Le oscure modalità di determinazione delle retribuzioni nel lavoro pubblico sono un vulnus alla razionalità operativa ed un ostacolo alla trasparenza.
Nel 2015, un DM della Funzione Pubblica, in pieno micidiale caos da riforma devastante delle province, cercò di creare una tabella di conciliazione degli stipendi dei vari comparti, senza ottenere alcun successo.
La costruzione delle retribuzioni dei segretari comunali è quanto di più arzigogolato, dadaista e folle si possa immaginare.
Le voci stipendiali sono tantissime, disperse in mille rivoli, differenziate per fasce, influenzate da una serie di variabili: convenzioni, scavalchi, incarichi aggiuntivi, diritti di rogito per chi può ottenerli, e, appunto, galleggiamento.
Sembra quasi una presa in giro l’articolo 23, comma 1, del d.lgs 75/2017: “Al fine di perseguire la progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la contrattazione collettiva nazionale, per ogni comparto o area di contrattazione opera, tenuto conto delle risorse di cui al comma 2, la graduale convergenza dei medesimi trattamenti anche mediante la differenziata distribuzione, distintamente per il personale dirigenziale e non dirigenziale, delle risorse finanziarie destinate all'incremento dei fondi per la contrattazione integrativa di ciascuna amministrazione”.
La graduale convergenza dei trattamenti economici non si è mai vista, né mai si vedrà1. Sempre il d.lgs 75/2017 ha introdotto nell’articolo 40 del d.lgs 165/2001 un’altra disposizione totalmente tradita, il comma 4-ter: “Al fine di semplificare la gestione amministrativa dei fondi destinati alla contrattazione integrativa e di consentirne un utilizzo più funzionale ad obiettivi di valorizzazione degli apporti del personale, nonché di miglioramento della produttività e della qualità dei servizi, la contrattazione collettiva nazionale provvede al riordino, alla 13 razionalizzazione ed alla semplificazione delle discipline in materia di dotazione ed utilizzo dei fondi destinati alla contrattazione integrativa”.
La contrattazione collettiva nazionale non ha riordinato, razionalizzato e semplificato assolutamente nulla. La costituzione dei fondi della contrattazione decentrata rimane ancora un ginepraio imperscrutabile, legato a fattori come il “monte salari” di una certa annualità, senza che mai una norma abbia nemmeno definito in cosa consista il “monte salari”.
Per stare all’ultimo Ccnl stipulato, quello dell’area dirigenza delle Funzioni Locali, nel quale rientrano anche i segretari comunali, basta leggere l’articolo 57, comma 2, sulla “semplificazione” della costituzione del fondo della dirigenza locale, per capire come la contrattazione nazionale collettiva sia del tutto incapace di comprendere esattamente cosa voglia dire “semplificare”: “Il Fondo per la retribuzione di posizione e di risultato di cui al comma 1 è costituito con le seguenti risorse:
a) unico importo annuale nel quale confluiscono tutte le risorse certe e stabili -negli importi certificati dagli organi di controllo interno di cui all’art. 40-bis, comma 1 del d. lgs. n. 165/2001 - destinate a retribuzione di posizione e di risultato nell’anno di sottoscrizione del presente CCNL, ivi comprese quelle di cui all’art. 56 e la RIA del personale cessato fino al 31 dicembre del suddetto anno;
b) risorse previste da disposizioni di legge, ivi comprese quelle di cui all’art. 43 della legge n. 449/1997, di cui all’art. 24, comma 3 del d. lgs. n. 165/2001;
c) importo corrispondente alle retribuzioni individuali di anzianità non più corrisposte al personale cessato dal servizio dall’anno successivo a quello di sottoscrizione del presente CCNL, compresa la quota di tredicesima mensilità; l’importo confluisce stabilmente nel Fondo, dall’anno successivo alla cessazione dal servizio, in misura intera in ragione d’anno; solo per tale anno successivo, nel Fondo confluiscono altresì i ratei di RIA del personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente, calcolati in misura pari alle mensilità residue dopo la cessazione, computandosi a tal fine, oltre ai ratei di tredicesima mensilità, le frazioni di mese superiori a quindici giorni;
d) le somme connesse all’applicazione del principio di onnicomprensività della retribuzione ai sensi dell’art. 60;
e) risorse autonomamente stanziate dagli enti per adeguare il Fondo alle proprie scelte organizzative e gestionali, in base alla propria capacità di bilancio, ed entro i limiti di cui al comma 1 oltreché nel rispetto delle disposizioni derivanti dai rispettivi ordinamenti finanziari e contabili”.
In questo disastroso scompiglio normativo, anche l’elemento più chiaro e basico diviene complesso: la decorrenza di un istituto contrattuale collegato alla percezione dello stipendio tabellare.
Sicchè, l’Aran finisce per ammettere che sebbene lo stipendio dei segretari comunali aumenti a decorrere dall’1.1.2018, gli effetti del galleggiamento, no, quelli decorrono dal 2020.
A parte la circostanza che l’istituto del galleggiamento, sorto normativamente per regolare i rapporti in particolare tra giudici amministrativi è stato considerato più volte illegittimo, sicchè non si capisce quale sia la fonte di legittimità di un contratto di prevedere un istituto espunto dalle leggi.
La cosa più logica sarebbe semplificare davvero e prevedere per i segretari comunali retribuzioni di posizione nei massimi anche superiori a quelle della dirigenza, senza frammentarle più in mille rivoli.
Ma, “semplificare” significa ridurre il numero dei fattori di un problema o di un lemma: operazione, questa, nota in matematica, ma del tutto assente nell’operato di chi produce leggi o contratti.
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1. Per altro, l’illusione della velleitaria disposizione dell’articolo 23, comma 1, del d.lgs 75/2017 è la premessa logica del micidiale successivo comma 2, la norma che inchioda il tetto del salario accessorio al 2016: una disposizione senza senso, che rende difficilissima la gestione del personale e, proprio per questo, derogata da non meno di 4 norme, eppure ancora lì, a dare fastidio.
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