domenica 15 marzo 2020

La "paura della Corte dei conti" se si lascia il personale a casa. Nessuna paura di cause di risarcimento per contrazione di virus per attività non necessarie?

E' evidente che la gravità dell'epidemia ancora a molti sfugge. Si notano ancora datori di lavoro pubblici (ma anche privati) intenti a sminuire la portata di una norma (per carità sicuramente non chiarissima) il cui scopo è considerare - ex lege, automaticamente - il lavoro agile come modalità ordinaria di espletamento dell'attività e, comunque alternativa ad ogni altro strumento che costituisca titolo perchè i lavoratori stiano a casa.

Stare a casa, in questo momento, non è un premio ai fannulloni o furbetti. E' il modo per evitare che il virus, che non ha gambe, utilizzi noi come involucri per proliferare e contagiare.
Il messaggio non è chiaro. Ancora moltissimi sono dirigenti e funzionari pubblici che lesinano il lavoro agile o si preoccupano di porre in ferie d'ufficio i dipendenti (non è che i sindacati stiano aiutando particolarmente a gestire la situazione anomala) e, soprattutto, estendono oltre il normale e necessario le "attività indifferibili da rendere in presenza".
Non si è capito che queste "attività indifferibili" non hanno nulla a che vedere con il concetto dei servizi essenziali, definiti dalla normativa sugli scioperi.
Per capirsi, sono "attività indifferibili da rendere in presenza" curare i malati, seppellire i morti, organizzare le attività di protezione civile.
Non c'è alcuna indifferibilità nell'accedere al "protocollo", per scaricare posta contenente istanze, diffide, ricorsi e quan'altro che possa attivare procedimenti ai quali non è possibile dare pienamente corso, non nei termini ordinari, almeno.
Non è affatto necessario mandare in giro dipendenti, per la paura che la Corte dei conti possa avere da ridire rispetto alla soluzione di lasciarli a casa.
Per un verso, lo abbiamo già scritto, sarebbe largamente opportuno che il Governo adottasse un provvedimenti che levi alle magistrature la voglia e la possibilità di azionare chiunque per mancato rispetto di scadenze che non siano connesse in modo stringente ad imperiosi diritti della persona.
Per altro verso, forse i sottovalutatori diffusi del pericolo di contagio, sottovalutano in maniera un po' incosciente, l'altro pericolo: l'essere chiamati in giudizio per risarcimento dei danni da chi sia stato, da loro, mandato a lavorare, col pericolo di contrarre l'infezione, per ragioni non connesse appunto ad attività davvero indifferibili.
Sarebbe il caso che, urgentemente, chiunque si metta a ragionare sul serio. Il virus si combatte non fornendogli l'occasione di diffondersi. I veicoli di diffusione siamo noi. Per questo, più che possibile, dobbiamo stare a casa.
Se proprio nella PA, come nel privato, si ha voglia di continuare a far andare in giro le persone, le si distacchi nei servizi di protezione civile e negli ospedali, dove c'è bisogno di ricambi.

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