Ci sono sicuramente molte ragioni
per esprimere critiche nei confronti di alcuni dipendenti pubblici (è giusto
sottolineare alcuni, escludendo generalizzazioni).
I casi di vigili che si assentano
in massa per le feste di capodanno, “coperti” da certificati di malattia di
medici compiacenti (ma
non condannabili), i troppi inaccettabili casi di dipendenti infedeli che
fingono la presenza in ufficio mentre sono affaccendati in altro, i troppi
scortesi o non del tutto efficienti esistono, sono gravi, costituiscono una
lesione insanabile al bene comune dei cittadini e arrecano danni gravissimi
all’erario, ad imprese e famiglie e all’immagine degli altri dipendenti
pubblici.
La premessa era dovuta, per
evidenziare che, tuttavia, non sempre articoli e reprimende nei confronti dei
dipendenti pubblici, ma nel caso di specie la questione è particolarmente
riferita ai dipendenti del comune di Roma, colgono nel segno. Anzi, talvolta
rischiano, simili articoli, di apparire esclusivamente un tiro al piccione, la
ricerca affannosa dello scoop populista, utile per vellicare l’indignazione, far
vendere qualche copia in più e dare fastidio ad un’amministrazione locale non
troppo gradita all’editore.
I toni tipo “sono tutti
fannulloni e ladri” vanno benissimo per titoloni e comparsate televisive, ma è
necessariamente meglio analizzare i fatti alla luce delle regole che li
governano. Nel caso di specie, la rilevante assenza di dipendenti del comune di
Roma causa neve, interessa guardare alla normativa contrattuale, per capire se
e a che condizione risulti possibile un’assenza retribuita.
Prima, però, un flashback proprio
sugli articoli di giornale volti a creare il “caso”. Il titolo de Il Giornale
dell’1 marzo è esemplificativo della volontà di creare il casus belli ad ogni costo: “Stipendio
pieno agli assenti «Punito» chi è andato al lavoro”. L’idea che fornisce
questo titolo è che gli assenti si sono assentati dal lavoro in modo
ingiustificato e, quindi, lo “stipendio pieno loro spettante è qualcosa che
somiglia a un furto, mentre chi è andato al lavoro sarebbe stato punito, specie
se in relazione a chi ha preso lo stipendio rimanendo assente.
Ed ecco, ora, l’invettiva
dell’articolo: “Nevica e rinunci ad
andare al lavoro tanto arriveresti troppo tardi? Se sei un dipendente del
Comune di Roma è un'ottima idea perché
per i lavoratori della pubblica amministrazione sono previsti permessi
straordinari anche per motivi personali o familiari. E che cosa c'è di più
personale dell'impossibilità di andare al lavoro per non bagnarsi i piedi?
Dunque meglio concedersi il lusso di restare a casa e mantenere la giornata di
stipendio”.
Un momento. Ma, allora, le
assenze sono o non sono in frode al comune di Roma? Perché se non sono ammesse
assenze nel caso di nevicate, allora si tratta di una frode e, quindi,
qualsiasi reprimenda dei dipendenti assenti è corretta ed occorre, anzi, agire
senza pietà sul piano disciplinare. Ma se “sono
previsti permessi straordinari anche per motivi personali o familiari” la
questione è un’altra e si scompone così:
1) chi
si è assentato ha lecitamente fruito di questi permessi straordinari, sì o no?;
2) se
sì, in quanto appunto i permessi straordinari sono previsti per legge o per
contratto, quale sarebbe, allora, la furbizia, esattamente, a meno di non
provare che in effetti il singolo dipendente avrebbe potuto senza alcuna
difficoltà “logistica” essere al lavoro?;
3) sempre
se sì, laddove non sia possibile dimostrare che i dipendenti assenti abbiano
abusato di una possibilità stabilita da legge o contratto, l’unica lamentela
possibile sarebbe inveire contro la legge o il contratto che consente ai
lavoratori di avvalersi dei permessi straordinari.
