Il Messaggero del 23 dicembre 2017 dà informazioni sulla
concessione, nel comune di Roma, di un imponente numero di scatti di
anzianità ai dipendenti.
Ne parla innanzitutto l’articolo Simone Canettieri intitolato
“Operazione Raggi: aumenti a pioggia a 15 mila comunali”.
Leggiamo: “per due dipendenti capitolini su tre
sarà un Natale memorabile. Dopo oltre 8 anni la giunta Raggi ha
sbloccato gli scatti di 15mila comunali.
Tecnicamente si chiamano Poe, le posizioni organizzative
orizzonti che il Comune M5S ha attivato. Una mossa che
vale una media di 80 euro al mese lordi in più che si ritroveranno
in busta paga a partire da gennaio tre categorie. Dai giardinieri e
gli autisti (B) fino ai vigili, le maestre e gli impiegati (C) per
finire con i funzionari (D)”.
Più nel dettaglio, “complessivamente, sono stati 15.790 i
dipendenti che hanno fatto domanda per l'avanzamento, e alla fine è
andata bene a tutti, praticamente. Di questi, 17 sono stati
esclusi perché privi di alcuni requisiti: occorreva non
aver ricevuto sanzioni disciplinari e sospensioni dal lavoro
superiori a 10 giorni e vantare almeno due anni di anzianità.
In 15.548 sono rientrati nelle graduatorie”.
A commento, sempre su Il Messaggero,
Oscar Giannino, nel pezzo dal titolo eloquente “Un
vecchio rito aggrava-debito”
critica l’iniziativa del comune di Roma, rileva l’inopportunità
di questi “scatti” in un comune ancora gravato da enormi debiti e
dalla situazione di bilancio tutt’altro che solida.
Precisazioni.
Quanto fin qui visto, richiede, in primo luogo alcune precisazioni
tecniche su alcune imprecisioni.
Il
comune di Roma:
1)
non ha attivato “scatti” di anzianità;
2)
non ha previsto “posizioni organizzative orizzonti”.
Si tratta, molto più semplicemente, delle “progressioni
orizzontali”, quell’istituto “premiale” per i dipendenti
pubblici regolato da due diverse fonti, l’articolo 23 del d.lgs
150/2009 (legge Brunetta) e le disposizioni della contrattazione
collettiva nazionale. Nel caso degli enti locali, la norma
contrattuale è l’articolo 5i
del Ccnl 1.4.1999. La disposizione contenuta nel d.lgs 150/2009
prevede quanto segue:
“1. Le amministrazioni pubbliche riconoscono selettivamente
le progressioni economiche di cui all'articolo 52, comma 1-bis, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sulla base di quanto
previsto dai contratti collettivi nazionali e integrativi di lavoro e
nei limiti delle risorse disponibili.
2. Le progressioni economiche sono attribuite in modo selettivo,
ad una quota limitata di dipendenti, in
relazione allo sviluppo delle competenze professionali ed
ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema
di valutazione”.
Invitiamo a rileggere sia l’articolo del contratto nazionale
collettivo riportato in nota, sia le previsioni della Legge Brunetta,
per constatare insieme con chi legge che le parole “scatti” e
“anzianità” non esistono e non sono minimamente contemplate.
Infatti, lo “scatto di anzianità”, che nel lavoro pubblico si
chiama “retribuzione individuale di anzianità”, con acronimo
Ria, è stato abolito dalla manovra Amato, ben 25 anni fa, nel 1992.
Da un quarto di secolo, quindi, nel lavoro pubblico è completamente
inoperante un istituto, lo “scatto di anzianità” che, invece, è
ben presente e vegeto nel lavoro privato.
L’ormai antica abolizione dell’aumento per anzianità:
1) per un verso risulta non ancora molto conosciuta per chi non opera
direttamente nella PA;
2) è un “lutto” che in molti, in particolare i sindacati, non
sono ancora riusciti ad elaborare.
In particolare a causa della seconda ragione, in questi 25 anni si è
assistito a vari tentativi di far rientrare dalla finestra lo scatto
di anzianità che era uscito dalla porta, prevalentemente per via
contrattuale.
Innumerevoli, nei primi anni ‘90, sono stati i contratti collettivi
decentrati integrativi che hanno cercato di connettere agli anni di
servizio trascorsi un riconoscimento contrattuale. Tutte clausole
ovviamente illecite, perché in violazione dell’abolizione imposta
dalla legge.
Finchè, appunto, nel 1999 il Ccnl non introdusse qualcosa di simile,
le “progressioni orizzontali”, che in realtà tecnicamente si
definiscono progressioni economiche. I sindacati si sentirono, a quel
punto, rinforzati nella loro istanza di reintrodurre il meccanismo
dello “scatto di anzianità”, anche se, come visto prima,
l’articolo 5 del Ccnl 1.4.1999 non prevede per nulla incrementi di
stipendio legati esclusivamente all’anzianità di servizio.
