Su il Qutidiano Enti Locali dell'11.3.2020 l'articolo a firma di Amedeo Di Filippo, titolato "Lavoro agile, salta la copertura normativa" avanza l'infondata testi secondo la quale il Dpcm 9/2020 avrebbe eliminato la normativa, in particolare l'articolo 2, lettera r), del Dpcm 8/2020, che consente di attivare il lavoro agile in modo semplificato.
Si tratta di una tesi, come detto, infondata e da rigettare. I datori di lavoro, pubblici e privati, possono senza nessun dubbio continuare ad attivare il lavoro agile senza nessun problema di copertura normativa. Vediamo il perchè.
Il dubbio avanzato dall'Autore discende dalla previsione dell'articolo 2, comma 2, del Dpcm 9.3.2020, ai sensi del quale "Dalla data di efficacia delle disposizioni del presente decreto cessano di produrre effetti le misure di cui agli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 ove incompatibili con la disposizione dell'art. 1 del presente decreto".
Poichè la disciplina del lavoro agile semplificato sta nell'articolo 2, lettera r), del Dpcm 8.3.2020, allora ecco che, nella suggestione non condivisibile proposta, salterebbe la copertura giuridica.
Ma si tratta di una visione sbagliata. Con specifico riferimento al lavoro pubblico, la copertura giuridica a forme semplificate di lavoro agile si reperisce già nella circolare 1/2020 della Funzione Pubblica, che rifacendosi alle previsioni dell'articolo 18, comma 5, del d.l. 9/2020 (teso ad eliminare la sperimentazione del lavoro agile) testualmente prevede: "Le modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa, tra le quali il lavoro agile, sono altresì richiamate nella direttiva n. 1 del 25 febbraio 2020 con oggetto “Prime indicazioni in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-2019 nelle pubbliche amministrazioni al di fuori delle aree di cui all'articolo 1 del decreto-legge n.6 del 2020” in cui tra l’altro le amministrazioni in indirizzo, nell’esercizio dei poteri datoriali, sono invitate a potenziare il ricorso al lavoro agile, individuando modalità semplificate e temporanee di accesso alla misura con riferimento al personale complessivamente inteso, senza distinzione di categoria di inquadramento e di tipologia di rapporto di lavoro. Anche nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020 concernente ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, all’articolo 4, comma 1, lettera a) sono state introdotte ulteriori misure di incentivazione del lavoro agile".
Inoltre si deve osservare che l'articolo 2, comma 2, del Dpcm 9.3.2020 dispone la cessazione degli effetti delle disposizioni degli articoli 2 e 3 del Dpcm 8.3.2020 (tra cui quella sul lavoro agile semplificato, come visto sopra), ma solo se "incompatibili" con quanto stabilito dall'articolo 1 del medesimo Dpcm 9.3.2020.
Ora, l'articolo 1 del Dpcm 9.3.2020, al comma 1, dispone: "Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 le misure di cui all'art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 sono estese all'intero territorio nazionale". La finalità è chiarissima: estendere a tutta Italia misure volte ad evitare la circolazione di persone nel territorio, tra le quali quella del lavoro agile è, con ogni evidenza, una delle più utili e rilevanti.
Pensare, quindi, che l'incentivazione del lavoro agile sia "incompatibile" con l'insieme delle misure di contenimento dell'infezione va in plateale contrasto con i fini straordinari e derogatori dell'intero impianto!
In ogni caso, l'articolo 1, lettera e), del Dpcm 8.3.2020, fatto salvo dall'articolo 2, comma 2, del Dpcm 9.3.2020, dispone: "si raccomanda ai datori di lavoro pubblici e privati di promuovere, durante il periodo di efficacia del presente decreto, la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti dei periodi di congedo ordinario e di ferie, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera r)". Testualmente, quindi, l'articolo l'articolo 2, comma 2, del Dpcm 9.3.2020, nel confermare la vigenza delle previsioni dell'articolo 1 del Dpcm 8.3.2020, fa salva la previsione anche dell'articolo 2, comma 1, lettera r) di tale decreto, in quanto richiamata e confermata appunto dal comma 1.
Quindi, la copertura giuridica al lavoro agile semplificato c'è, resta, non è stata eliminata e ogni interpretazione in senso contrario non può che considerarsi errata e da scartare.
(con la collaborazione di Vito Antonio Bonanno)
Analisi impeccabile la sua. Quando ho letto l'articolo di Di Filippo sono rimasto sgomento.
RispondiEliminaCordiali saluti
Faccio veramente fatica a pensare come Di Filippo abbia potuto scrivere una riflessione come quella. Ottima analisi la Sua. Invece ora il fronte per la PA è l'art.1 comma 6 del DPCM 11/03/2020. A me pare che dica in modo lapalissiano che le amministrazione debbano (non possano) utilizzare lo smartworking per le attività ordinaria. Non c'è un'altra soluzione. Cosa ne pensa?
RispondiEliminail fatto è che lo smart working non è per tutti, non si può improvvisare. Il rischio è una serie di progetti solo farlocchi
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