Ma, proseguiamo nella lettura
dell’articolo del Il Giornale: “c'è stato
chi non si è fermato davanti alla neve. Impiegati
fedeli che hanno deciso di sfidare le intemperie per recarsi comunque al
lavoro”.
L’assunto, inaccettabile, è che i
dipendenti assenti è che siano, al contrario di quelli recatisi in ufficio,
“infedeli”.
L’infedeltà si ha quando in
violazione di un dovere o di un’obbligazione si vìola con sotterfugi
l’adempimento cui si è tenuti: è il caso dei furbetti del cartellino, infedeli
perché truffano il datore di lavoro, assentandosi dal servizio, fingendo, per
altro, la propria presenza.
Nel caso di specie, tuttavia,
sentenziare che ogni dipendente assente sia “infedele” appare davvero solo urlo
populista e poco altro.
Non è, infatti, negabile che a
Roma abbia nevicato per davvero. E basta leggere le cronache di quanto accaduto
il 26 febbraio per apprendere che treni sono stati cancellati o hanno subito
ritardi enormi, bus e tram hanno avuto a loro volta cancellazioni di linee e
ritardi vari, vi sono stati qui e lì incidenti e parecchi disagi e disgunzioni.
C’è da chiedersi se si ritenga
che la neve sia selettiva ed in grado di riconoscere il dipendente pubblico dal
privato, così che per il dipendente pubblico la nevicata lasci sempre le strade
linde e percorribili, i treni funzionanti ed in orario, i bus perfettamente
ligi alle tabelle di marcia ed i tram a spaccare il secondo alle fermate;
mentre per i privati, invece, no, sicchè solo eventuali assenze per le
conseguenze della nevicata nel privato (si ribadisce: “eventuali”, non si vuol
supporre qui che vi siano state, né si intende trinciare alcun giudizio in
merito) siano giustificate da una neve davvero neve.
Sembra di poter affermare che se un
dipendente pubblico abbia trovato la strada impercorribile, o gli sia stata
cancellata la corsa del mezzo di trasporto, cosa perfettamente possibile visto
che appunto treni, tram e bus sono stati cancellati e strade-saponetta ci sono
state, e quindi si sia assentato non lo abbia fatto per infedeltà.
Dovrebbero essere Il Giornale e
il datore di lavoro, nel caso di specie il Comune di Roma, a verificare con
elementi fondati se, invece, per gli assenti brillava il Sole.
Ma, continuiamo. Il vero nodo
gordiano sta in queste considerazioni dell’articolista: “Ebbene quei dipendenti fedeli
sono stati «premiati» dal Campidoglio che ai presenti ha dato l'ordine di
servizio di uscire in anticipo con l'obbligo però di recuperare le ore perse
nelle prossime settimane. Chiaro? Chi non è andato a lavorare per niente
incasserà lo stipendio pieno pur avendo perso una giornata di lavoro. Chi è
uscito per recarsi comunque al lavoro dovrà
recuperare le ore perse oltretutto non per sua scelta ma per ordine del Comune”.
Un altro attimo. Prima si
inveisce contro i dipendenti restati assenti, che però, si informa
incidentalmente, lo potrebbero teoricamente fare perché esisterebbero norme che
glielo consentono. Poi, però, nello stesso articolo, ci si stupisce che ore di
lavoro non svolte debbano essere recuperate.
L’articolo commentato fa solo
“colore” e populismo, come si nota, senza centrare il punto, ma ha dato l’avvio
ad altre invettive. Raccolte su Il Messaggero del 2 marzo, con l’articolo “Neve a Roma, dipendenti capitolini in
rivolta: «Gli assenti hanno diritto al congedo per eventi eccezionali»”,
che centra meglio i termini della questione, ma non li approfondisce e lascia
sempre la sensazione che dipendenti “infedeli” abbiano abusato di qualche
privilegio.
