lunedì 26 marzo 2018

Posizioni organizzative obbligatorie



Le amministrazioni locali prive di dirigenti sono vincolate necessariamente ad assegnare gli incarichi nell’area delle posizioni organizzative ai dipendenti in posizione apicale.

La regola si ricava dalla combinazione delle disposizioni contenute da un lato nell’articolo 109, comma 2, del d.lgs 267/2000, e dall’altro nell’articolo 17 della preintesa del 21 febbraio.
Tale ultima disposizione stabilisce: “Negli enti privi di personale con qualifica dirigenziale, i responsabili delle strutture apicali, secondo l’ordinamento organizzativo dell’ente, sono titolari delle posizioni organizzative disciplinate dall’art. 13”.
La norma contrattuale evidenzia l’identità tra la preposizione alle strutture apicali e la titolarità dell’incarico di posizione organizzativa.
Come rilevato sopra, tale previsione contrattuale si salda con il disposto dell’articolo 109, comma 2, del Tuel: “nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all'articolo 107, commi 2 e 3, fatta salva l'applicazione dell'articolo 97, comma 4, lettera d), possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione”.
Occorre, però, ricostruire l’ordine logico-giuridico sulla base del quale i funzionari non aventi qualifica dirigenziale acquisiscono quello che ai sensi dell’articolo 17 della preintesa è da considerare un vero e proprio diritto soggettivo (posto contrattualmente) all’incarico nell’area delle posizioni organizzative:
1)                 il sindaco individua tra i funzionari apicali quelli da incaricare come responsabili degli uffici e dei servizi;
2)                 adotta il provvedimento motivato di incarico che li prepone alla direzione delle strutture di vertice dell’ente;
3)                 in questo modo, gli incaricati acquisiscono il diritto all’incarico come posizione organizzativa;
4)                 al provvedimento motivato di incarico, che ha veste di atto amministrativo, segue l’assegnazione della posizione organizzativa, con atto avente natura contrattuale.
La preintesa evidenzia, nell’articolo 17, che i responsabili dei servizi debbono necessariamente essere titolari degli incarichi nell’area delle posizioni organizzative di cui all’articolo 13 della medesima preintesa.
Occorre evidenziare che tale disposizione è leggermente imprecisa. Infatti l’articolo 13, comma 1, della preintesa distingue due tipologie di posizioni organizzative, per:
a) lo svolgimento di funzioni di direzione di unità organizzative di particolare complessità, caratterizzate da elevato grado di autonomia gestionale e organizzativa;
b) lo svolgimento di attività con contenuti di alta professionalità, comprese quelle comportanti anche l’iscrizione ad albi professionali, richiedenti elevata competenza specialistica acquisita attraverso titoli formali di livello universitario del sistema educativo e di istruzione oppure attraverso consolidate e rilevanti esperienze lavorative in posizioni ad elevata qualificazione professionale o di responsabilità, risultanti dal curriculum.
Il diritto all’incarico nell’area delle PO, dunque, è da ritenere scatti esclusivamente per l’ipotesi sotto la lettera a), che corrisponde esattamente alla funzione di direzione di strutture amministrativa di cui si occupa anche l’articolo 109, comma 2, del d.lgs 267/2000.
In effetti, la posizione organizzativa della tipologia B, definibile “di alta professionalità” è attribuibile senza alcuna stretta connessione con la preposizione alla direzione di strutture amministrative, perché tipicamente rivolta a compensare funzioni “di staff”: attività di elevata professionalità (come progettazioni speciali o ufficio legale), che richiedono prevalentemente non la funzione di direzione di uffici, bensì l’esercizio di specifiche competenze professionali personali, non necessariamente richiedenti la direzione di strutture.
Quindi, il diritto alla posizione organizzativa emerge solo per il caso della preposizione a strutture di vertice, ma non per le alte professionalità, rispetto alle quali vi è una discrezionalità potenzialmente più elevata nello scegliere eventuali destinatari; tuttavia, comunque il possesso dei titoli di specializzazione non può non orientare in modo piuttosto vincolistico la scelta del sindaco, una volta che l’assetto organizzativo del comune stabilisca di contemplare figure di staff di alta specializzazione.
