Dopo il cosiddetto “sblocca
cantieri”, d.l. 32/2019 , convertito in legge 55/2019, si è riaperto l'inseguimento verso la "semplificazione", acuito ora dalla bozza di regolamento di attuazione del codice dei contratti.
Vi è un accanimento spasmodico a trovare il modo di affidare per forza tutto in modo "semplificato": direttamente senza preventivi, direttamente con preventivi, a pochi, a 5, a 10, con problemi immensi relativamente all'individuazione di criteri credibili di selezione a monte dei soggetti con cui relazionarsi e, soprattutto, senza riuscire a venir mai fuori dal folle principio di rotazione. Sul quale, tra Anac, Tar, Consiglio di stato e tutti, dal Mago Otelma fino al custode della scuola, hanno affermato tutto e il suo contrario.
Ma, davvero vale la pena non fare la preventiva determinazione a contrattare (non impegnando la spesa...), non attivare alcun principio di gara, impegnarsi a capire e poi spiegare, con motivazioni estremamente complesse, perchè non si fa una procedura ordinaria, e perchè si inviano preventivi invece di intviti, e perchè si compulsano certe aziende invece di altre, e perchè si applica o no la rotazione e perchè si adotta o no un criterio selettivo e perchè si attiva o no una commissione e perchè si affida invece di aggiudicare? Ma non è molto più semplice delle procedure semplificate utilizzare le procedure ordinarie?
Il d.l. 32/2018 è intervenuto, come noto, in modo da provare a
razionalizzare il Moloch rappresentato dall’articolo 36 del d.lgs
50/2016, modificando il comma 2, lettera d) il cui testo attualmente
è: “per i lavori di importo pari o superiore a 200.000 euro e
fino alle soglie di cui all’articolo 35 mediante ricorso alle
procedure di cui all’articolo 60, fatto salvo quanto previsto
dall’articolo 97, comma 8”.
L’Anac, piuttosto parca in valutazioni di impatto nel precedente
triennio – molto tribolato – di vita del codice dei contratti, si
è prodotta in un approfondimento sugli effetti del d.l.
sblocca-cantieri, rivelatosi sostanzialmente qualcosa di molto simile
ad una filippica.
Per quanto concerne specificamente il tema degli affidamenti di
lavori regolati dall’articolo 36, comma 2, lettera d), come
modificato dallo “sblocca cantieri” ecco come si esprime
l’Autorità: “la sensibile riduzione dei margini
entro cui è possibile ricorrere alla procedura negoziata
per l’affidamento dei lavori, se è da guardarsi
favorevolmente sotto il profilo proconcorrenziale, non
è forse lo strumento più idoneo al
perseguimento degli obiettivi di snellimento e semplificazione,
in quanto amplia considerevolmente l’ambito di
applicazione delle procedure aperte che, come premesso,
non prevedendo una fase preliminare di selezione dei partecipanti,
soprattutto in un mercato così popolato come quello delle imprese di
lavori medio-piccole, rischiano di registrare un numero
altissimo di partecipanti. Di contro, l’estrema e, si
ritiene, eccessiva contrazione del numero minimo degli operatori (3)
da invitare alle procedure negoziate di lavori di valore inferiore a
200.000,00 euro (art. 36, comma 2, lett. b) rischia di non consentire
nella maggior parte dei casi l’esclusione automatica delle offerte
che superano la soglia di anomalia, per la quale è richiesta la
presenza di almeno 10 offerte ammesse (art. 97, comma 8)”.
Riavvolgiamo un attimo il nastro. Ma, esattamente, cosa è che
vogliamo? Rispettare il principio di concorrenza? Oppure restringere
il mercato?
Sembra evidente che anche l’Anac sia caduta nell’equivoco tipico
della stampa generalista, poco composta di adeguato numero di veri
esperti del settore, o della politica, secondo le quali la
“semplificazione” consiste nel ridurre gli adempimenti della
gara.
A tutti, invece, è noto che i problemi per l’avvio dei cantieri
sono legati alle fasi lunghissime della progettazione, che prevedono
un quantitativo immenso di autorizzazioni di vario tipo e di vari
enti, oltre che procedure di gara a loro volta non semplicissime per
l’individuazione dei progettisti, cui seguono anche complesse
attività per la validazione dei progetti. Dall’idea di attivare un
lavoro, alla sua programmazione, all’impegno della spesa per
giungere alla sola progettazione, senza che sia ancora nemmeno
immaginabile far partire un cantiere, passano da quasi un anno per
lavori di manutenzione o di basso importo o molto standardizzati, a
5, 6, 7 anche 8 anni per opere più complesse.