Racconta l’articolo: “Dipendenti capitolini sul piede di guerra
per la modalità di gestione delle assenze nella giornata di lunedì 26 febbraio,
quando a causa della nevicata gran parte dei lavoratori non sono riusciti a
raggiungere gli uffici. La decisione del Campidoglio di far giustificare le assenze con la fruizione del permesso retribuito o
con ferie o recupero festività. In sostanza, sostengono i lavoratori, se la
sindaca Virginia Raggi chiudendo le scuole ha riconosciuto l'eccezionalità
dell'evento meteorologico, non si
capisce perché i lavoratori che non sono riusciti a recarsi negli uffici
capitolini debbano «pagare» di tasca propria l'assenza utilizzando un giorno di
ferie o un permesso per motivi familiari”.
Scopriamo, allora, che il comune
di Roma ha chiesto un titolo legittimo di copertura dell’assenza dei
dipendenti:
1)
a titolo di ferie, o festitività soppresse (che
sostanzialmente sono la stessa cosa delle ferie) o di permesso retribuito, per
i dipendenti assenti l’intera giornata;
2)
a titolo di permesso orario retribuito, ma da
recuperare, per i dipendenti che, presentatisi in ufficio, hanno ricevuto
l’ordine di uscire prima del termine orario.
Infatti, come spiegato anche da
Il Giornale, informa l’articolo de Il Messaggero che i dipendenti andati in
ufficio “sono stati fatti uscire dagli
uffici alle 15 con una direttiva del
vicesindaco Luca Bergamo” e ora “«si trovano costretti anche a dover
recuperare le ore non effettivamente svolte o a dover prestare la variazione
della giornata cosiddetta lunga in altra giornata lavorativa a scelta»”.
L’articolo, infine, racconta che
“Il segretario di Uil Fpl Roma e Lazio,
Francesco Croce, ha diffidato l'amministrazione capitolina, chiedendo che «le assenze sia parziali che
per l'intero orario di lavoro del servizio, del personale capitolino,
verificatesi a causa del maltempo nella giornata del 26 febbraio vengano riconosciute come congedo orario
per eventi eccezionali in coerenza con la prima disposizione emessa.
Qualora l'amministrazione non ottemperi a quanto dettato da legge», Uil Fpl
«sarà costretta, suo malgrado, ad adottare tutte le iniziative, vertenziali e
pubbliche, ritenute idonee a tutela dei lavoratori interessati»”.
Ora, uscendo dal populismo e
dalla presentazione dei dipendenti pubblici come brutti e cattivi, analizziamo
in maniera tecnica e disincantata i fatti e le norme.
Prima considerazione: che possa
essere il vice sindaco, organo politico, come tale non dotato di nessuna
competenza in merito alla gestione del personale, spettante in via esclusiva
alla dirigenza ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del d.lgs 165/2001, stupisce
non poco. Quella “direttiva” non aveva alcun valore giuridico e avrebbero
dovuto essere i datori di lavoro, cioè i dirigenti, a dare l’indicazione ai
dipendenti di concludere anticipatamente l’attività lavorativa.
Seconda considerazione: i
dipendenti che sono rimasti assenti non possono in quanto tali essere tacciati
di infedeltà, perché effettivamente esistono norme ben precise che consentono
di usufruire di titoli legittimi di assenza.
Terza considerazione: i
dipendenti presenti in servizio, illegittimamente fatti uscire prima con un
provvedimento o decisione di organo incompetente, non ha alcun senso siano
considerati come dei truffati o vittime di soprusi. Non esiste, infatti, norma
alcuna che consenta a dipendenti pubblici di effettuare un ridotto numero di
ore rispetto al debito orario dovuto.
Per raccontare meglio e con
maggiore cognizione di causa la vicenda, sarebbe bastato andare su Google e
cercare le parole “congedo straordinario eventi naturali Aran2”. L’Aran è, come
noto agli addetti ai lavori, l’agenzia nazionale per la contrattazione, che
esprime orientamenti applicativi per la corretta attuazione delle disposizioni
dei contratti collettivi di lavoro.
