La confusione regna sovrana e la circolare dell’Agenzia delle entrate 3 aprile, n. 8/E ne è l’ennesima riprova.
Intanto, la circolare sconfina in territori che non appartengono alla competenza dell’Agenzia, come la regolazione del rapporto di lavoro.
In ogni caso, appare del tutto evidente che si tratta dell’ennesima circolare “creativa”, che non interpreta o attua una norma: ne crea altre, totalmente diverse, distorcendo gli effetti della previsione di fonte legislativa.
Per quale ratio un premio legato alla presenza in servizio debba continuare ad essere erogato a chi presente non sia, perchè in ferie o in permesso, davvero risulta, prima che incomprensibile, inaccettabile.
Se la norma, per altro discutibilissima, contenuta nell’articolo 63 del d.l. 18/2020 non stabilisse che l’incentivo è “da rapportare al numero di giorni di lavoro svolti nella propria sede di lavoro nel predetto mese”, il ragionamento svolto dall’Agenzia potrebbe risultare meno paradossale, per quanto, comunque, contrastante con qualsiasi istituto del salario accessorio che sia connesso alla presenza. Ma, la norma appare chiarissima nell’imporre di connettere il premio ai giorni di lavoro “svolti”. Fino a prova contraria, istituti di legittima assenza dal lavoro, non consentono di “svolgere” nessuna attività lavorativa.
La circolare, afferma, invece, che nel rapporto tra giorni lavorati e giorni lavorabili (ma l’Agenzia ritiene di fare riferimento alle ore lavorate in rapporto a quelle lavorabili, anche qui innovando la norma) “in considerazione della finalità della norma che vuole premiare i dipendenti che hanno continuato a prestare la propria attività lavorativa presso la sede di lavoro non devono considerarsi nel rapporto - né al numeratore né al denominatore - le giornate di ferie o di malattia. In base alla medesima ratio, sono escluse dal calcolo le giornate di assenza per aspettativa senza corresponsione di assegni”.
Ma, qualsiasi istituto che intenda premiare i dipendenti, se connesso alla presenza, non può non computare i giorni di assenza giustificata.
Ancora una volta si rileva come la PA italiana abbia bisogno di una celere e risoluta revisione: l’abitudine delle circolari praeter legem, ma più spesso contra legem e, comunque, la tendenza di enti, ministeri e autorità di vario genere a vestire illegittimamente i panni del legislatore, deve essere fermata.
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