I giornali del 27 gennaio 2018 raccontano la cronaca della chiusura degli “Stati generali della PA”,
organizzata dall’Associazione Classe Dirigenti delle Pubbliche Amministrazioni
(Agdp) come di una levata di scudi contro l’Anac.
Lo spunto è fornito dalla
relazione conclusiva del presidente dell’associazione, Pompeo Savarino, secondo
il quale “Il groviglio di regole e procedimenti amministrativi costringe
oggi le pubbliche amministrazioni a inondare l'Anac di richieste di pareri,
creando lungaggini e forti disagi per aziende e cittadini. Piuttosto che
inseguire degli adempimenti solo formali, si affronti il problema
concretamente, ad esempio riconoscendo alla magistratura poteri effettivi per
la lotta alla corruzione con l'istituzione di un distretto di magistrati
anticorruzione a livello nazionale, come avviene con la lotta alla mafia”.
Non mancheranno certamente le
risposte da parte dell’Anac e della politica a queste dichiarazioni, che
verosimilmente saranno prese come un attacco all’autorità anticorruzione,
mentre la loro sostanza è totalmente diversa.
Obiettivo del problema posto
dall’Agdp non è certo l’authority, ma i compiti che la legge le ha assegnato ed
il modo col quale è perseguito l’obiettivo della lotta alla corruzione ed alla
trasparenza.
Partiamo dal principio. Nel 1993,
col d.lgs 29/1993, la riforma della pubblica amministrazione ci raccontarono
venne adottata per passare da una gestione del procedimento ad una funzione
realmente manageriale, capace di valorizzare la discrezionalità operativa nel
destinare le risorse assegnate dalla politica ai manager pubblici al miglior
conseguimento degli obiettivi posti.
Lo slogan che ha accompagnato la
riforma, ma che ancora oggi è molto utilizzato, lo abbiamo sentito e risentito:
“bisogna passare dalla cultura dell’adempimento, alla cultura del risultato”.
Qualche esempio:
- da
http://www.agid.gov.it/notizie/2015/02/05/digitale-pa-cultura-delladempimento-del-servizio-al-cittadino:
Digitale e PA, dalla cultura dell'adempimento a quella del servizio al
cittadino
Competenze digitali, indispensabili per trasformare il rapporto fra
amministrazione e cittadini
Digitale e PA, dalla cultura dell'adempimento a quella del servizio
al cittadino
Un momento di confronto significativo, quello che si
è tenuto questa mattina a Palazzo Vidoni, dove esponenti del mondo delle
istituzioni, della politica e della società civile, si sono confrontati sul
tema delle competenze digitali nell’amministrazione pubblica. Capacità nuove
che permettano a chi lavora nel settore pubblico di migliorare processi,
modelli organizzativi per offrire i servizi che servono a migliorare la vita
quitidiana di cittadini e imprese.
“Agire sulle competenze digitali significa anche cambiare mentalità e
approccio di chi lavora nella pubblica amministrazione" – ha dichiarato
Alessandra Poggiani, Direttore Generale dell’Agenzia per l’italia Digitale –
"Bisogna passare dalla cultura dell’adempimento a quella del servizio.
Le tecnologie permettono di offrire servizi piú facili e comodi, ma solo se
cambiamo anche i processi. Non dobbiamo digitalizzare la burocrazia, ma rendere
la pubblica amministrazione piú semplice usando tutti gli strumenti che
l'innovazione digitale ci mette a disposizione. Per farlo serve maggiore cultura
dell'innovazione e piú competenze digitali in tutta la PA: a partire dalla
dirigenza".
- da
http://www.unica.it/pub/7/show.jsp?id=8404&iso=22&is=7
DALLA CULTURA DELL’ADEMPIMENTO ALLA CULTURA DEL RISULTATO
A Cagliari si parla della riforma Brunetta
Videonotizia realizzata dal centro di produzione UnicaTV
“Dalla cultura dell’adempimento alla cultura del risultato”:
nelle parole del professor Alessandro Spano, docente di Economia aziendale,
per la Pubblica amministrazione c’è la sfida della quale si è discusso
durante un seminario che ha offerto un’approfondita analisi di coerenza degli
strumenti manageriali con le finalità della legge delega 15/2009 e dello schema
di decreto legislativo approvato dal Governo nel maggio scorso, i due
provvedimenti meglio noti come “Riforma Brunetta”. L’iniziativa è stata curata
dai docenti dell’area pubblica amministrazione del Dipartimento di Ricerche
- da
http://www.lastampa.it/2016/07/14/italia/cronache/cantone-allattacco-i-piani-anticorruzione-sono-rimasti-dei-pezzi-di-carta-JL7vLzHpDKgybqzSXq2a1H/pagina.html
Poi c’è il nodo delle Pa. Perché, ammette Cantone, è rimasto
sostanzialmente «un pezzo di carta» il piano anticorruzione delle
amministrazioni. Un’affermazione basata sui numeri. Sono stati esaminati 1.900
piani, la cui qualità, spiega il presidente dell’Anac, «appare modesta».