Quel giornalista, ma anche quel
sindacalista o lavoratore, che volesse capire meglio i termini della questione,
se avesse fatto quella semplice ricerca, si sarebbe imbattuto in questo
orientamento applicativo dell’Aran, relativo al comparto Ministeri (non enti
locali, al quale appartiene il comune di Roma):
“Orientamenti applicativi_M50
“Qualora la prestazione lavorativa non può essere effettuata per cause derivanti da eventi naturali o
per provvedimenti autoritativi che impongono la chiusura dell'
amministrazione, come viene considerata
l’assenza del dipendente?
Nel caso in questione occorre fare riferimento al concetto di
"forza maggiore" che non è imputabile né ai lavoratori né al
datore di lavoro, con la conseguenza che quest'ultimo non è tenuto a
corrispondere la retribuzione per le ore di mancata prestazione (art. 2099 del
codice civile e Cass. Sez.Lavoro n. 481 del 1984).
Nulla vieta, però, che
l'amministrazione possa decidere di corrispondere ugualmente la retribuzione
per i giorni in cui si è verificata la situazione di forza maggiore, a
condizione che il dipendente utilizzi, per motivare l'assenza, gli strumenti
forniti dal CCNL, quali i permessi retribuiti, di cui all' art.
18 del CCNL del 16 maggio 1995, come modificato dall' art. 18 del CCNL del 12
giugno 2003 o i giorni di ferie
oppure altre modalità di recupero delle
ore non lavorate, che devono essere concordate con il dirigente. Tale
ultimo istituto può essere utilizzato soprattutto per le giornate eccedenti i
permessi retribuiti ex art. 18, o qualora gli stessi siano già stati fruiti. Al
riguardo occorre rammentare che, a seguito del D.L. 112 del 2008 convertito
nella legge 133 del 2008, tali permessi
sono quantificati in 18 ore annuali.
In proposito, il citato art. 18, comma 5 del CCNL del 12 giugno 2003
introduce la nozione dell' “oggettiva impossibilità del raggiungimento della
sede di servizio” in caso di calamità naturali, per la quale viene riconosciuta
al dipendente la facoltà di utilizzare i permessi retribuiti. Al riguardo va
anche precisato che la disposizione contrattuale non ricomprende tutte le
possibili fattispecie esistenti, per cui si ritiene che la stessa possa essere
comunque applicata, in via analogica, ad altre situazioni, nell'ambito
dell'attività gestionale svolta dall'amministrazione.
In ogni caso, a prescindere dalle analogie esistenti, occorre
rammentare che i suindicati permessi
possono essere richiesti, in primo luogo, per motivi personali e che questi
ultimi, in quanto tali, sono riconducibili
ad un'ampia casistica, tra cui può essere ricompresa anche l’oggettiva impossibilità per il
dipendente di raggiungere la sede di servizio”.
Ricapitolando, dunque:
a)
nel caso di assenza per intera giornata o per frazione
di giornata dovuta a forza maggiore, non vi è alcuna infedeltà: la forza
maggiore costituisce causa non imputabile al debitore che non abbia potuto, per
fatti non dipendenti da propria negligenza, adempiere (come prevede l’articolo
1218 del codice civile);
b)
la “forza maggiore” si è avuta:
1. in
conseguenza dell’impropria direttiva del vice sindaco, che ha ingiunto ai
dipendenti di concludere anzitempo la prestazione lavorativa (elemento che
appare provato, stando alle cronache dei giornali);
2. in
conseguenza dei disagi nei trasporti cagionati dalla neve; in questo caso,
fermo restando che non è possibile, né corretto, immaginare un’infedeltà per
ogni dipendente assente, spetta al dipendente provare che la strada fosse
impercorribile, oppure che i mezzi di trasporto non fossero fruibili, nel caso
in cui abbiano fruito del permesso per ragioni personali/familiari; se abbiano
chiesto ed ottenuto un giorno di ferie, nessuna responsabilità può essere loro
addebitata: semmai, occorrerebbe verificare con quanta diligenza sia stato il
datore di lavoro a concedere le ferie;
c)
la contrattazione nazionale collettiva di lavoro del
comparto enti locali in effetti consente appunto di assentarsi, usufruendo di
permessi retribuiti: si tratta dell’articolo 19, comma 2, del Ccnl 5 luglio
1995: “A domanda del dipendente possono
inoltre essere concessi, nell'anno, 3 giorni di permesso retribuito per
particolari motivi personali o familiari documentati, compresa la nascita di
figli”. Sempre l’Aran, con un orientamento applicativo questa volta
riferito agli enti locali, così si è espressa per il caso della nevicata:
“3.7 Ai fini della fruizione dei tre giorni di permesso retribuito previsti dall’art. 19, comma 2, del CCNL del 6.7.1995, può rappresentare una valida motivazione il verificarsi di una situazione occasionale che renda difficoltoso il raggiungimento della sede lavorativa (nevicata, sciopero dei mezzi pubblici)?
