A Palermo, presso la pinacoteca di Palazzo Abatellis, è conservata una gemma del Rinascimento italiano, l'Annunciata (1476 circa):
Un quadro pienamente rinascimentale, ma che è già oltre il Rinascimento. Ma, cosa significa essere un pittore rinascimentale nella metà del '400, quando operavano i cosiddetti "primitivi fiamminghi", pittori del calibro di Jan Van Eyck, l'autore del celeberrimo ritratto dei coniugi Arnolfini (olio su tela del 1434)?
Significa rinunciare una volta e per sempre alla ripetitività infinta della pittura bizantina, alla sua piattezza priva di prospettiva, alla ieraticità delle figure, e anche andare oltre i canoni della pittura "tardo gotica", coi fondi oro, con la prospettiva appena accennata, con le figure che a fatica emergono nella loro tridimensionalità. E dare, quindi, slancio alla geometria, al punto di fuga, alla ricerca prospettiva virtuosistica, alla rappresentazione dell'uomo non più idealizzato o reso all'interno di un canone, capace anche di rivelare il pensiero, la psicologia, il tormento, la ragione, il dolore o l'estasi.
Ma, i "primitivi fiamminghi" che di solito si raccontano come appartenenti ad un'epoca che precede il Rinascimento, altro non erano se non esponenti del Rinascimento essi stessi, ma del Rinascimento del Nord Europa. Che aveva una caratteristica molto particolare, rispetto al Rinascimento italiano degli inizi: la tecnica della pittura ad olio su tela.
In Italia era, invece, diffusissima la tecnica della tempera, che ha lo svantaggio di non consentire la pittura di dettagli finissimi e di impedire anche progressive velature, sicchè il disegno, nella tecnica a tempera, è fondamentale, mentre i giochi di luce ed ombre un po' complessi.
Antonello ebbe l'occasione a Napoli di incontrare e conoscere la pittura fiamminga (non è un caso che le sue opere a Palazzo Abatellis siano collocate in una sala successiva a quella che ospita meraviglie fiamminghe). E ne riprese, tra i primissimi in Italia, la tecnica della pittura ad olio, oltre che l'ulteriore elemento di attenzione della figura umana, che inizia a rappresentare di tre quarti, allo scopo di fornire un'accentuata tridimensionalità e costruire un gioco con lo sguardo, tale da evidenziare la psicologia del soggetto. Nel ritratto di uomo sconosciuto, forse un marinaio, conservato al museo Mandralisca di Cefalù questi elementi sono particolarmente evidenti:
Antonello, dunque, dipinge ad olio. Riesce, quindi, a velare e "sfumare" i contorni, dà tridimensionalità alle figure e, come i fiamminghi, è capace di entrare nel minuto dettaglio pittorico, come la barba incolta del marinaio.
Torniamo, ora, all'Annunciata. Antonello, con questo capolavoro, si rivela, come tutti i grandissimi artisti, capace di innovazioni rivoluzionarie.
Le annunciazioni erano sempre state rappresentate proponendo la Vergine che mette le mani al petto, nell'atto di rispondere all'angelo "eccomi, sono la serva del Signore", accettando l'imperscrutabile annuncio divino.
Beato Angelico, Annunciazione, affresco, convento di San Marco a Firenze (1440 circa) |
Maria ha appena distolto lo sguardo dal libro che stava leggendo con attenzione, tanto che i suoi occhi non sono del tutto concentrati sulla visione che le è davanti. Istintivamente, con la sinistra chiude il velo che la ricopre, mentre alza la destra in un gesto sospeso e soave, come per dire all'angelo "ecco, distolgo l'attenzione dal libro e la rivolgo a te".
Maria è perfettamente tridimensionale, sembra quasi una statua. Le conoscenze geometriche e prospettiche di Antonello sono piene e perfette e vengono rivelate proprio dalla forma geometrica conica data dal velo, la cui piega sulla fronte finisce in asse col leggio a "centrare" un'inquadratura che è quasi fotografica, anche grazie all'attenzione estrema alla luce. Ecco il preannuncio di qualcosa che andrà oltre il rinascimento e il manierismo: Caravaggio.
Ma, l'accorgimento ancor più straordinario è "scenico". L'annunciazione è rappresentata dal punto di vista non dell'osservatore, bensì dell'angelo. E' a lui, infatti, e non a noi, che la Vergine rivolge quello sguardo stanco della lettura, ma penetrante, curioso, intelligente, che abbellisce ancor di più un volto di donna tra i più belli del rinascimento.
In pieno barocco, sarà Gianlorenzo Bernini a riprendere simile trucco scenico, col suo David (1623-24, Galleria Borghese, Roma), rappresentato, mentre scaglia la pietra, proprio dal punto di vista di Golia
Antonello, con la sua Annunciata, è un innovatore nella tecnica, un sapiente tecnico del rinascimento e al tempo stesso uno straordinario precursore.
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