Su Il Sole 24 Ore del 29 luglio 2017 è pubblicata una strana
perorazione per lo sblocco delle assunzioni nella pubblica
amministrazione, contenuta nell’articolo del prof. Marcello Clarich
dal titolo “Quei concorsi sempre bloccati”.
Una riflessione sull’invecchiamento progressivo dei dipendenti
pubblici e sulla situazione ormai molto disagiata degli enti locali
soprattutto di piccole dimensioni e di enti come tribunali,
ispettorati del lavoro, centri per l’impiego e aziende sanitarie,
estremamente in difficoltà per lo sfoltimento progressivo degli
organici, frutto di anni di blocchi o tetti alle assunzioni? Vediamo.
Occasione delle riflessioni è l’ordinanza del Consiglio di Stato,
Sezione IV, 28 luglio 2017, n. 3213, che accoglie l’appello
proposto dal sindacato Dirpubblica riferito all’ordinanza cautelare
del Tar Lazio – Roma, sezione I n. 03138/2017, indicando al
medesimo Tar di fissare l’udienza pubblica di discussione del
merito della controversia con priorità.
In cosa consiste la vertenza attivata da Dirpubblica? Nel rilevare le
illegittimità, principalmente costituzionali, derivanti dal d.l.
193/2016, convertito in legge 225/2016. Oggetto della norme è
“Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento
di esigenze indifferibili”, ma anche così i più distratti non
riescono a capire di che si tratti. Per comprendere meglio merito e
occasione di conflitto, allora occorre ricordare che si tratta della
normativa che trasforma Equitalia da società ad ente pubblico
economico controllato dall’Agenzia delle entrate.
E’ la norma, insomma, attivata pochi giorni prima del referendum
relativo alla riforma costituzionale, per dare la prova agli italiani
che si aboliva il non apprezzatissimo ente Equitalia, rispettando,
così, uno degli impegni presi dal precedente Governo.
Peccato che, in effetti, non si abolisca assolutamente nulla.
Equitalia di fatto confluisce nell’Agenzia delle entrate e diventa
“Agenzia delle entrate-Riscossione”, ente strumentale
dell’Agenzia.
Quindi, Equitalia non sparisce per nulla, “semplicemente” si
trasforma per legge da soggetto giuridico di diritto privato in ente
pubblico economico, attratto, quindi, integralmente nella sfera
normativa e regolativa pubblicistica.
La “riforma”, dunque, è sostanzialmente di facciata e lascia il
sistema pressochè identico; difficilmente i cittadini avranno
benefici particolari dall’intervento normativo, finché non si
modifichi il regime operativo della riscossione. Infatti, in pochi si
sono accorti che dallo scorso primo luglio in effetti è avvenuta
appunto la “confluenza” di Equitalia nel nuovo ente.
Se ne sono accorti, invece, e molto bene, i quasi 8.000 dipendenti di
Equitalia, che grazie al passaggio automatico verso l’ente pubblico
economico sono “miracolosamente” divenuti dipendenti da privati a
pubblici, senza concorso, dirigenti compresi.
L’operazione, secondo Dirpubblica (ma, anche all’evidenza dei
fatti) è ben difficilmente sostenibile sul piano della legittimità
costituzionale. Poichè, infatti, risulta vigente ancora l’articolo
97, comma 3, della Costituzione, nei ruoli pubblici si può entrare
solo previo concorso pubblico. Il passaggio diretto di migliaia di
dipendenti di un soggetto privato verso un ente pubblico senza alcun
concorso non può che suscitare fortissime perplessità, sollevate
dal sindacato dei dirigenti statali davanti al Tar, che ora, a
seguito dell’intervento di Palazzo Spada, dovrà celermente
analizzare il merito della questione e, soprattutto, decidere se
sollevare la questione di legittimità costituzionale mossa da
Dirpubblica, come appare inevitabile.
Altrettanto ineluttabile appare l’esito davanti alla Consulta, se
la Corte si mostrerà coerente con la propria giurisprudenza, per
altro richiamata dal Consiglio di stato: nell’ordinanza, Palazzo
Spada afferma espressamente che nel processo di merito il Tar dovrà
affrontare “le questioni di legittimità costituzionale proposte
sotto diversi profili - nel che sembra essere l’effettiva ragion
d’essere del ricorso introduttivo del giudizio - anche alla luce
della giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. da ultimo le
sentenze 17 marzo 2015, n. 37, e 25 novembre 2016, n. 248)”. Si
tratta delle sentenze con le quali la Consulta ha bocciato il sistema
degli incarichi dirigenziali assegnati senza concorsi ai funzionari
delle Agenzie, continuando a prorogarli per anni ed anni, nonché
della pronuncia con la quale è stata giudicata incostituzionale una
legge con la quale la regione Calabria aveva tentato di trasformare
in dipendenti pubblici lavoratori di associazioni private per la
divulgazione agricola.