In materia, si ritiene utile precisare quanto segue:
1. data l’ampiezza e la genericità della previsione contrattuale “per particolari motivi personali o familiari”, si ritiene che nell’ambito della stessa possa essere ricondotta anche la situazione del dipendente che, in relazione alla sua particolare situazione soggettiva, possa trovarsi in una condizione di impossibilità a raggiungere la sede di lavoro (sciopero dei mezzi di trasporto; particolari situazioni metereologiche); tale possibilità è stata espressamente esplicitata nell’orientamento applicativo RAL 1211 già formulato in materia (consultabile sul sito www.aranagenzia.it, Comparto Regioni ed Autonomie Locali – Ferie e Festività);
2. in proposito, si ricorda che tale prassi applicativa era diffusa anche nel precedente regime pubblicistico relativamente modalità di possibile utilizzo dell’istituto del congedo straordinario (art.37 del DPR n.3/1957, che riconosceva a ciascun dipendente la possibilità di assentarsi a tale titolo per un massimo di 30 giorni annui retribuiti per intero);
3. la fruizione dei tre giorni di permesso retribuito è subordinata sempre alla valutazione del datore di lavoro pubblico in ordine alla insussistenza, nella giornata o nelle giornate a tal fine indicate dal dipendente, di eventuali ragioni organizzative od operative che ne impediscano la concessione;
4. infatti, nell'ambito della complessiva disciplina dell'istituto, il lavoratore non è titolare di un diritto soggettivo perfetto alla fruizione del permesso ed il datore di lavoro pubblico non è in nessun caso obbligato a concedere il permesso. Quest’ultimo, ben può, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, anche negare la fruizione dello stesso in presenza di ragioni organizzative e di servizio ritenute prevalenti rispetto all'interesse del lavoratore evidenziato nella domanda;
5. appare evidente, pertanto, che quanto più sarà motivata e giustificata la richiesta del dipendente tanto più sarà agevole la comparazione degli interessi contrapposti e la concessione del permesso;
6. conseguentemente, ove la richiesta non appaia del tutto motivata o adeguatamente giustificata, a seguito della comparazione degli interessi coinvolti di cui si è detto, il datore di lavoro potrà far valere la prevalenza delle esigenze di servizio, negando la concessione del permesso;
7. la domanda di fruizione del permesso, secondo le regole generali dovrebbe essere presentata con congruo anticipo rispetto al momento della fruizione;
8. tuttavia, in casi straordinari la domanda potrebbe essere presentata anche nella stessa giornata in cui il dipendente intende avvalersi del permesso; a tal fine l’ente, in un proprio regolamento “aziendale” di stampo privatistico, nel disciplinare gli adempimenti formali per la richiesta e la concessione dei permessi di cui si tratta, al fine di evitare applicazioni differenziate da parte dei diversi dirigenti dell’ente, potrebbe fornire anche indicazioni sulla casistica delle situazioni, di carattere eccezionale, che potrebbero legittimare la domanda del dipendente nella stessa giornata in cui intende fruire del permesso;
9. anche in questa specifica ipotesi, il datore di lavoro pubblico non può non procedere alla comparazione dell’interesse del dipendente con proprie esigenze organizzative, negando la fruizione del permesso retribuito, ove queste ultime debbano ritenersi prevalenti”.