Le progressioni orizzontali sono state da sempre disciplinate dai
Ccnl come procedura in ogni caso valutativa e selettiva, rispetto
alla quale la semplice anzianità di servizio non conta nulla: i
parametri valutativi sono molti altri e ben diversi, e per le
categorie B e C si parla non di anzianità, ma di “esperienza”.
Non è la stessa cosa. Due dipendenti, infatti, possono avere stessa
anzianità: 10 anni di servizio; ma, uno di essi, un’esperienza di
servizio di 10 anni in una certa mansione, l’altro esperienze di
servizio di 5 anni in due diverse mansioni. A seconda di quale
mansione sia osservata nella procedura selettiva, il risultato
ovviamente dovrebbe risultare molto diverso.
Nonostante le chiarissime previsioni del Ccnl, comunque, l’attuazione
delle progressioni orizzontali non è apparsa particolarmente
selettiva. Dal 1999 al 2009 tantissimi dipendenti sono stati
coinvolti nell’avanzamento stipendiale previsto, sostanzialmente
senza alcuna selettività.
Per questa ragione intervenne la legge Brunetta a dare un freno:
1) chiarendo all’articolo 20 che le progressioni economiche sono
uno tra gli altri strumenti per premiare il merito e le
professionalità e, dunque, non l’anzianità;
2) imponendo che le progressioni siano assegnate previa selezione ad
“un numero limitato” di dipendenti.
Disposizioni normative che, come è facile comprendere, non sono
piaciute mai troppo alle organizzazioni sindacali. Il cui poco
apprezzamento è stato poi accentuato dalla circostanza che per
effetto della manovra finanziaria estiva di estrema emergenza del
2010, il d.l. 78/2010, le progressioni orizzontali vennero
sostanzialmente congelate (anche per effetto di successive proroghe
normative) fino al 2015, sicché di fatto col 2009 si interruppe il
vortice di incrementi stipendiali riconosciuti in modo massivo e
prevalentemente poco selettivo ai dipendenti locali (e anche degli
altri comparti).
Fatti. Cosa è accaduto,
quindi, concretamente al comune di Roma? Si sono avvalsi della
riapertura della possibilità di riconoscere le progressioni
verticali, essendo superati, oggi, gli impedimenti normativi.
Infatti, l’articolo del
Canettieri sottolinea come le progressioni giungano “dopo 8 anni”
e riporta le dichiarazioni del rappresentante sindacale Cisl che
confermano come le organizzazioni non abbiano ancora accettato che di
tutto si tratta, tranne che di scatti di anzianità: “si
tratta dice - di un'anzianità di servizio che finalmente viene
riconosciuta a uno dei contratti più poveri della pubblica
amministrazione”.
La previsione del contratto decentrato capitolino delle progressioni
orizzontali è, di per sé ed in astratto, certamente legittima.
Il modo stesso, però, col quale è presentato alla stampa, cioè
come “anzianità” che viene “finalmente” riconosciuta e
l’opportunità certo giustificano le valutazioni critiche della
stampa.
Sul piano procedurale, stando sempre alle informazioni desunte
dall’articolo del Canettieri, qualche lecito dubbio (ovviamente a
prova di smentita da informazioni più tecnicamente accurate) può
essere sollevato. Infatti, come visto sopra, le progressioni
dovrebbero essere il frutto di una selezione valutativa non
certamente semplice, soprattutto se a “concorrere” sono oltre
17.000 dipendenti.
Invece, gli articoli de Il Messaggero ci informano che le valutazioni
sono state effettuate in pochissimi giorni. Come è stato possibile?
Torniamo a leggere quanto ci dice il Canettieri: “«Ha fatto
tutto un software del dipartimento Personale - raccontano da Palazzo
Senatorio - che ha semplicemente incrociato due dati». Ovvero: da
una parte le autocertificazioni dei dipendenti (su titolo di studio e
anzianità professionale) e dall'altra le
valutazioni dei dirigenti sull'anno 2016 a chi richiedeva lo scatto”.
L’articolo 5 del Ccnl 1.4.1999 chiede che le progressioni siano
concesse dopo aver valutato almeno questi elementi:
1) prestazioni rese con più elevato arricchimento professionale,
conseguenti ad
interventi formativi e di aggiornamento collegati alle attività
lavorative ed ai processi di riorganizzazione,
impegno
qualità della prestazione individuale?
