Gli incarichi a contratto
disciplinati dall’articolo 110 del d.lgs 267/2000 (in combinazione con le
disposizioni dell’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001) restano sempre di
difficile configurazione.
Si pone da sempre un problema di
rapporto con le disposizioni generali sul lavoro a tempo determinato, che per
quanto riguarda il lavoro pubblico sono contenute nell’articolo 36, comma 2,
del d.lgs 165/2001 e negli articoli del d.lgs 81/2015 compatibili con il
diritto speciale del lavoro nel pubblico impiego.
L’articolo 110 del d.lgs 267/2000
è certamente da considerare norma speciale, almeno per quel che riguarda
l’assunzione con contratto a termine dei dirigenti. Del resto, l’articolo 29,
comma 2, lettera a), del d.lgs 81/2015 prevede l’esclusione dal campo di
applicazione della disciplina del contratto a termine dei contratti di lavoro a
tempo determinato con i dirigenti. E’ chiaro, ad esempio, che la disciplina
speciale dell’articolo 110 consente la stipulazione di contratti a termine di
durata fino alla conclusione del mandato del sindaco (teoricamente, 5 anni[1])
e non di soli 36 mesi.
Tuttavia, si pone un problema.
L’articolo 23, comma 1, del d.lgs 81/2015 impone un limite quantitativo ai
contratti a termine, pari al 20% del personale a tempo indeterminato in
servizio.
Certamente, questa disposizione
non produce effetti per i contratti delle qualifiche dirigenziali. Nel caso
degli enti locali, esiste però il limite previsto dall’articolo 110, comma 1,
secondo il quale i regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi
possono ammettere l’attivazione di tali contratti “in misura non superiore
al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica
e, comunque, per almeno una unità”.
Poiché il Ccnl 21.5.2018 non si
applica alle qualifiche dirigenziali, si deve concludere che per gli incarichi
a contratto di dirigenti non cambia nulla.
Ma, l’articolo 110 ammette gli
incarichi a contratto anche per “la copertura dei posti di responsabili dei
servizi o degli uffici”, non aventi qualifiche dirigenziali, negli enti
privi di dirigenti in dotazione organica. E sono moltissimi i comuni che si
avvalgono degli incarichi a contratto per assumere personale “apicale” in
categoria D.
A questo personale, però, non si
estendono gli effetti dell’articolo 29 del d.lgs 81/2015, riservato solo alle
qualifiche dirigenziali.
Pertanto, si pongono seri
problemi di rapporto tra disciplina dell’articolo 110 sugli incarichi a
contratto per i responsabili di servizio non aventi qualifica dirigenziale ed
applicazione del Ccnl 21.5.2018 e, in particolare, il limite del 20% dei
dipendenti con contratto a tempo indeterminato come soglia dei contratti a
termine.
E’ da tenere presente che la
norma speciale che prevede il limite del 30% della dotazione organica vale
esclusivamente per le qualifiche dirigenziali.
Non c’è, invece, alcun limite
espresso per gli incarichi a contratto non dirigenti. Quindi, manca una
regolazione speciale.
La conseguenza è che per gli
incarichi a contratto non dirigenziali, assente una regola derogatoria della
norma generale, si applica l’articolo 23, comma 1, del d.lgs 81/2015 e,
conseguentemente, anche l’articolo 50, comma 3, del Ccnl 21.5.1999.
La conclusione non può che essere
una: lungi dal poter ritenere sussistente una soglia di copertura dei posti
della dotazione organica di categoria D (sempre che alla luce della riforma
Madia sia possibile o corretto parlare di dotazione organica) pari al 100% dei
posti vacanti, al contrario gli incarichi a contratto non dirigenziali consumano
il tetto del 20% del personale a tempo indeterminato in servizio, previsto per
il totale dei contratti a termine attivabili dagli enti.
Pertanto, risolto – forse, perché
la Corte dei conti non è del tutto convinta – il problema dell’esclusione degli
incarichi a contratto dal vincolo di spesa previsto dall’articolo 9, comma 28,
del d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010, per effetto dell’articolo 16,
comma 1-quater, del d.l. 113/2016, convertito in legge 160/2016, si apre un
altro problema: il tetto “per testa” imposto da articolo 23, comma 1, del d.lgs
81/2015 (applicabile al lavoro pubblico per esplicita indicazione dell’articolo
36, comma 2, del d.lgs 165/2001) e dall’articolo 50, comma 3, del Ccnl
21.5.2018.
Anzi: non si pone un problema di interpretazione giuridica, ma di tipo
pratico. Poiché il limite certamente si applica, gli enti per il futuro
dovranno affrontare una drastica riduzione del numero degli incarichi a
contratto attivabili. Fermo restando che i contratti ex articolo 110 oggi in
atto, sovrabbondanti rispetto ai nuovi limiti numerici introdotti dal contratto
proseguono fino alla naturale scadenza, essendovi sotteso un diritto soggettivo
del lavoratore incaricato.
[1] Del tutto
erronea e inaccettabile è l’interpretazione fornita dalla Cassazione secondo la
quale gli incarichi a contratto dovrebbero avere una durata minima di tre anni:
https://www.leggioggi.it/2015/08/31/incarichi-contratto-lerronea-sentenza-cassazione-13-gennaio-2014-n-478/;
e, ulteriormente, la chiusura anticipata del mandato elettorale del sindaco non
fondi la risoluzione di diritto del contratto ex articolo 110: https://luigioliveri.blogspot.com/2017/05/spoil-system-le-contraddizioni-della.html.
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