“3.7 Ai fini della fruizione dei tre giorni di permesso retribuito previsti dall’art. 19, comma 2, del CCNL del 6.7.1995, può rappresentare una valida motivazione il verificarsi di una situazione occasionale che renda difficoltoso il raggiungimento della sede lavorativa (nevicata, sciopero dei mezzi pubblici)?
In materia, si ritiene utile precisare quanto segue:
1. data l’ampiezza e la genericità della previsione contrattuale “per particolari motivi personali o familiari”, si ritiene che nell’ambito della stessa possa essere ricondotta anche la situazione del dipendente che, in relazione alla sua particolare situazione soggettiva, possa trovarsi in una condizione di impossibilità a raggiungere la sede di lavoro (sciopero dei mezzi di trasporto; particolari situazioni metereologiche); tale possibilità è stata espressamente esplicitata nell’orientamento applicativo RAL 1211 già formulato in materia (consultabile sul sito www.aranagenzia.it, Comparto Regioni ed Autonomie Locali – Ferie e Festività);
2. in proposito, si ricorda che tale prassi applicativa era diffusa anche nel precedente regime pubblicistico relativamente modalità di possibile utilizzo dell’istituto del congedo straordinario (art.37 del DPR n.3/1957, che riconosceva a ciascun dipendente la possibilità di assentarsi a tale titolo per un massimo di 30 giorni annui retribuiti per intero);
3. la fruizione dei tre giorni di permesso retribuito è subordinata sempre alla valutazione del datore di lavoro pubblico in ordine alla insussistenza, nella giornata o nelle giornate a tal fine indicate dal dipendente, di eventuali ragioni organizzative od operative che ne impediscano la concessione;
4. infatti, nell'ambito della complessiva disciplina dell'istituto, il lavoratore non è titolare di un diritto soggettivo perfetto alla fruizione del permesso ed il datore di lavoro pubblico non è in nessun caso obbligato a concedere il permesso. Quest’ultimo, ben può, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, anche negare la fruizione dello stesso in presenza di ragioni organizzative e di servizio ritenute prevalenti rispetto all'interesse del lavoratore evidenziato nella domanda;
5. appare evidente, pertanto, che quanto più sarà motivata e giustificata la richiesta del dipendente tanto più sarà agevole la comparazione degli interessi contrapposti e la concessione del permesso;
6. conseguentemente, ove la richiesta non appaia del tutto motivata o adeguatamente giustificata, a seguito della comparazione degli interessi coinvolti di cui si è detto, il datore di lavoro potrà far valere la prevalenza delle esigenze di servizio, negando la concessione del permesso;
7. la domanda di fruizione del permesso, secondo le regole generali dovrebbe essere presentata con congruo anticipo rispetto al momento della fruizione;
8. tuttavia, in casi straordinari la domanda potrebbe essere presentata anche nella stessa giornata in cui il dipendente intende avvalersi del permesso; a tal fine l’ente, in un proprio regolamento “aziendale” di stampo privatistico, nel disciplinare gli adempimenti formali per la richiesta e la concessione dei permessi di cui si tratta, al fine di evitare applicazioni differenziate da parte dei diversi dirigenti dell’ente, potrebbe fornire anche indicazioni sulla casistica delle situazioni, di carattere eccezionale, che potrebbero legittimare la domanda del dipendente nella stessa giornata in cui intende fruire del permesso;
9. anche in questa specifica ipotesi, il datore di lavoro pubblico non può non procedere alla comparazione dell’interesse del dipendente con proprie esigenze organizzative, negando la fruizione del permesso retribuito, ove queste ultime debbano ritenersi prevalenti”.