Sembra di capire che, invece, sia bastata un’autocertificazione e
un algoritmo di calcolo, perché un software creasse una graduatoria
complessiva per l’ente. Una scelta che, quindi, ha accentrato in un
unico centro decisionale valutazioni individuali che, invece, ai
sensi dell’articolo 9, comma 2, del d.lgs 150/2009 dovrebbero
spettare a ciascun dirigente posto al vertice delle strutture presso
le quali operano i dipendenti da valutare.
Ma, la cosa che più desta perplessità è la quantità dei
dipendenti che hanno avuto accesso alla progressione orizzontale:
circa 15.500 su un totale di 23.000, cioè il 67,4% (più di due
terzi) e su un totale di circa 15.800 domande presentate.
Ora, tornando a rileggere l’articolo 23, comma 2, del d.lgs
150/2009, la progressione economica dovrebbe essere una procedura
“selettiva” (ma nel caso di specie tutto è stato lasciato,
sembra, ad un software) che abbia come esito l’assegnazione della
progressioni ad una “quota limitata” di dipendenti.
Certamente ilo 67,4% è meno del 100%, dunque sul piano semantico non
pare dubbio che si tratti di una “quota limitata”. E’, però,
percepibile da qualsiasi cittadino, anche chi non sia un tecnico del
lavoro pubblico, che, sebbene il legislatore avrebbe fatto meglio ad
essere più chiaro, la “quota limitata”, nell’ambito di una
procedura selettiva di valutazione del merito, non appare possibile
sia maggioritaria (come lo è una percentuale del 67,4%); il buon
senso e la logica portano a comprendere che una quota limitata non
dovrebbe essere superiore al 30% dei dipendenti.
Trattandosi, ancora, di una procedura che è, comunque, destinata a
valorizzare il merito in relazione ai risultati, si pone il problema
dei opportunità evidenziato dal Giannino.
Anzi, il contratto decentrato del comune di Roma pone “Il”
problema gravissimo della valutazione e dei premi nella pubblica
amministrazione.
Ora: se le progressioni orizzontali debbono essere null’altro che
un complesso sistema, sostanzialmente mistificatorio e fumogeno, per
assegnare scatti di anzianità nascosti da procedure
pseudo-selettive, potrebbe anche ammettersi una loro totale autonomia
da risultati complessivi dell’ente che le attiva.
Abbiamo, però, visto che la normativa considera le progressioni
orizzontali come uno strumento di premio del merito. Alla luce di
ciò, si deve tenere presente che il merito individuale, anche ai
sensi della legge Brunetta, non può non essere collegato al merito
complessivo dell’ente. Cioè, il premio di risultato individuale
(la progressione orizzontale, pur comportando incrementi stipendiali
fissi e duraturi è, comunque, connessa ai risultati di medio periodo
dei dipendenti) va comunque connesso a risultati collettivi.
Il fatto è, come già più volte rilevato,
che nel sistema pubblico mancano indicazioni chiari su cosa valutare,
cioè quali indicatori considerare ai fini della determinazione di
“risultati”.
L’articolo del Giannino dimostra che il comune di Roma è ancora
attanagliato da rilevanti problemi di bilancio. In una condizione
simile, è opportuno che un comune ritenga di aver raggiunto
risultati tali da consentire “premi” a qualsiasi livello?
Il decreto
interministeriale 25 marzo 2016, che detta le condizioni perché
le aziende possano accedere agli sgravi per il “salario di
produttività” fornisce una serie di indicatori di risultato
complessivi, come, per esempio, il Margine Operativo Lordo in
rapporto al Valore Aggiunto, oppure il rapporto tra volume della
produzione e numero dei dipendenti o il rapporto tra fatturato e,
sempre, numero dei dipendenti.
La trasposizione di simili indicatori, chiari ed immediati, dal
privato al pubblico non sarebbe semplicissima, visto che le
amministrazioni pubbliche non producono margini operativi e
fatturato. La carenza del legislatore, che da sempre si interessa di
come valutare piuttosto che di cosa valutare, sta nel non aver mai
nemmeno provato a delineare simili trasposizioni di criteri, che
consentirebbero in modo trasparente di collegare le valutazioni a
risultati chiari.
Sta di fatto, che la presenza di squilibri di bilancio, entrate
inferiori alle uscite, l’emersione continua di debiti fuori
bilancio (cioè, debiti contratti senza aver correttamente utilizzato
gli stanziamenti di bilancio), i problemi di finanziamento delle
partecipate in perdita, che come dimostra il Giannino sono macigni
che pesano sulla gestione di Roma, non paiono poter fondare sul piano
dell’opportunità interventi massivi di “premio” per un
“merito” che non sembra facile rinvenire nei dati finanziari.
i1.
All’interno di ciascuna categoria è prevista una progressione
economica che si realizza mediante la previsione, dopo il
trattamento tabellare iniziale, di successivi incrementi economici
secondo la disciplina dell’art. 13.