L’analisi del contesto esterno è assente per oltre l’84% dei casi, la mappatura
dei processi delle aree a rischio obbligatorie è di scarsa qualità in circa 3/4
dei casi, mentre le misure di trattamento del rischio sono adeguate solo in 4
casi su 10. «Queste criticità sono confermate anche dall’attività di vigilanza:
nel corso del 2015, sono stati aperti ben 929 procedimenti istruttori, alcuni
relativi ad importanti amministrazioni come Roma Capitale e il ministero dello
Sviluppo economico». Secondo il numero uno dell’Anac «l’attuazione
insoddisfacente del Pna (Piano nazionale anticorruzione, ndr) è riconducibile a
diversi fattori». A cominciare dalle difficoltà organizzative delle amministrazioni,
complice la scarsità delle risorse finanziarie». Per non parlare del «diffuso
atteggiamento di mero adempimento formale, limitato ad evitare le
responsabilità in caso di mancata adozione del Piano». Una situazione
aggravata dal «problema, sempre più evidente, dell’isolamento del Responsabile
della prevenzione della corruzione (Rpc) nella formazione e nell’attuazione del
Piano, a fronte del sostanziale disinteresse degli organi di indirizzo
politico, che il più delle volte si limitano a ratificare il suo operato,
approvando il Piano senza alcun approfondimento o supporto reale
all’attività».
Inutile continuare, esempi di
dichiarazioni, seminari, convegni, interviste, libri, articoli e altri
approfondimenti sulla necessità di abbandonare la cultura dell’adempimento a
favore di quella del risultato possono essere facilmente reperiti in rete.
Il principio è innegabilmente
corretto. La pubblica amministrazione dovrebbe svolgere la propria attività in
primo luogo per ottenere risultati a beneficio della popolazione amministrata,
congrui ai fini determinati dall’indirizzo politico; quindi, il compito
dell’amministrazione non dovrebbe limitarsi al semplice fine di “adempiere”,
cioè garantire il formale rispetto di un obbligo posto da leggi o altre regole
similari, a prescindere poi dall’utilità concreta della corretta procedura
seguita e della perfezione formale dei provvedimenti elaborati.
Il messaggio in filigrana di
queste riflessioni è: sono i burocrati (in senso dispregiativo) che si ostinano
a rifiutare la cultura del risultato, ed ingessano la PA con un
atteggiamento antiquato e finalizzato a fuggire dalle responsabilità, attenti
solo alla formalità.
Da qui, dunque, prendono l’avvio
accanite analisi e discussioni su come riformare la PA per farla
lavorare “come un’azienda”, modernizzarla ed infondere la “cultura del
risultato”.
Ma, è proprio vero che è la
“burocrazia” intesa come insieme di dirigenti e funzionari pubblici che
detengono il reale potere (“buro” viene da bureau, cioè, ufficio;
“crazia”, dal greco kράτος, kratos, cioè “forza, potere”) a rifugiarsi, paurosa,
nella cultura dell’adempimento?
Oppure, è il
legislatore che, incapace di assegnare reali poteri gestionali ed
organizzativi, impone i meri adempimenti a suon di responsabilità spesso solo
formali ad esso connesse?
Vediamo una
ricostruzione sicuramente solo parziale di alcune disposizioni normative, per
scoprirlo, tenendo presente che l’azione amministrativa oltre ad essere
soggetta alle normali responsabilità disciplinari, civili e penali, incontra
speciali responsabilità solo proprie della PA: quella erariale e contabile,
quella da danno da immagine, quella dirigenziale.
Ecco qui una
tabella riassuntiva:
n.
|
Norma
|
Adempimento
|
Responsabilità
|
1
|
Art.
7, c. 6, d.lgs 165/2001
|
Incarichi
di collaborazione esterna solo per elevate specializzazioni, avendo cura di
controllare l’inesistenza di professionalità interne e altri presupposti
|
Amministrativa
– erariale
|
2
|
Art.
