Per i sindaci, come per i vertici politici di ogni genere, lo stop alla riforma Madia della dirigenza cagionato dalla sentenza 251/2016 della Corte costituzionale è un boccone ancora indigesto.
Rassegnarsi all'assenza della figura (indispensabilissima: come si è fatto, fin qui, senza?) del "dirigente apicale" non è possibile. Ci mancherebbe.
Dunque, non l'Anci, da sempre associazione entusiasticamente favorevole ad ogni riforma della pubblica amministrazione, salvo piangere miseria quando si "accorge" (sempre dopo, mai prima) che le riforme per solito tagliano alla stragrande i bilanci dei comuni e comportano caos organizzativi di ogni genere, non si è lasciata sfuggire l'occasione per presentare il solito "voluminoso dossier" con una quantità industriale di proposte di emendamento al disegno di legge di conversione del d.l. 50/2016.
E cosa si legge a pagina 42 del documento? Ma ovvio: la proposta di istituire nei comuni capoluogo, nei comuni con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti e nelle città metropolitane, la figura del dirigente apicale. Come farne senza?
Un soggetto che dovrebbe concentrare le funzioni di direttore generale e di segretario: come se, adesso, visto che il direttore generale è una figura (totalmente inutile) solo eventuale, non fosse già il segretario a svolgerne le funzioni. 20 anni di riforma Bassanini non sono ancora bastati per rendersi conto della spesa inutile alla ricerca della mitologica figura del city manager, talmente priva di senso da averla abolita nel 2009 nei comuni fino a 100.000 abitanti, ma ancora ghiotta per i sindaci che contano, quelli delle grandi città, sempre alla ricerca dell'uomo di "fiducia".
La proposta di emendamento, nel caso di specie, è molto meno impattante rispetto ai contenuti della riforma Madia, ai quali si ispira, perchè suggerisce di incaricare come "dirigente apicale" o "soggetti appartenenti alla fascia A dell’Albo dei segretari comunali e provinciali", oppure "soggetti che negli ultimi 5 anni abbiano ricoperto l’incarico di direttore generale di enti locali o abbiano svolto funzioni dirigenziali nell’area giuridico-amministrativa". Sta di fatto che, così, si opera in via implicita lo scardinamento della funzione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, e si prova a reintrodurre, sotto traccia, il sistema del ruolo unico, aperto a tutti e, soprattutto, esposto alla scelta arbitraria del politico "pro tempore". Ennesima conferma che la logica dell'Anci è da molto tempo sempre più quella del lobbismo e sempre meno quella della ricerca di un interesse comune al buon andamento della pubblica amministrazione locale.
Condivisibile valutazione ed interpretazione. Massimiliano
RispondiEliminaDel tutto condivisibile, purtroppo....
RispondiEliminaSacrosantamente vero e quindi iper condivisibile. Chissà, di questo passo, dove andremo a finire! Riforme, su riforme, su riforme che non fanno altro che creare il peggio del peggio.
RispondiEliminaE poi i Comuni dovrebbero preoccuparsi ed occuparsi di servizi. Bravi se ce la fanno i colleghi a garantire un "normale" svolgimento degli impegni verso i cittadini!