Lo abbiamo scritto
solo l’altro ieri: “Errori nella gestione amministrativa se ne fanno.
Spesso, nella gestione del personale. E altrettanto spesso, più che di errori,
si tratta di orrori.
Casi di dirigenti divenuti
tali senza alcun concorso o senza titolo di studio minimo; attribuzioni di
stipendi di categoria superiore senza alcuna procedura e con provvedimenti di
organi totalmente incompetenti; direttori generali o capi di gabinetto con
la terza media”.
Puntualmente, i fatti
di cronaca riportano un altro di questi orrori: l’ex sindaco del comune di
Bisceglie ha incaricato per anni un dirigente, ovviamente di propria “fiducia”,
prima come vertice di strutture amministrative, pur essendovi all’interno della
dotazione organica professionalità qualificate, e poi come capo di gabinetto
(figura, lo si ribadisce, di un’inutilità clamorosa), pur disponendo
l’interessato solo della terza media.
E’ incredibile quanto diffusi
siano i casi di incarichi dirigenziali assegnati “a sentimento” dai sindaci a
persone prive di qualsiasi qualificazione, assegnatarie dei rilevanti poteri
pubblici connessi alle cariche dirigenziali senza, però, disporre di quel
minimo di percorso formativo che è da pretendere allo scopo.
Ma, non da pretendere perché cosi
dispone la legge: sarebbe troppo semplice e saprebbe troppo di “burocratico”;
sono in tanti subito pronti ad affermare che, in fondo, anche i laureati possono
benissimo essere degli asini e che, comunque, nel mitico “privato” si fa così,
chi “merita” riceve anche incarichi senza stare attenti al titolo di studio,
del quale, per altro, sarebbe opportuno abolire il valore legale.
Affermazioni tutte poco condivisibili,
tratte in inganno dall’altrettanto mitologica assimilazione del “pubblico” al
“privato”, dalla quale non si riesce a venire fuori. Non riesce ad essere
chiaro a chi amministra l’interesse pubblico, che la “fiduciarietà” non deve
avere alcuno spazio, se non limitatamente ad incarichi di stretta natura
politica. Il sindaco può e deve incaricare sulla base della fiducia personale,
delle appartenenze politiche, delle alleanze e delle tessere gli assessori, o i
segretari particolari, o gli addetti stampa, o anche gli inutili capi di
gabinetto (a condizione che questi siano, però, tenuti lontanissimo dalla
gestione).
Meccanismi di condivisione
personale delle idee politiche, o amicizie personali, o parentele, o “turno”
derivante dal manuale Cancelli, o tessere di partito, o possesso di pacchetto
di voti, non possono e non debbono essere presupposto per incarichi pubblici,
nei quali si richiedono oltre ad una competenza dimostrabile, visto che ogni
scelta della PA deve essere motivata, ma soprattutto autonomia ed imparzialità,
come impone la Costituzione.
Una persona dotata solo di terza
media, per quanto squisita, per bene, volenterosa, scrupolosa, degna di
fiducia, possa essere, non ha neanche lontanamente i requisiti minimi per
svolgere gli incarichi con la competenza e l’autonomia che non solo deve
possedere, ma deve anche manifestare di possedere.
E’ inconcepibile che non esistano
strumenti per impedire alla radice che sindaci possano attribuire incarichi
dirigenziali fuori della dotazione organica, prescindendo totalmente dalla
valutazione delle capacità degli interni (che, stranamente, non sono mai
sufficienti, sono sempre deficitarie…), in più con la beffa dell’assegnazione a
persone pochissimo qualificate e formate. Una protervia insopportabile, consentita
dalla debolezza estrema dei controlli interni (per non dire dell’inutilità
assoluta di controlli interni): i revisori dei conti non controllano nulla,
tutti sanno che sottoscrivono relazioni ed atti preparati prima dai servizi
finanziari e svogliatamente letti, mentre spessissimo hanno cognizioni solo
vaghe dell’organizzazione degli enti locali; molti dirigenti o responsabili di
servizio sono soggetti ad incarichi precari e parecchi provengono anch’essi
dall’esterno e, dunque, non hanno alcun potere o ragione per impedire modalità
di cooptazione delle quali essi stessi hanno fruito; i segretari comunali sono
lasciati totalmente soli nel cercare di assicurare quella consulenza giuridico
amministrativa finalizzata al rispetto della legalità, che, comunque, spesso
nessuno chiede loro e, in ogni caso, sono soggetti ad uno spoil system che li
soggioga e li depotenzia. Il segretario comunale è giudicato tanto più “bravo”
quanto si disinteressi di evenienze simili, quanto più “lasci passare”, perché
bisogna pensare “al risultato”, non si deve “bloccare” con un “atteggiamento
solo burocratico”.
L’assenza di controlli esterni,
preventivi e di legittimità, rende facilissimo l’abuso che sa di beffa ai
cittadini tutti e ai tanti giovani che si impegnano nel laurearsi, come appunto
l’incarico dirigenziale a persone con la sola terza media. Uno sberleffo che,
ricordiamolo, nel 2014 è stato sostanzialmente reso possibile dalla prima
riforma Madia, che all’articolo 90 del d.lgs 267/2000 ha inserito il comma
3-bis, norma della quale nessuno dovrebbe menare vanto: “Resta fermo il
divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel
contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal
possesso del titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale”.
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