2. La progressione economica di cui al comma
1 si realizza nel limite delle risorse disponibili nel fondo
previsto dall’art. 14, comma 3 e nel rispetto dei seguenti
criteri:
a) per i passaggi nell’ambito della
categoria A, sono utilizzati gli elementi di valutazione di cui alle
lettere b) e c) adeguatamente semplificati in relazione al diverso
livello di professionalità dei profili interessati;
b) per i passaggi alla prima posizione
economica successiva ai trattamenti tabellari iniziali delle
categorie B e C, gli elementi di cui alla lettera c) sono integrati
valutando anche l’esperienza acquisita;
c) per i passaggi alla seconda posizione
economica, successiva ai trattamenti tabellari iniziali delle
categorie B e C, previa selezione in base ai risultati ottenuti,
alle prestazioni rese con più elevato arricchimento professionale,
anche conseguenti ad interventi formativi e di aggiornamento
collegati alle attività lavorative ed ai processi di
riorganizzazione, all’impegno e alla qualità della prestazione
individuale;
d) per i passaggi all’ultima posizione
economica delle categorie B e C nonché per la progressione
all’interno della categoria D, secondo la disciplina dell’art.
12, comma 3, previa selezione basata sugli elementi di cui al
precedente punto c), utilizzati anche disgiuntamente, che tengano
conto del:
- diverso impegno e qualità delle prestazioni svolte , con
particolare riferimento ai rapporti con l’utenza;
- grado di coinvolgimento nei processi lavorativi dell’ente,
capacità di adattamento ai cambiamenti organizzativi,
partecipazione effettiva alle esigenze di flessibilità;
- iniziativa personale e capacità di proporre soluzioni
innovative o migliorative dell’organizzazione del lavoro.
Temo che la selettività della procedura per le progressioni orizzontali al Comune di Roma sia molto più scarsa. Consultando, in Amministrazione Trasparente, il conto annuale del personale riferito al 2016, si legge che al 31.12.2016 il Comune aveva 23.181 dipendenti di ruolo, dei quali 5.290 occupavano le ultime posizioni economiche di sviluppo della rispettiva categoria di appartenenza. I 5.290 certamente non avevano titolo per partecipare alla selezione, in quanto avevano già ottenuto il massimo degli aumenti stipendiali. Ora 23.181 - 5.290 dà 17.891, cui togliere quei 17, che, stando all'articolo del Messaggero, non possedevano gli altri requisiti (2 anni nella stessa posizione e non aver ricevuto nel biennio precedente la sanzione disciplinare definitiva della sospensione dal servizio superiore a dieci giorni o più grave). Si ottiene un numero di 17.874 dipendenti aventi titolo a partecipare. Se effettivamente verrà confermata la progressione per 15.548 dipendenti, il premio verrà quindi ottenuto dall'86,99% degli aventi titolo. Questa è la reale misura della scarsissima selettività della procedura: hanno ottenuto la PEO quasi 9 su 10 degli aventi titolo per partecipare. Una violazione ancora più smaccata e frontale della norma che fa riferimento a una “quota limitata di dipendenti”.
RispondiEliminaAncora più scarsa sarebbe la selettività se si conteggia, tra gli aventi titolo, chi ha effettivamente presentato domanda... In ogni caso, chi per contratto non può partecipare alla “competizione” non può essere considerato nel conteggio sulla selettività della procedura.
Interessante è vedere come il Comune di Roma illustra al collegio dei revisori l'attuazione del principio di selettività delle progressioni di cui parliamo. Andanno a guardare l'apposita sezione obbligatoria della relazione illustrativa al contratto decentrato 10.07.2017 che ha previsto queste PEO, alla voce “illustrazione e specifica attestazione della coerenza con il principio di selettività delle progressioni economiche”, il Comune di Roma si limita a scrivere che la selettività “è assicurata mediante le previsioni di cui al titolo III del nuovo contratto”, che è appunto la parte del contratto decentrato che ha regolato questa selezione per le PEO. In sostanza, il Comune dice che per misurare la selettività basta consultare i criteri mediante i quali si attribuisce il punteggio con cui si forma la graduatoria. Il Comune quindi “dimentica” che la selettività non dipende dai criteri di selezione, ma dal numero di persone che potranno superare la selezione stessa in base al budget stanziato. A prescindere dai criteri per l'attribuzione del punteggio, se la graduatoria viene scorsa fino alla fine, dato che il budget lo consente (e a grandi linee sembra essere questa la situazione, stando ai numeri citati dal Messaggero), la selettività semplicemente è annullata. Come mai i revisori non hanno avuto niente da obiettare su questo?