamento
progetto attraverso altre
risorse pubbliche                                 max 5
- Validità del progetto
artistico stagione                                                max 15
- Qualità professionale
personale artistico e/o
artisti ospitati                                      max 10
- Direzione artistica                            max 5
- N. artisti locali ospitati
nella programmazione                      max 5
- Valorizzazione del
patrimonio                                           max 5



NEL CASO DI CONTRIBUTI STRAORDINARI

a) Interventi umanitari e solidaristici a favore di comunità in condizioni di particolare bisogno
o sussistente, perché trattasi di interventi umanitari finalizzati al soccorso alpino;
o non sussistente, perché
b) iniziative straordinarie, di particolare rilievo per la loro collocazione ambientale e temporale nonché per le specificità della situazione, in relazione alle quali l’intervento economico del Comune/della Provincia possa contribuire alla realizzazione e alla crescita dei valori umanitari, sociali, culturali, economici ed ambientali della comunità amministrata:
C) _______
o sussistente, perché



o non sussistente, perché





Indicatori della tipologia di attività per la quale è richiesto il contributo:
o mostra;
o convegno (vi rientrano anche i seminari);
o pubblicità: vi rientrano le spese finalizzate a comunicare l’immagine dell’amministrazione, non legate alla divulgazione obbligatoria o, comunque, necessaria di informazioni (sono escluse pubblicità di bandi o avvisi di gara, pubblicità obbligatorie per legge, pubblicità per corsi di formazione…);
o relazioni pubbliche: si tratta delle attività di comunicazione istituzionale diverse dalla pubblicità, disciplinate dall’articolo 2, comma 1, della legge 7 giugno 2000, n. 150:
  distribuzioni o vendite promozionali;
  affissioni,
 organizzazione di manifestazioni (si deve ritenere, manifestazioni a scopo pubblicitario e di immagine, diverse da seminari e convegni, riferite ad una popolazione indifferenziata, probabilmente non riferite ad attività di cultura e spettacolo);
  partecipazione a rassegne specialistiche, fiere e congressi;
o spese di rappresentanza.

Indicatori che rivelino la caratteristica di sponsorizzazione/contributo consentita
erogazione finanziaria – oo no 
giustificata dall’intento dell’ente finanziatore di sostenere un’attività o un progetto realizzata dal destinatario – osì  ono 
sussistenza di un rilevante e verificabile interesse pubblico dell’attività o del progetto stesso – osì  ono  ;
se sì:

Risultanze dell’istruttoria
L’istanza è:
o ammissibile, in quanto rispetta almeno uno dei criteri indicati sopra, ed è compatibile con le finalità generali del Comune/della Provincia, di cui all’articolo 5, comma 2 e comma 3 , dello Statuto, e articoli. 2, comma 2, lett b) art  3,  art 6, e art 8 del regolamento provinciale per la concessione di contributi e di vantaggi economici;
o non ammissibile, in quanto
o documentazione insanabilmente incompleta;
o documentazione insanabilmente irregolare;
o mancato rispetto di tutti criteri di cui all’articolo 8 del regolamento per la concessione di contributi e di vantaggi economici;
o incompatibilità con le finalità generali delComune/della Provincia, perché
o trasmissione della domanda oltre i termini;
o altro: manca relazione illustrativa dettagliata dell’iniziativa;





Dichiarazione di assenza di conflitto d’interesse
(art. 6-bis legge 7 agosto 1990, n. 241 e art. 7 del d.P.R 16 aprile 2013, n. 62)



Il sottoscritto  __________________________ in qualità di,

o Responsabile del procedimento
o Titolare di ufficio competente ad adottare pareri o valutazioni tecniche
o Titolare della funzione di redigere o collaborare agli atti endoprocedimentali
o Titolare della competenza ad adottare il provvedimento finale
o dichiara di non essere in situazione di conflitto di interesse col beneficiario degli effetti del procedimento e del provvedimento finale.
Luogo ________, data ____________ Firma ________________________________
o, in alternativa,
o segnala la seguente situazione di conflitto di interessi, anche solo potenziale, per le seguenti ragioni:_________________________________________________________
____________________________________________________________________________________________________________________________________________



PROPOSTA DI PROVVEDIMENTO

Regolarità
Il sottoscritto   _________ , responsabile del procedimento in questione, in riferimento all’istruttoria effettuata dichiara che essa è avvenuta nel rispetto della disciplina posta a regolamentare la materia, sicché in base alle sue risultanze si propone di adottare il provvedimento finale, allegato.

data                                                   firma

Nel caso di contributo ammissibile:

Determinazione della modalità di erogazione:
(applicare i criteri fissati col regolamento)
Allegato
Schema di proposta deliberativa.

Valutazioni sulle risultanze istruttorie, ai fini del parere di regolarità tecnica

Dichiarazione di assenza di conflitto d’interesse
(art. 6-bis legge 7 agosto 1990, n. 241 e art. 7 del d.P.R 16 aprile 2013, n. 62)
Il sottoscritto _____ nato a _____, il ________, relativamente al procedimento di concessione del contributo in oggetto per la qualità di __________,
o dichiara di non essere in situazione di conflitto di interesse col beneficiario degli effetti del procedimento e del provvedimento finale
o, in alternativa,
o segnala la seguente situazione di conflitto di interessi, anche solo potenziale, per le seguenti ragioni:
________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Lì ______________, data ____________ Firma ________________________________
In relazione alla segnalazione di potenziale conflitto di interessi del sig. ______________ di cui sopra, stabilisco:
odi considerarla non sussistente
o di considerarla sussistente

Per le seguenti ragioni:
________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________________________

Pertanto
o confermo l’assegnazione dell’attività concernente la pratica
o assegno l’attività concernente la pratica ad altro dipendente, individuato in ________________

Esaminata la scheda-relazione istruttoria sopra riportata se ne condividono i contenuti, dichiara, in qualità di titolare dell'adozione del provvedimento finale:

Esaminata la scheda-relazione istruttoria sopra riportata non se ne condividono i contenuti in tutto o in parte. Si rileva, in particolare, quanto segue:


o Si restituisce la scheda istruttoria, per apportarvi le variazioni indicate o richieste, laddove il responsabile del procedimento ritenga di rivedere le sue valutazioni, mediante annotazione autografa, o file trasmesso via mail;

Il parere sulla proposta di delibera sarà:

o favorevole

o contrario, per le ragioni evidenziate sopra.

Lì, ___________,                 ________________
Il Dirigente/Il Responsabile di servizio
_________________________________


Ipotesi di formula per attribuzione contributi sulla base del plafond disponibile

formula: €x = (€t / pt)*px
€x=contributo assegnato al soggetto X
€t=stanziamento totale per il bando
pt= somma totale dei punteggi ottenuti dalle domande ammesse al contributo
px= punteggio assegnato al soggetto X

stanziamento
10000
soggetto X
96
punti
soggetto Y
78
punti
soggetto Z
66
punti
240
pt
X=
4000
Y=
3250
Z=
2750





[1] E. De Carlo, Il problema dell’eventuale sopravvivenza delle competenze gestionali in capo alla giunta, con particolare riferimento alla concessione di contributi, in www.halley.it.
[2] T. Tessaro, Erogazione dei contributi e competenza dirigenziale, in La Gazzetta degli enti locali, 5.7.2005).

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