lunedì 28 settembre 2020

Riflessioni sulla vicenda della retribuzione del presidente Inps

Senza prendere alcuna posizione sul "caso" dello stipendio del presidente dell'Inps, si presentano alla riflessione alcune considerazioni sparse.

Si assiste, tra l'attonito e il perplesso, allo strano fenomeno del salary-sharing, inedito istituto che prevede la ripartizione di un solo stipendio (quello del presidente dell'Inps) tra due soggetti (il nuovo presidente ed il vice presidente).

Infatti, chiuso il mandato del precedente presidente il cui trattamento era 103 mila euro l'anno, in attesa del completamento del Cda, tale somma è stata ripartita tra il nuovo presidente (62 mila euro) ed il nuovo vice presidente (41 mila euro).

Va tutto bene? E' qualcosa di razionale?

Domande retoriche. E' vero che l'Inps deve rispettare il dovere di non far gravare sulla finanza pubblica le remunerazioni dei propri organi, cosa sacrosanta. Ma, pare del tutto assurdo e senza un minimo di senso che un solo stipendio remuneri due lavori.

Certo, si tratta di incarichi fiduciari di derivazione politica. Ed, infatti, di eventi bislacchi in questo campo se ne vedono moltissimi: negli enti locali si è assistito ad incarichi a direttori generali laureati in psicologia (nel caso di crisi di nervi del sindaco), di incarichi a direttori generali o dirigenti a contratto del tutto privi di laurea, oppure senza concorsi, o con trattamenti economici inventati ed illegittimi o assegnati a persone comunque manifestamente prive in radice dei requisiti di elevata professionalità che pure la normativa richiede.

Certo, un incarico in un ente di così rilevante importanza come l'Inps o qualsiasi incarico direttamente proveniente dalla politica per il "manager" desiginato è onorifico e fa curriculum, sicchè è forse anche accettabile un trattamento economico bislacco, in vista di possibili ulteriori sviluppi di carriera.

Se al presidente dell'Inps è andato bene condividere lo stipendio col vice, evidentemente avrà avuto le sue ragioni.

Ovviamente, portare quel trattamento economico da 62 mila euro a 150 mila, sul piano mediatico "fa notizia", per quanto la questione appaia fortemente connotata da sapienti polemiche politiche leggermente montate, che comunque sono parte del gioco e in parte sono fondate.

Tuttavia, come fa certamente impressione che uno stipendio possa più che raddoppiare non tanto con percorsi nascosti (nella realtà, la procedura è stata estremamente lineare: non appaiono troppo credibili le professioni di inconsapevolezza), quanto finanziandosi con la riduzione della spesa per gli invii delle "buste arancioni" (come ha sottolineato il prof. Perotti), avrebbe dovuto destare altrettanta impressione a suo tempo l'assurdità di uno stipendio solo condiviso tra due soggetti. La cosa, invece, passò del tutto inosservata.

Altre considerazioni sparse: la vicenda della determinazione dello stipendio del presidente dell'Inps parte nella primavera del 2019 e tra complicazioni varie, tra le quali anche una crisi di governo, si conclude nell'agosto del 2020. Un anno e mezzo per due, tre decreti. C'è qualcosa che nell'amministrazione dei Ministeri non funziona. Non è necessario adottare alcun "decreto semplificazioni" ulteriore per rimediare, occorre agire sull'organizzazione interna, sui tempi operativi, sul monitoraggio delle attività. Anche perchè i decreti che arrivano con ritardi enormi rispetto ai tempi fissati dalle leggi sono la regola. Non l'eccezione.

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