d)
il “congedo orario per eventi eccezionali” chiesto dal
sindacato semplicemente non esiste: i dipendenti del comune di Roma che si sono
presentati al lavoro si trovano di fronte a due alterantive:
1. la
prima consiste nell’accettare che il datore di lavoro ha esercitato
legittimamente lo ius variandi organizzativo, impartendo loro la direttiva (sia
pure proveniente da organo incompetente) ad interrompere il lavoro alle 15,00 a titolo di permesso
breve, come tale obbligatoriamente da recuperare entro il mese successivo, ai
sensi della normativa contrattuale;
2. oppure,
considerare che la causa di forza maggiore, come ricorda l’Aran, comporta la
sospensione sia dell’obbligazione lavorativa del lavoratore, sia l’obbligazione
del datore di pagare la retribuzione, a meno che la sospensione dell’attività
lavorativa non sia imputabile al datore; e sulla base di questo assunto,
rivendicare che il comune di Roma, con la direttiva del vice sindaco, è stato
causa della forza maggiore da cui è derivato l’impedimento alla conclusione
regolare dell’orario di lavoro e pretendere che non vi sia il recupero delle
ore non svolte, a titolo di risarcimento del danno dovuto al fatto del
creditore, che ha impedito al debitore di adempiere.
Questi sono i fatti, queste sono
le norme. Il “colore” non c’entra nulla. Il comune di Roma ha il dovere di
pretendere dai dipendenti che si sono assentati con i permessi consentiti dal contratto
collettivo la prova dell’oggettiva impossibilità di raggiungere le sedi di
lavoro; nulla può chiedere, invece, se abbia concesso ferie.
Il comune, ancora, deve chiarire
a quale titolo abbia preteso che i dipendenti presenti, chiudessero le attività
anzitempo.
Parlare di dipendenti infedeli o
fedeli, nel caso di specie, significa solo sparare nel mucchio. Recriminare,
poi, che la contrattazione collettiva consenta il privilegio di permessi
personali che lo stesso datore di lavoro pubblico, rappresentato dall’Aran,
considera esplicitamente fruibili esattamente per l’ipotesi di nevicata, può
essere fondato, non si capisce, però, quanto utile.
Si può ulteriormente recriminare
che nel privato avversità meteorologiche che impediscano, per fatto non imputabile
né al datore, né al lavoratore, di espletare l’attività lavorativa di fatto
consentano assenze non retribuite. Ma si può anche osservare che occorra
valutare la questione caso per caso, azienda per azienda, contratto per
contratto, perché anche il privato ha la possibilità di riconoscere al
lavoratore un titolo giustificativo dell’assenza retribuita. Generalizzare ai
fini della caccia allo scoop non è mai particolarmente interessante.
Giornali e televisioni, con le loro grandi firme, non hanno come fine informare ma fare esclusivamente gli interessi dei loro editori, di tipo elettorale com'è evidente in questo caso o d'affari in altri casi. La realtà è un'altra cosa e oggi solo il web, con tutti i suoi tantissimi limiti, può offrire un'informazione libera. Infatti i detentori del potere cercano tramite intellettuali prezzolati, di limitarne o controllarne la diffusione perché ritenuto pericoloso.Bisogna interrogarsi se è più pericolosa un'informazione unica ma falsa o i 100000000 punti di vista, gratuiti, dai quali ricavare la vera notizia.
RispondiEliminaNon concordo con l'affermazione secondo cui l'Amministrazione comunale ha il dovere di pretendere dai dipendenti che si sono assentati con i permessi consentiti dal contratto collettivo la prova dell’oggettiva impossibilità di raggiungere le sedi di lavoro, anche nel casi di permessi per motivi personali. Che tipo di "prova" dovrebbero esibire i dipendenti in caso di necessità personali? Nessuna norma contrattuale fa riferimento all'obbligo di provare la sussistenza di simili esigenze.
RispondiElimina