Che alla fine nella manovra finanziaria per il 2018 si reperissero i soldi per finanziare lo sblocco dei contratti pubblici, visto che entro pochi mesi si va ad elezioni, era una certezza.
Il Governo non poteva non dare un segnale "confortante" ai 3 milioni di dipendenti pubblici e loro famiglie, per cercare di recuperare quel consenso che si pensava di ottenere per il referendum del 4 dicembre 2016 sulla riforma della Costituzione.
In quel caso, i dipendenti pubblici vennero solo indirettamente coinvolti nella caccia al consenso, per il tramite dei sindacati. Infatti, il 30 novembre 2016, nella convinzione che questo sarebbe stato sufficiente a far convergere i dipendenti pubblici verso il "sì", venne stipulato l'accordo col quale il Governo si impegnò ad assicurare incrementi medi dei contratti di 85 euro lordi (che all'epoca non avevano copertura).
Approvato dal Governo il disegno di legge di manovra finanziaria, il Ministro della funzione pubblica twitta sottolineando che è stato rispettato l'impegno di sbloccare i contratti collettivi, assunto appunto coi sindacati il 30 novembre scorso.
Solo per la precisione, le cose non stanno affatto così. Quando sarà stato stipulato il nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro, verosimilmente si sarà tra gennaio e febbraio del 2018: a quasi 8 anni dal blocco della contrattazione disposto col d.l. 78/2010, ma, soprattutto, a oltre due anni e mezzo dalla sentenza della Corte costituzionale 23 luglio 2015 n. 178, quella che dichiarò incostituzionale il perdurare del blocco della contrattazione.
Dunque:
1) se il Governo sblocca i contratti, non è perchè adempie ad un accordo con i sindacati, che come fonte giuridica sul tema vale poco più di zero, ma perchè deve attuare una sentenza della Corte costituzionale;
2) l'applicazione della sentenza della Consulta sta, per altro, intervenendo con estremo ritardo;
3) cosa ancor più preoccupante, sostanzialmente la copertura del costo per lo sblocco della contrattazione avviene in deficit, visto che oltre la metà della spesa prevista dalla manovra è, appunto, finanziata (per modo di dire) dal maggior deficit consentito dalla Ue.
Oggettivamente, le ragioni per tweet allegri e contenti che parlano di impegni rispettati, non si vede esattamente quali possano essere.
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