I precedenti, dunque, delle pronunce della Consulta non lasciano
affatto ben sperare sulla possibilità di considerare legittima
l’operazione di imbarco degli 8.000 dipendenti dell’ex Equitalia.
Staremo a vedere. Nel frattempo, come si nota, si registra un
improvviso cambio di rotta da parte del quotidiano di Confindustria,
sempre piuttosto rigoroso nei confronti della spesa pubblica e del
personale e da sempre per nulla contrario ai tetti alle assunzioni.
Così, l’editoriale del Clarich evidenzia: “il problema più
generale che affligge quasi tutte le amministrazioni statali e locali
è la difficoltà di bandire i concorsi a ritmi regolari e con
tempistiche certe. Blocchi periodici del turn-over per
ragioni di finanza pubblica, bandi di concorso di cattiva
fattura, prove selettive mal gestite, con immancabili ricorsi al
giudice amministrativo, stanno depauperando la capacità
delle amministrazioni di far fronte in modo adeguato ai propri
compiti. Se esse non possono acquisire il personale necessario, non
devono stupire le classifiche internazionali che le vedono nelle
posizioni di coda”.
La perorazione pro-concorsi ovviamente non poteva non contenere la
duplice “bacchettata” alle amministrazioni che fanno bandi
carenti e gestiscono male le procedure, nonché ai Tar, che per ora
la stampa generalista accusa di ogni nefandezza, spianando la strada
del consenso verso la loro abolizione.
In ogni caso, ci si accorge, finalmente, che l’efficienza
sicuramente non eccelsa della pubblica amministrazione italiana è
stata fortemente minata alla base dalla depauperazione molto
sensibile del personale, sul piano quantitativo, qualitativo e
motivazionale. I blocchi delle assunzioni non solo hanno portato alla
riduzione degli organici, ma hanno impedito nuovi ingressi di
personale più motivato e meglio introdotto alle conoscenze delle
nuove tecnologie, quanto mai necessarie per un salto di qualità nel
lavoro pubblico.
Tutto bene. Se non fosse che ad occasionare la perorazione sia
proprio il “caso” Equitalia. Il Clarich chiude così il proprio
editoriale: “Nel caso di Equitalia, il Tar del Lazio
potrà forse salvare il trasferimento del personale respingendo il
ricorso senza entrare nel merito. Il Consiglio di Stato
sottolinea infatti l'esigenza di valutare in quella sede «le
eccezioni di rito sollevate». Ma questo escamotage non risolverebbe
certo il problema più generale”. Un invito chiaro e tondo ai
magistrati amministrativi di non portare la vertenza all’attenzione
della Consulta, dove verosimilmente il passaggio diretto degli 8.000
sarebbe censurato; è sempre il Clarich a parlare in un altro punto
dell’editoriale: “ Secondo la Consulta la deroga al principio
del concorso che la Costituzione ammette m alcuni casi, non può
essere giustificata ne dall'interesse alla difesa dell'occupazione,
ne da quello di acquisire il personale necessario per lo II costo
elevato dei concorsi bloccati svolgimento delle attività
istituzionali. La secca verso la quale sta facendo rotta la
riforma di Equitalia sembra offrire poche vie di scampo”.
Ora, prendersi carico dei guai che un blocco certamente ormai troppo
lungo delle assunzioni ha cagionato negli anni è una cosa positiva;
se, però, ciò è strumentale a creare un’onda di opinione
favorevole a “salvare” la trasformazione del rapporto di lavoro
dei dipendenti di Equitalia da privato a pubblico, senza concorso, la
questione assume tutto un altro aspetto.
Sembra quasi un invito a far sì che, a fronte della riapertura al
dibattito sull’opportunità di riaprire le maglie alle assunzioni,
sia opportuno inghiottire il boccone amaro di un’assunzione di
massa di migliaia di persone che accederebbero così al pubblico
impiego in barba all’articolo 97 della Costituzione e in barba alle
migliaia di persone che da anni sovraffollano i pochissimi concorsi
banditi dalle PA o che, da vincitori o idonei ai concorsi, aspettano
invano, anche a causa degli ulteriori blocchi, come quello che per
due anni ha congelato qualsiasi assunzione a causa dello scempio
delle province, determinato dalla riforma Delrio.