33, c. 2, d.lgs 165/2001
|
Avvio
procedure di esubero del personale
|
Innominata:
amministrativa erariale
|
3
|
Art. 36, c. 5, e 5-quater d.lgs
165/2001
|
Assunzioni
con contratti flessibili, solo per fabbisogni temporanei
|
Innominata:
amministrativa – erariale
|
4
|
Art. 54, d.lgs 165/2001
|
Applicazione
codice di comportamento (dpr 62/2013)
|
Disciplinare,
civile, amministrativa, penale
|
5
|
Art. 55-bis, c. 7 d.lgs 165/2001
|
Obbligo
di attivare l’azione disciplinare
|
Disciplinare
(ma anche erariale)
|
6
|
Art. 55-quater, c. 3-quinquies
|
Omessa
attivazione del procedimento disciplinare e della sospensione cautelare
|
Disciplinare
e anche da danno di immagine
|
7
|
Art. 57. c. 05 e 1-bis, d.lgs
165/2001
|
Mancata
costituzione Comitato Unico di Garanzia; mancato invio alla consigliera di
parità delle nomine dei componenti delle commissioni di concorso
|
Dirigenziale
|
8
|
Art.
14, c. 1-quater, d..gs 33/2013
|
Rispetto
degli obiettivi di trasparenza indicati negli atti di incarico dirigenziale
|
Dirigenziale
|
9
|
Art.
15, c. 3, d.lgs 33/2013
|
Obbligo
di pubblicare gli incarichi dirigenziali esterni ed a collaboratori esterni
|
Dirigenziale,
disciplinare, civile ed erariale
|
10
|
Art. 26, c. 3, d.lgs 33/2013
|
Obbligo
di pubblicare tutti i contributi o vantaggi economici, di importo superiore
ai 1.000 euro
|
Risarcimento
del danno in sede di giudizio amministrativo ed erariale
|
11
|
Art. 46, d.lgs 33/2013
|
Obbligo
di effettuare tutte le pubblicazioni imposte dalla legge (228 tipologie) e
rifiuto, differimento o limitazione dell’accesso civico in assenza dei
presupposti di cui all’articolo 5-bis del d.lgs 33/2013
|
Dirigenziale
e da danno di immagine
|
12
|
Art. 47, d.lgs 33/2013
|
Comunicazione
delle informazioni imposte dall’articolo 14
|
Responsabilità
amministrativa depenalizzata
|
13
|
Art. 6-ter, c. 3 d.lgs 82/2005
|
Obbligo
di aggiornare gli indirizzi delle PA
|
Dirigenziale
|
14
|
Art.
12, c. 1, d.lgs 82/2005
|
Rispetto
di tutti gli obblighi imposti dal Codice dell’amministrazione digitale
|
Dirigenziale
|
15
|
Art.
47, d.lgs 82/2005
|
Obblighi
di trasmissione tra PA solo via Pec
|
Erariale,
dirigenziale e disciplinare
|
16
|
Art. 65, d.lgs 82/2005
|
Avvio
del procedimento a seguito di istanza trasmetta per via telematica
|
Dirigenziale
e disciplinar
|
17
|
Art. 2, c. 9, l. 241/1990
|
Rispetto
dei termini dei procedimenti
|
Disciplinare,
erariale
|
18
|
Art.
18-bis, c. 1, l. 241/1990
|
Mancato
rilascio della ricevuta relativa alla presentazione di istanze, segnalazioni
o comunicazioni
|
Innominata
(disciplinare)
|
19
|
Art.
6, c. 7, 12 e 13, d.l. 78/2010, conv. In l. 122/2016
|
Riduzione
delle spese per incarichi esterni, missioni e formazione ai dipendenti
|
Innominata
(erariale)
|
20
|
Art.
72, c. 3, Dpr 445/2000
|
Obbligo
di verificare le dichiarazioni sostitutive a richiesta di altre PA entro 30
giorni
|
Violazione
dei doveri d’ufficio (responsabilità penale?)
|
21
|
Dpr
62/2013
|
Rispetto
di tutti gli obblighi ivi previsti
|
Disciplinare,
civile, amministrativa, erariale, penale
|
22
|
Art. 1, c. 12, l. 190/2012
|
Responsabilità
del responsabile della prevenzione della corruzione per la commissione di
reati contro la P.Anell’ente
|
Disciplinare,
erariale e danno di immagine
|
23
|
Art. 1, c. 14, l. 190/2012
|
Responsabilità
del responsabile della prevenzione della corruzione per reiterate violazioni
al piano triennale di prevenzione della corruzione
|
Dirigenziale
|
24
|
Decreto
Ministero dell’Interno 25.9.2015
|
Verifiche
sull’antiriciclaggio
|
Dirigenziale
|
25
|
Delibera
Anac 11 gennaio 2017
|
Obbligo
del Rup di attivare le gare entro 90 giorni dall’acquisizione del Cig
|
Amministrativa
depenalizzata
|
La tabella si riferisce alle
responsabilità trasversali, ricavabili da norme di legge o di regolamento
statali. Molti di questi obblighi, come si nota, discendono dalla normativa
anticorruzione.
