Le amministrazioni locali prive
di dirigenti sono vincolate necessariamente ad assegnare gli incarichi
nell’area delle posizioni organizzative ai dipendenti in posizione apicale.
La regola si ricava dalla
combinazione delle disposizioni contenute da un lato nell’articolo 109, comma
2, del d.lgs 267/2000, e dall’altro nell’articolo 17 della preintesa del 21
febbraio.
Tale ultima disposizione
stabilisce: “Negli enti privi di personale con qualifica dirigenziale, i
responsabili delle strutture apicali, secondo l’ordinamento organizzativo
dell’ente, sono titolari delle posizioni organizzative disciplinate
dall’art. 13”.
La norma contrattuale evidenzia
l’identità tra la preposizione alle strutture apicali e la titolarità dell’incarico
di posizione organizzativa.
Come rilevato sopra, tale
previsione contrattuale si salda con il disposto dell’articolo 109, comma 2,
del Tuel: “nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le
funzioni di cui all'articolo 107, commi 2 e 3, fatta salva l'applicazione
dell'articolo 97, comma 4, lettera d), possono essere attribuite, a seguito di
provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi,
indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni
diversa disposizione”.
Occorre, però, ricostruire
l’ordine logico-giuridico sulla base del quale i funzionari non aventi
qualifica dirigenziale acquisiscono quello che ai sensi dell’articolo 17 della
preintesa è da considerare un vero e proprio diritto soggettivo (posto
contrattualmente) all’incarico nell’area delle posizioni organizzative:
1)
il sindaco individua tra i funzionari apicali quelli da
incaricare come responsabili degli uffici e dei servizi;
2)
adotta il provvedimento motivato di incarico che li prepone
alla direzione delle strutture di vertice dell’ente;
3)
in questo modo, gli incaricati acquisiscono il diritto
all’incarico come posizione organizzativa;
4)
al provvedimento motivato di incarico, che ha veste di atto
amministrativo, segue l’assegnazione della posizione organizzativa, con atto
avente natura contrattuale.
La preintesa evidenzia,
nell’articolo 17, che i responsabili dei servizi debbono necessariamente essere
titolari degli incarichi nell’area delle posizioni organizzative di cui
all’articolo 13 della medesima preintesa.
Occorre evidenziare che tale
disposizione è leggermente imprecisa. Infatti l’articolo 13, comma 1, della
preintesa distingue due tipologie di posizioni organizzative, per:
a) lo svolgimento di funzioni di
direzione di unità organizzative di particolare complessità, caratterizzate da
elevato grado di autonomia gestionale e organizzativa;
b) lo svolgimento di attività con
contenuti di alta professionalità, comprese quelle comportanti anche
l’iscrizione ad albi professionali, richiedenti elevata competenza
specialistica acquisita attraverso titoli formali di livello universitario del
sistema educativo e di istruzione oppure attraverso consolidate e rilevanti
esperienze lavorative in posizioni ad elevata qualificazione professionale o di
responsabilità, risultanti dal curriculum.
Il diritto all’incarico nell’area
delle PO, dunque, è da ritenere scatti esclusivamente per l’ipotesi sotto la
lettera a), che corrisponde esattamente alla funzione di direzione di strutture
amministrativa di cui si occupa anche l’articolo 109, comma 2, del d.lgs
267/2000.
In effetti, la posizione
organizzativa della tipologia B, definibile “di alta professionalità” è
attribuibile senza alcuna stretta connessione con la preposizione alla
direzione di strutture amministrative, perché tipicamente rivolta a compensare
funzioni “di staff”: attività di elevata professionalità (come progettazioni
speciali o ufficio legale), che richiedono prevalentemente non la funzione di
direzione di uffici, bensì l’esercizio di specifiche competenze professionali
personali, non necessariamente richiedenti la direzione di strutture.
Quindi, il diritto alla posizione
organizzativa emerge solo per il caso della preposizione a strutture di
vertice, ma non per le alte professionalità, rispetto alle quali vi è una
discrezionalità potenzialmente più elevata nello scegliere eventuali
destinatari; tuttavia, comunque il possesso dei titoli di specializzazione non
può non orientare in modo piuttosto vincolistico la scelta del sindaco, una volta
che l’assetto organizzativo del comune stabilisca di contemplare figure di
staff di alta specializzazione.