Non pare il corretto sistema di affrontare le questioni ed i problemi
organizzativi della pubblica amministrazione.
La lesione all’ordinamento costituzionale derivante dall’assunzione
nei ruoli pubblici degli ex dipendenti di Equitalia non è stata
generata dal destino cinico e baro, ma è una precisa scelta di un
Governo, che, nell’intento di dimostrare ai cittadini la propria
capacità di rispettare impegni politici in vista di un referendum
vitale per il prosieguo dell’attività dell’esecutivo, non ha
guardato troppo per il sottile prevedendo una norma che sin da subito
apparve incostituzionale.
Sperare che il Tar Lazio guardi dall’altra parte è certamente
lecito, ma non sarebbe certo un episodio edificante.
Specie in un Paese che, al di là di qualsiasi proclama e dibattito,
è di fatto costretto a mantenere ancora in piedi un regime di tetti
alle assunzioni ed alla spesa di personale rigorosissimo.
Basti guardare l’andamento della spesa pubblica rilevato dall’Istat
negli ultimi anni:
La spesa del personale pubblico, in un quadro di costante incremento
della spesa pubblica complessiva (a disdoro di qualsiasi spending
review e norme populiste e di propaganda, come la ricordata
devastazione delle province) è stata l’unica a ridursi, insieme a
quella per interessi, la quale, però, è influenzata prevalentemente
da fattori esterni.
Sarà molto difficile, in questo quadro finanziario, arrivare ad
un’apertura piena del turn-over; del resto, nel 2014 uno dei primi
atti normativi del Governo precedente, il d.l. 90/2014, aveva
previsto che nel 2018 le assunzioni avrebbero riguardato il 100% del
costo delle cessazioni precedenti; questo traguardo nel 2018 non sarà
nemmeno sfiorato.
Nel frattempo, il Governo deve fare le acrobazie per far quadrare i
conti a seguito del rilancio della contrattazione nazionale
collettiva, un potenziale di spesa di 5 miliardi circa, dovuto a
quella sorta di “cambiale in bianco” che è l’accordo con i
sindacati del 30 novembre 2016 (sempre dettato dall’ “aria
referendaria” di quei giorni), per effetto del quale ci si è
appesi alla corda dell’incremento medio di 85 euro che ancora non
si sa bene come finanziare.
Allora, se si riuscirà, come auspicabile, a dipanare la matassa e,
conseguentemente, a riaprire spazi per assumere nelle PA, ben venga;
ma, questo a fronte di una sanatoria ad un vulnus fortissimo come
quello dell’imbarcata degli 8.000 dell’ex Equitalia, no. Il
Governo poteva lasciare Equitalia così com’era; sarebbe cambiato
poco e, comunque, nonostante la riforma populista di Equitalia il
referendum è stato vinto dal no alla riforma della Costituzione.
Forse, mentre erano ancora in atto le schermaglie davanti a Tar e
Consiglio di stato sul ricorso Dirstat, era meglio, essendo in tempo,
bloccare tutto e tornare ai blocchi di partenza. Ora, tutto è più
difficile.
Ottimo lavoro herr Oliveri! Massimiliano
RispondiEliminaIl problema dei dipendenti equitalia lo risolveranno secondo me con un concorso farlocco con requisiti tali a cui potranno partecipare solo i dipendenti equitalia, domande d'esame facilissime dove è impossibile non ottenere l'idoneità e numero di posti equivalenti a quello degli ex dipendenti equitalia. Non sarebbe certo la prima volta che viene fatto un concorso "confezionato ad arte". Tra l'altro mi piacerebbe che qualche magistrato indagasse sul fatto che nei concorsi dei piccoli Comuni i casi in cui il vincitore è un precario che lavorava già in quel Comune sono prossimi al 100%. Ora, può capitare che vinca l'interno, ci mancherebbe, ma quando i casi sono vicini al 100%, cioè nel Comune A vince il precario del Comune A, nel Comune B vince il precario del Comune B e così via, il dubbio viene... per questo mi piacerebbero concorsi centralizzati, almeno a livello provinciale o regionale, anche negli enti locali.
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