E’ la stretta connessione tra l’articolo 109, comma 2, del d.lgs 267/2000 e le disposizioni contrattuali (anche con i Ccnl del 1999 si disponeva espressamente la corrispondenza tra funzione apicale e incarico di PO) ad evidenziare come negli enti locali di piccole-medie dimensioni non sia possibile attribuire gli incarichi di PO a chi non disponga della qualifica apicale, cioè la D, qualora sia prevista questa nell’assetto organizzativo.
I responsabili degli uffici e dei servizi per essere preposti a strutture apicali non possono che essere qualificati nella qualifica apicale dell’ente.
La situazione nella quale una struttura apicale risulti priva di un responsabile di corrispondente qualifica non può che essere considerata una patologia organizzativa dell’ente, dovuta sia a non corretta organizzazione, sia anche a conseguenze dei lunghi periodi di blocco delle assunzioni e strette finanziarie di ogni tipo.
Da qui si comprende come l’attribuzione delle posizioni organizzative a personale di categoria C anche in enti nei quali siano previste come categorie apicali le D non possa non essere una soluzione temporanea ed eccezionale.
Il comma 2 dell’articolo 17 della preintesa ha lo scopo di evitare in proposito qualsiasi equivoco interpretativo. L’articolo 109, comma 2, del d.lgs 267/2000, infatti, stabilisce che gli incarichi di responsabili di servizio possano essere assegnati anche in deroga a qualsiasi altra disposizione. In molti, ancora, leggono tale norma come autorizzazione appunto a derogare alle regole generali sulla gerarchia e contrattuali, così da fondare una possibilità di assegnare lecitamente gli incarichi di direzione tanto a personale di categoria D, quanto a personale di categoria C, indifferentemente. Ma, il comma 2 dell’articolo 17 della preintesa, appunto, dispone che “in materia di conferimento degli incarichi di posizione organizzativa nell’ipotesi considerata nell’art. 13, comma 2, lett. a), trova applicazione, in via esclusiva, la disciplina della suddetta clausola contrattuale per la parte relativa alla individuazione della categoria dei lavoratori che possono essere incaricati della responsabilità delle posizioni organizzative negli enti privi di personale con qualifica dirigenziale, anche nella vigenza dell’art. 109, comma 2, del D.Lgs.n.267/2000”.
In maniera un po’ bizantina, quindi, il Ccnl deroga alla deroga, ed impone di assegnare gli incarichi di direzione solo agli apicali, mitigando questa rigorosa (e corretta, sul piano organizzativo) previsione, con la possibilità di assegnare gli incarichi a dipendenti di categoria C, in via temporanea (è da ritenere per i 3 anni di durata massima degli incarichi di PO):
a)                  nel caso di mancata totale copertura delle qualifiche di categoria D (ma, allora, perché l’ente non modifica la dotazione cancellando le categorie D?);
b)                 nel caso di assenza di categorie D in una certa struttura ed accertata impossibilità di assegnare nemmeno un interim, purchè si avviino le procedure selettive di reclutamento ed il dipendente di categoria C individuato disponga della necessaria competenza professionale.
Non si può non sottolineare la curiosa circostanza che l’articolo 17, comma 3, della preintesa configuri l’incarico eccezionale a categorie C sostanzialmente come una mansione superiore (si noti la connessione alle procedure selettive e alla durata massima degli incarichi), tuttavia il comma 5 esclude proprio che si possa attribuire ai dipendenti di categoria C la mansione superiore. Ciò fornisce la certezza che il trattamento tabellare resta quello proprio della categoria C di appartenenza. Rimane il dubbio se anche la retribuzione di posizione e risultato restino quelle proprie di una categoria C. La mancanza di mansioni superiori suggerisce di sì, ma stride moltissimo con questa conclusione la consapevolezza che il dipendente di categoria C risulterebbe chiamato, anche per un periodo non breve, a svolgere funzioni apicali proprie di una PO di categoria D, risultando, tuttavia, pagato molto meno.

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