Il sistema di gara, rispetto a questi tempi, è del tutto neutrale ed
indifferente. Non ha alcuna possibilità di influenzarli, ridurli o
anticiparli.
Ancora maggiori, poi, sono le complicazioni procedurali nella
gestione operativa degli appalti una volta aggiudicati.
Ma, chissà perché passa l’idea che la semplificazione riguardi la
fase della gara e che per ottenerla occorra, nella sostanza,
eliminare la gara.
Ora, tornando alla veemente critica dell’Anac sul tema. Nello
stesso lavoro di commento al d.l. 32/2019 l’Autorità sottolinea:
“L’incertezza giuridica del quadro normativo di
settore influisce inevitabilmente sul corretto svolgimento
del mercato degli appalti pubblici. Si osserva, infatti,
che laddove il dato normativo si presenta frammentato
e non chiaro, si incorre nel rischio di un’applicazione
errata o distorta delle disposizioni di riferimento, di un
allungamento dei tempi occorrenti per lo svolgimento delle procedure
di aggiudicazione, oltre che della fase di esecuzione dei relativi
contratti, di un conseguente aumento del contenzioso. Sotto altro
profilo, un quadro giuridico confuso non favorisce la
concorrenza, scoraggiando gli investimenti anche di imprese estere e,
questione da evidenziare, può favorire la commissione di eventi
corruttivi. È quindi evidente il rischio che al continuo
mutamento delle norme di settore, consegua un non corretto esercizio
dell’azione amministrativa nel settore contrattuale pubblico”.
Torniamo all’articolo 36. Possiamo, forse, affermare che il dato
normativo relativo agli appalti cosiddetti “semplificati” ivi
regolati sia:
- unitario, cioè, non frammentato?
- definito e non caratterizzato da continui interventi normativi?
- chiaro?
Sulla frammentarietà, forse l’Anac ha dimenticato un dettaglio,
però non trascurabile: l’articolo 36 è completato dalle Linee
Guida 4: a fronte di un unico articolo, ben 17 pagine di indicazioni
operative. La disciplina del sotto soglia, nell’attuale
ordinamento, tutto è, salvo che non frammentaria. Stabilire che tra
i 200.000 euro e la soglia comunitaria si utilizzi la procedura
aperta, regolata da pochissime e chiare norme del codice dei
contratti, oggettivamente non pare ponga problema alcuno di
semplificazione.
In quanto agli interventi normativi, l’articolo 36 è stato fin qui
sempre oggetto di correzioni da parte degli ormai innumerevoli
decreti di modifica del codice dei contratti (in soli 3 anni di
vita). Ma, anche le stesse Linee Guida 4 hanno avuto due
aggiornamenti, si completano di una serie di Faq e di chiarimenti,
per altro disposti con diverse forme e fonti: dal comunicato del
Presidente alle deliberazioni del Consiglio? Siamo proprio sicuri,
quindi, che fin qui il sistema della soft law abbia
scongiurato il problema di un quadro normativo non definito?
In quanto alla chiarezza, basti soffermarsi solo sul punto devastante
del principio di rotazione, sciaguratamente introdotto dal
legislatore nel corpo dell’articolo 36. Su questo solo specifico
tema, si è scatenato un conflitto interpretativo giurisprudenziale
tra i più estesi mai visti, né l’Anac ha avuto possibilità
alcuna di dirimere le questioni interpretative.
Applicando la procedura aperta si ha certamente un sicuro beneficio:
la rotazione non deve essere applicata e si scongiura un fortissimo
rischio di contenzioso, di fronte al quale la semplificazione –
tutta da dimostrare – della procedura negoziata dell’articolo 36
finisce per annichilirsi.
Ma, andiamo alla critica di fondo che l’Anac riserva alla novella
dell’articolo 36, comma 2, lettera d): le procedure aperte
obbligatorie “in un mercato così popolato come quello delle
imprese di lavori medio-piccole, rischiano di registrare un
numero altissimo di partecipanti”.
Strano. Nelle varie edizioni dei PNA (Piano Nazionale Anticorruzione)
l’Anac ha sempre considerato la riduzione del numero delle procedure negoziate gestite dagli enti
come uno strumento operativo per ridurre le possibilità di
corruzione. Ma, se si riducono le procedure negoziate e gli
affidamenti diretti, non possono che incrementarsi le procedure
aperte. Come è possibile che una norma mirata ad estendere il
ricorso alle procedure aperte ora non vada bene?
