mercoledì 13 marzo 2019

Posizioni organizzative: la durata dell'incarico non deve coincidere con quella del mandato del sindaco

Molti comuni, il 26 maggio 2019 andranno a elezioni. Pochi giorni prima, il 20, scadrà il termine imposto (con fortissimi dubbi di liceità: un contratto collettivo non pare abbia alcun potere di incidere nè su rapporti individuali, nè sull'organizzazione degli enti) dall'articolo 13, comma 3, del Ccnl 21.5.2018. La norma dispone: "Gli incarichi di posizione organizzativa di cui all’art.8 del CCNL del 31.3.1999 e all’art.10 del CCNL del 22.1.2004, già conferiti e ancora in atto, proseguono o possono essere prorogati fino alla definizione del nuovo assetto delle posizioni organizzative, successivo alla determinazione delle procedure e dei relativi criteri generali previsti dal comma 1 dell’art 14 e, comunque, non oltre un anno dalla data di sottoscrizione del presente CCNL".
E' diffusissimo un dubbio, specie nei comuni privi di dirigenti: se valga la pena di rivedere l'assetto delle posizioni organizzative pochi giorni prima dell'elezione del nuovo sindaco. Dubbio che evidentemente sorge dal presupposto - lo precisiamo subito: errato - che gli incarichi di responsabili di servizio e, conseguentemente (negli enti senza dirigenza), di posizione organizzativa debbano scadere con la conclusione del mandato del sindaco.

Il dubbio va risolto necessariamente con una sola risposta: l'elezione del nuovo sindaco è e deve essere assolutamente ininfluente rispetto alla durata dell'incarico alle posizioni organizzative e incarichi attribuiti al personale di ruolo (non, quindi, assunto con l'articolo 110 del d.lgs 267/2000) che introducano tale termine sono da considerare illegittimi.
Sul tema, è intervenuta in modo chiarissimo la Cassazione con la sentenza 18 aprile 2017, n. 9728, qui commentata da chi scrive.
La sentenza degli ermellini è tranciante e molto chiara: "La previsione di un'anticipata cessazione ex
lege dell'incarico dirigenziale deresponsabilizza il dirigente dall'assunzione dei risultati
amministrativi e rende arbitraria l'adozione di poteri di rimozione causalmente giustificabili
soltanto nell'ottica della rispondenza ad un pubblico superiore interesse e non certo alla
circostanza transeunte del mutamento dell'organo investito del potere di nomina. La revoca
delle funzioni legittimamente conferite ai dirigenti può, dunque, essere conseguenza soltanto di
una accertata responsabilità dirigenziale, in presenza di determinati presupposti e all'esito di
un procedimento di garanzia puntualmente disciplinato. La successiva giurisprudenza
costituzionale ha ribadito e precisato che i meccanismi di decadenza automatica, "ove riferiti a
figure dirigenziali non apicali, ovvero a titolari di uffici amministrativi per la cui scelta l'ordinamento non attribuisce, in ragione delle loro funzioni, rilievo esclusivo o prevalente al criterio della personale adesione del nominato agli orientamenti politici del titolare dell'organo che nomina, si pongono in contrasto con l'art. 97 Cost., in quanto pregiudicano la continuità dell'azione amministrativa, introducono in quest'ultima un elemento di parzialità, sottraggono al soggetto dichiarato decaduto dall'incarico le garanzie del giusto procedimento e svincolano la rimozione del dirigente dall'accertamento oggettivo dei risultati conseguiti" (sentenze n. 34 del 2010, n. 351 e n. 161 del 2008, n. 104 e n. 103 del 2007). Sulla scorta di tale pronuncia, questa Corte ha recentemente affermato che il dirigente generale illegittimamente rimosso va reintegrato nell'incarico per il tempo residuo di durata, senza che rilevi l'indisponibilità del posto a seguito della riforma organizzativa
dell'amministrazione (sentenza n. 3210/2016). Medesimi principi vanno affermati con riguardo alle posizioni organizzative, avendo riguardo all'art. 15 del c.c.n.l. comparto Enti locali 2002-2005 (che - negli enti privi di personale con qualifica dirigenziale - individua nei Responsabili delle strutture apicali i titolari delle posizioni organizzative) nonché all'art. 9, comma 3, del c.c.n.l. comparto Enti locali (che prevede che gli incarichi di posizioni organizzative possono essere revocati prima della scadenza con atto scritto e motivato, in relazione a intervenuti mutamenti organizzativi o in conseguenza di specifico accertamento di risultati negativi). Invero, la revoca degli incarichi di posizioni organizzative (incarichi che, di norma, hanno durata non superiore a cinque anni) viene ricollegata, dalle disposizioni contrattuali di settore, solamente alla presenza di determinati presupposti correlati alla modifica della struttura organizzativa dell'ente ovvero ad una valutazione negativa del risultato raggiunto, e non può essere disposta a seguito del mero rinnovo delle cariche politiche. Queste disposizioni perseguono quel principio di continuità dell'azione amministrativa sottolineato dal giudice delle leggi che impediscono l'intervento di profili di arbitrarietà nell'adozione dei poteri di rimozione di questi incarichi, poteri causalmente giustificabili soltanto nell'ottica del buon andamento dell'azione amministrativa e non certo ricollegabili alla circostanza transeunte del mutamento dell'organo investito del potere di nomina".
Rispetto alla corretta prospettazione della Cassazione non c'è molto altro da aggiungere, se non che il Ccnl 21.5.2018 ha mantenuto intatto l'impianto del Ccnl 31.3.1999; l'articolo 14, comma 3, dispone che "Gli incarichi possono essere revocati prima della scadenza con atto scritto e motivato, in relazione a intervenuti mutamenti organizzativi o in conseguenza di valutazione negativa della  performance individuale". Non c'è nessun riferimento all'elezione di un nuovo sindaco.
L'incarico al personale di ruolo, a differenza di quanto prevede il Tuel per i direttori generali esterni, per i dipendenti nello staff ai sensi dell'articolo 90 e per gli incarichi a contratto ai sensi dell'articolo 110, non possono e non debbono avere durate connesse al mandato e, comunque, inferiori all'anno. Il nuovo Ccnl conferma che "I risultati delle attività svolte dai dipendenti cui siano stati attribuiti gli incarichi di cui al presente articolo sono soggetti a valutazione annuale in base al sistema a tal fine adottato dall’ente". E' assolutamente chiaro che se il Ccnl impone una valutazione annuale, l'incarico non può avere durata inferiore, a meno che non intervengano le due cause di revoca anticipata previste dal citato articolo 14, comma 3.
Cos'altro aggiungere? Due sole considerazioni:

  1. negli enti con la dirigenza, l'elezione del sindaco deve essere totalmente ininfluente, visto che gli incarichi di posizione organizzativa sono attribuiti dai dirigenti e non è ammessa alcuna ingerenza dell'organo politico, trattandosi di gestione del rapporto di lavoro;
  2. appare davvero improprio che negli enti locali, per via di provvedimenti amministrativi o addirittura contrattuali, si introducano forme di spoil system che Corte costituzionale e Corte di cassazione hanno con estrema chiarezza considerato incostituzionali ed illecite. Una strana voglia di spoil system che alla fine rende estremamente complicato il rapporto tra politica ed amministrazione, traccia molte volte di una sorta di sindrome di Stoccolma da spoil system degli stessi vertici amministrativi dei comuni.


3 commenti:

  1. Nei Comuni dove non si conferiscono le posizioni organizzative dal lontano 2003, perchè gli amministratori intendono avere anche la gestione della cosa pubblica, è possibile, decorso tanto tempo, conferire le stesse ai dipendenti. Grazie

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  2. Nei Comuni dove non si conferiscono le posizioni organizzative dal lontano 2003, perchè gli amministratori intendono avere anche la gestione della cosa pubblica, è possibile, decorso tanto tempo, conferire le stesse ai dipendenti. Grazie

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  3. Certo che è possibile. Nei Comuni sopra i 5000 abitanti è obbligatorio. Sotto i 5000 gli amministratori hanno la facoltà di tenere le funzioni gestionali assegnate a se stessi, con norma regolamentare e per riduzione spesa (art. 53, comma 23, della L. n. 388/2000)

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