Non sono stati elencati tutti e
on si è tenuto conto degli adempimenti di norme “verticali” per specifici
settori, e connesse ulteriori responsabilità, né della lievitazione degli
adempimenti, derivante dalla soft regulation dell’Anac. Ad
esempio, le Linee Guida sull’accesso civico “consigliano” la creazione del
registro delle domande di accesso. Non si capisce ancora se possano derivare
sanzioni nel caso di mancata costituzione di tale atto.
Come si nota, la ridda di adempimenti formali, cui
conseguono altrettante responsabilità esclusivamente ricondotte alla loro
formale violazione, senza alcuna influenza sul risultato concreto, è enorme. Si
può davvero affermare, allora, che, al di là degli slogan, davvero chi imposta
le regole operative ha inteso organizzare il funzionamento della PA per
risultati e non per adempimenti formali? Inoltre, con questo diluvio di norme
che impongono veri e propri meri adempimenti, spesso solo formali, è davvero
possibile immaginare che la PA possa superare la “cultura
dell’adempimento” a favore di quella del risultato? Si può davvero passare
dall’adempiere al funzionare?
Altra domanda: siamo sicuri,
comunque, che la ridda di adempimenti e di responsabilità sia realmente in
grado di contrastare efficacemente la corruzione e di garantire la trasparenza?
Lo scorso anno vennero censiti i
caricamenti necessari
alla trasparenza: 228. Cosa significa, sul piano operativo, dover garantire
tutti questi caricamenti? Immaginiamo di doverli aggiornare almeno 3
volte l'anno (conto assolutamente per difetto). Ne vengono fuori 684.
Moltiplichiamo allora i caricamenti per le circa 20.000 amministrazioni
pubbliche operanti in Italia: i caricamenti totali sono, così, non meno di
13.680.000.
Stabiliamo, ora, un tempo per
raccogliere il materiale informativo, verificarlo, digitarlo e pubblicarlo:
anche in questo caso, rimaniamo stretti e diciamo 20 minuti a caricamento.
Moltiplichiamo il totale dei caricamenti per i 20 minuti: risultano 273.600.000
minuti, che tradotti in ore sono 4.560.000 ore di lavoro, che rapportate a
1.500 ore lavorative annue di un dipendente, costituiscono 3.040 unità
lavorative integralmente dedicate alla sola attività di caricamento dei dati, a
testa bassa, ogni ora, ogni minuto di ogni giorno.
Migliaia
di dipendenti ogni anno sono impiegati, dunque, solo per caricare i dati
connessi alla trasparenza e all’anticorruzione.
Tutto
questo aiuta davvero la trasparenza? Gli adempimenti formali contrastano la
corruzione? Le sanzioni che l’Anac è chiamata ad irrogare ai responsabili
anticorruzione delle singole amministrazioni per il caso di violazione degli
adempimenti o dei caricamenti o perfino per gli atti corruttivi realizzati da
altri, sono un reale deterrente alla corruzione? Un sistema che irroga sanzioni
a carico di chi produca il piano triennale della prevenzione della corruzione
che, secondo l’esegesi dell’Anac, risulti troppo simile a quello dell’anno
precedente o con un’analisi “del contesto esterno” non soddisfacente può considerarsi
realmente come un ostacolo a chi vuole corrompere? E’ l’analisi del contesto
esterno lo strumento contro la corruzione?
Le
parole del presidente dell’Agdp vogliono chiaramente essere la sintesi dei
dubbi che sovvengono alle amministrazioni le cui spalle sono piegate da una
miriade di adempimenti, imposti da norme di legge e di nuova tipologia, come le
Linee Guida sul codice degli appalti: regole che vanno di molto oltre la
previsione generale ed astratta, per spingersi fino ad indicare in modo vincolante,
quanti anni di esperienza deve avere un Rup, quale scuola deve aver
frequentato, cosa specificamente fa una commissione di gara. Una ridda di
regole con le quali un’autorità preposta a regolamentare un mercato finisce per
fare da “capo ufficio” e disporre regole organizzative di dettaglio, imponendo
tempistiche, come quelle per la richiesta dei nominativi dei componenti delle
commissioni (ancora, comunque, non a regime per la mancanza della normativa
sulla qualificazione delle stazioni appaltanti) tali solo da allungare i tempi,
incrementare appunto gli adempimenti, introdurre “trappole” amministrative.
Mentre gli appalti e gli investimenti restano ancora a languire e i corruttori
sono scoperti regolarmente solo da inchieste giudiziarie, indagini di polizia,
intercettazioni, inchieste giornalistiche a mo’ di agenti provocatori.
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