Certo, c’è il rischio di un numero altissimo di partecipanti. Ma,
il mercato “libero” non è libero proprio per garantire la più
ampia concorrenza? L’altissimo numero di partecipanti può forse
costituire un costo procedurale, ma è il dazio da pagare
all’apertura del mercato. Oppure, il principio di apertura del
mercato non piace più?
Non è da trascurare un elemento: accanto all’obbligatorietà della
procedura aperta, il decreto “sblocca cantieri” ha inserito, per
gli appalti sotto soglia, l’inversione procedurale. L'articolo 1, comma 3, della legge 55/2019 stabilisce che fino al 31.12.2020 si applica anche ai settori ordinari la norma prevista dall’articolo 133 comma 8, del codice dei contratti per i settori speciali.
Questa è oggettivamente una concreta misura di semplificazione, in
quanto consente alle commissioni di procedere spedite con la
valutazione delle offerte: considerando che nel sotto soglia il
criterio di gara prevalente diviene il minor prezzo (per effetto nel
nuovo comma 9-bis dell’articolo 36, il quale consente l’offerta
economicamente più vantaggiosa se debitamente motivata), la
commissione può molto celermente aggiudicare, senza doversi
soffermare prima sulla defatigante disamina della documentazione,
riservabile post aggiudicazione al solo aggiudicatario e a un
campione di ditte partecipanti.
Ricordiamo che ai sensi dell’articolo 56, comma 2, della direttiva
2014/24/UE l’inversione procedurale è espressamente consentita
proprio per le procedure aperte, tanto sotto, quanto sopra soglia. La
disposizione normativa Ue, infatti, prevede: “Nelle procedure
aperte, le amministrazioni aggiudicatrici possono decidere
di esaminare le offerte prima di verificare l'assenza di motivi di
esclusione e il rispetto dei criteri di selezione ai sensi
degli articoli da 57 a 64. Se si avvalgono di tale possibilità, le
amministrazioni aggiudicatrici garantiscono che la verifica
dell'assenza di motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di
selezione sia effettuata in maniera imparziale e trasparente, in modo
che nessun appalto sia aggiudicato ad un offerente che avrebbe dovuto
essere escluso a norma dell'articolo 57 o che non soddisfa i criteri
di selezione stabiliti dall'amministrazione aggiudicatrice. Gli Stati
membri possono escludere o limitare l'uso della procedura di cui al
primo comma per determinati tipi di appalti o a circostanze
specifiche”.
Dunque, l’estensione della procedura aperta sotto soglia è stata
abbinata ad un meccanismo, espressamente regolato dalla Ue, di
semplificazione operativa. Il che lascia considerare come
oggettivamente le critiche riservate sempre dall’Anac anche
all’inversione procedurale, sempre nel documento di commento allo
“sblocca cantieri”, appaiano abbastanza sorprendenti: “l’applicazione, come nel caso in
esame, dell’inversione procedimentale (con previsione di ricalcolo
della soglia di anomalia) a un sistema di aggiudicazione con il
criterio del minor prezzo (con obbligo di esclusione automatica delle
offerte anomale) sembrerebbe non essere esente da alcuni profili
critici. Il sistema di aggiudicazione al minor prezzo, così
come delineato dal d.lgs. n. 50/2016 (art. 95 e 97), presuppone
infatti la preliminare identificazione della platea delle offerte
ammesse, ad evitare che offerte di soggetti privi dei requisiti
contribuiscano a determinare la soglia di anomalia, e la
cristallizzazione di tale platea a seguito della fase amministrativa
di prima ammissione (art. 95, comma 15), allo scopo di assicurare
stabilità agli esiti finali dei procedimenti di gara. Il comma 5
dell’art. 36, avendo posticipato la verifica dell’ammissibilità
dei concorrenti a un momento successivo all’esame delle offerte, in
coerenza con il delineato sistema, prevede che, nel caso in cui, a
seguito della verifica dei requisiti, la platea degli ammessi risulti
diversa da quella dei partecipanti, la soglia venga ricalcolata.