E’ la stretta connessione tra
l’articolo 109, comma 2, del d.lgs 267/2000 e le disposizioni contrattuali
(anche con i Ccnl del 1999 si disponeva espressamente la corrispondenza tra
funzione apicale e incarico di PO) ad evidenziare come negli enti locali di
piccole-medie dimensioni non sia possibile attribuire gli incarichi di PO a chi
non disponga della qualifica apicale, cioè la D, qualora sia prevista questa
nell’assetto organizzativo.
I responsabili degli uffici e dei
servizi per essere preposti a strutture apicali non possono che essere
qualificati nella qualifica apicale dell’ente.
La situazione nella quale una
struttura apicale risulti priva di un responsabile di corrispondente qualifica
non può che essere considerata una patologia organizzativa dell’ente, dovuta
sia a non corretta organizzazione, sia anche a conseguenze dei lunghi periodi
di blocco delle assunzioni e strette finanziarie di ogni tipo.
Da qui si comprende come
l’attribuzione delle posizioni organizzative a personale di categoria C anche
in enti nei quali siano previste come categorie apicali le D non possa non
essere una soluzione temporanea ed eccezionale.
Il comma 2 dell’articolo 17 della
preintesa ha lo scopo di evitare in proposito qualsiasi equivoco
interpretativo. L’articolo 109, comma 2, del d.lgs 267/2000, infatti,
stabilisce che gli incarichi di responsabili di servizio possano essere
assegnati anche in deroga a qualsiasi altra disposizione. In molti, ancora,
leggono tale norma come autorizzazione appunto a derogare alle regole generali
sulla gerarchia e contrattuali, così da fondare una possibilità di assegnare
lecitamente gli incarichi di direzione tanto a personale di categoria D, quanto
a personale di categoria C, indifferentemente. Ma, il comma 2 dell’articolo 17
della preintesa, appunto, dispone che “in materia di conferimento degli
incarichi di posizione organizzativa nell’ipotesi considerata nell’art. 13,
comma 2, lett. a), trova applicazione, in via esclusiva, la disciplina della
suddetta clausola contrattuale per la parte relativa alla individuazione della
categoria dei lavoratori che possono essere incaricati della responsabilità
delle posizioni organizzative negli enti privi di personale con qualifica
dirigenziale, anche nella vigenza dell’art. 109, comma 2, del D.Lgs.n.267/2000”.
In maniera un po’ bizantina, quindi, il Ccnl deroga
alla deroga, ed impone di assegnare gli incarichi di direzione solo agli
apicali, mitigando questa rigorosa (e corretta, sul piano organizzativo)
previsione, con la possibilità di assegnare gli incarichi a dipendenti di
categoria C, in via temporanea (è da ritenere per i 3 anni di durata massima
degli incarichi di PO):
a)
nel caso di mancata totale copertura delle qualifiche di
categoria D (ma, allora, perché l’ente non modifica la dotazione cancellando le
categorie D?);
b)
nel caso di assenza di categorie D in una certa struttura ed
accertata impossibilità di assegnare nemmeno un interim, purchè si avviino le
procedure selettive di reclutamento ed il dipendente di categoria C individuato
disponga della necessaria competenza professionale.
Non si può non sottolineare la
curiosa circostanza che l’articolo 17, comma 3, della preintesa configuri l’incarico
eccezionale a categorie C sostanzialmente come una mansione superiore (si noti
la connessione alle procedure selettive e alla durata massima degli incarichi),
tuttavia il comma 5 esclude proprio che si possa attribuire ai dipendenti di
categoria C la mansione superiore. Ciò fornisce la certezza che il trattamento
tabellare resta quello proprio della categoria C di appartenenza. Rimane il
dubbio se anche la retribuzione di posizione e risultato restino quelle proprie
di una categoria C. La mancanza di mansioni superiori suggerisce di sì, ma
stride moltissimo con questa conclusione la consapevolezza che il dipendente di
categoria C risulterebbe chiamato, anche per un periodo non breve, a svolgere
funzioni apicali proprie di una PO di categoria D, risultando, tuttavia, pagato
molto meno.
Nessun commento:
Posta un commento