Tuttavia il ricalcolo della soglia successivo alla verifica
postuma dei requisiti, oltre a rappresentare un appesantimento
procedurale incompatibile con le finalità acceleratorie e di
semplificazione del d.l. n. 32/2019 sembrerebbe aprire margini per
manovre in grado di condizionare gli esiti dell’affidamento da
parte di operatori economici non utilmente collocati in graduatoria,
e soggetti al controllo dei requisiti, che, a seconda della propria
condotta in sede di verifica (si pensa alla mancata produzione di
documentazione integrativa in sede di soccorso istruttorio),
potrebbero influire sugli esiti della gara”.
Certo, i rischi evidenziati dall’Anac sono reali e concreti. Ma,
non sembra proprio che l’utilizzo della procedura negoziata al
posto di quella aperta riduca rischi di corruzione, purtroppo sempre
presenti.
Al contrario, nelle procedure negoziate il rischio di corruzione è
elevatissimo: perché il sistema delineato dall’articolo 36 fino
alle soglie oltre le quali scatta l’obbligo della procedura
negoziata (che, comunque, rimane applicabile anche sotto le soglie
comunitarie, ovviamente) pone il gigantesco problema – irrisolto da
Anac e giurisprudenza – della selezione del ristretto lotto di
operatori economici cui rivolgere gli inviti. 3, 10 o 15 che sia il numero minimo di operatori
economici da invitare, la questione irrisolta è: come selezionarli?
Le Linee Guida 4 si sono spese e dilungate moltissimo cercando di
dirimere questa matassa; e la giurisprudenza sulla questione è anche
in questo caso infinita e contraddittoria.
Nella sostanza, allo scopo di identificare le poche ditte da invitare
occorre una procedura preliminare, alternativamente:
- la costituzione di elenchi di operatori economici, ai quali poi attingere;
- lo svolgimento di indagini di mercato.
L’elenco va costituito con avvisi aperti a tutti, garantendo la
periodicità degli aggiornamenti e degli ingressi. Ovviamente, ai
fini dell’inserimento nell’elenco vanno verificati di volta in
volta tutti i requisiti. Un lavorìo continuo, al quale aggiungere
poi quello della selezione degli operatori economici da invitare. E
nessuno ha mai pronunciato la parola finale sul come: sorteggio?
Scelta discrezionale? In ogni caso, incombe il Leviatano della
rotazione.
L’indagine di mercato è tutt’altro che una procedura semplice.
Le Linee Guida 4 lo lasciano intendere con molta chiarezza: occorre
un avviso preliminare, volto a verificare quali aziende siano
interessate a partecipare, da rendere ovviamente pubblico in modo di
garantire un’adeguata apertura del mercato; poi consegue l’invio
delle lettere di invito ai fini della negoziazione.
Proviamo a dettare tempi ragionevoli. Adottata la determinazione a
contrattare, almeno 15 giorni o per ragioni di urgenza da
esplicitare, non meno di 5, per la manifestazione di interesse;
seguono poi 2/3 giorni di istruttoria; l’invio dell’invito, ed
altri 5/10 giorni per la ricezione delle offerte.
Insomma, la procedura, se velocissima, non può durare meno di 15
giorni, ma se gestita in modo razionale e non condizionato da
situazioni di urgenza può durare anche 40 giorni.
E la procedura aperta? Quanto dura? 35 giorni dalla data di
trasmissione del bando di gara, come termine massimo, riducibile a 15
giorni nel caso l’amministrazione si sia avvalsa di un avviso di
preinformazione o nei casi di urgenza e comunque riducibile di 5
giorni nel caso di presentazione di offerte in via elettronica, come
per altro è necessario fare visto l’obbligo delle piattaforme
telematiche.
Dunque, come si dimostra, nella sostanza la procedura negoziata ha
una durata in tutto simile a quella aperta e presenta una serie di
problemi di lettura, coordinamento ed interpretazione enormi,
dall’applicazione della rotazione alle modalità di selezione dei
soggetti da invitare, agli strumenti di pubblicità. La procedura
aperta, pur esposta ai rischi evidenziati dall’Anac, non pare
oggettivamente denunciare appesantimenti procedurali particolari,
specie con l’introduzione dell’inversione procedurale.
La ratio, quindi, del dibattito sulla semplificazione degli appalti
di lavori di importo compreso tra i 200.000 euro e la soglia
comunitaria appare davvero sfuggente.
Condiviso pienamente
RispondiEliminaMi sono permesso di ripubblicare l'articolo (citando ovviamente la fonte) sul sito https://www.bosettiegatti.it senza chiede preventivamente l'assenso dell'autore (del quale non ho reperito l'indirizzo e-mail)
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