domenica 30 maggio 2021

Semplificazioni? No, scorciatoie o paradossali ulteriori complicazioni e adempimenti, specie negli appalti. Il disastro del decreto che doveva modernizzare la PA

        Scorciatoie, non semplificazioni. Lo abbiamo già evidenziato più volte (qui, qui e qui) che il rischio delle scelte del Governo sta proprio nel non effettuare riforme capaci di cambiare il sistema amministrativo, bensì limitate alla sola previsione di commissari e cabine di regia e riduzioni di termini per “fare presto”, senza cambiare, però, gli iter e le logiche.

Su La Repubblica del 30.5.2021 condivide questa sensazione anche Sergio Rizzo, nell’articolo “Sfida alla burocrazia”: “Anche questo provvedimento è infatti una collezione di scorciatoie e corsie preferenziali, dalla drastica riduzione dei termini per le valutazioni di impatto ambientale al rafforzamento del silenzio-assenso: il che è assai diverso da una riforma organica di sistema”.

Semplificare significa ridurre adempimenti, documenti da presentare, passaggi da rispettare. Mantenere gli stessi adempimenti, documenti e passaggi, prevedendo, però, termini inferiori (non si sa stimati come e rimane priva di risposta una domanda: erano eccessivi i tempi precedenti o sono troppo brevi questi nuovi?) o sistemi di commissariamento, non è semplificare. E’ ammettere che non vi è tempo per una riforma vera o mancano le competenze per attuarla o non vi possono essere le necessarie intese politiche per darvi corso.

Da qui la scelta delle scorciatoie. Bisogna assumere in fretta i “super esperti” che dovrebbero aiutare le amministrazioni ad attuare i progetti del Pnrr? Si assume senza concorsi, per chiamata diretta. Si deve assumere velocemente per impinguare le competenze ed i numeri di una PA troppo anziana e troppo sotto organico? Si rende il concorso una sorta di ordalia, con un sola provina scrittina di un’oretta ed un colloquietto orale. Si debbono realizzare velocemente gli appalti? Nel sotto soglia, specie per forniture e servizi, si eliminano le gare e si estendono a dismisura gli affidamenti diretti. E così via.

Ma, non basta. Nella furia di cercare scorciatoie e verticalizzazioni del potere verso la “cabina di regia”, gli adempimenti, invece di diminuire, aumentano. Sì, perché il commissariamento di enti considerati troppo lenti nell’adottare le decisioni attuative richiederà: l’accertamento del ritardo; la diffida a procedere entro un termine; l’accertamento del superamento di tale termine senza esito; il provvedimento di commissariamento; l’insediamento del commissario; la riattivazione delle fasi; ma, forse, si vedrà dalle norme attuative, l’apertura di procedimenti disciplinari e di responsabilità per chi abbia causato i ritardi; con la conseguenza probabile del nascere di contenziosi sul merito del commissariamento e sulle eventuali azioni di responsabilità. Sembra, tutto ciò, una semplificazione?

E ancora: il decreto cosiddetto semplificazioni nella parte più delicata, quella relativa agli appalti, compie il paradosso, come troppe volte si è visto nel passato, di complicare, lungi dal semplificare.

Emblematica è la norma dell’articolo 48 della bozza, rubricato “Pari opportunità, generazionali e di genere, nei contratti pubblici PNRR e PNC”. E’ la norma-bandierina del PD, che ha molto insistito perché fosse inserita nella disciplina degli appalti, allo scopo di favorire l’occupazione giovanile e delle donne e, in generale, la parità di genere.

A ben leggerla, si tratta di quanto di più dirigistico, complicato e velleitario si sia poche volte visto, in un ordinamento già intriso di norme bizantine ed astruse. Vale la pena di leggerlo:

1. Per perseguire le finalità relative alle pari opportunità, generazionali e di genere, in relazione alle procedure afferenti gli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal Regolamento (UE) 2021/240 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 febbraio 2021 e dal Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021, nonché dal Piano nazionale per gli investimenti complementari di cui all’articolo 1 del decreto – legge 6 maggio 2021, n. 59, si applicano le disposizioni seguenti.

2. Gli operatori economici tenuti alla redazione del rapporto sulla situazione del personale, ai sensi dell’articolo 46 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, producono, a pena di esclusione, al momento della presentazione della domanda di partecipazione o dell’offerta, copia dell’ultimo rapporto redatto, con attestazione della sua conformità a quello trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità ai sensi del secondo comma del citato articolo 46, ovvero, in caso di inosservanza dei termini previsti dal comma 1 del medesimo articolo 46, con attestazione della sua contestuale trasmissione alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità.

3. Gli operatori economici, diversi da quelli indicati nel comma 2 e che occupano un numero pari o superiore a quindici dipendenti, entro sei mesi dalla conclusione del contratto, sono tenuti a consegnare alla stazione appaltante una relazione di genere sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell'intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta. La relazione di cui al primo periodo è tramessa alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità.

4. Le stazioni appaltanti prevedono, nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, specifiche clausole dirette all’inserimento, come requisiti necessari e come ulteriori requisiti premiali dell’offerta, criteri orientati a promuovere l’imprenditoria giovanile, la parità di genere e l’assunzione di giovani, con età inferiore a trentasei anni, e donne. Il contenuto delle clausole è determinato tenendo, tra l’altro, conto dei principi di libera concorrenza, proporzionalità e non discriminazione, nonché dell’oggetto del contratto, della tipologia e della natura del singolo progetto in relazione ai profili occupazionali richiesti, dei principi dell’Unione europea, degli indicatori degli obiettivi attesi in termini di occupazione femminile e giovanile al 2026, anche in considerazione dei corrispondenti valori medi nonché dei corrispondenti indicatori medi settoriali europei in cui vengono svolti i progetti. Fermo restando quanto previsto al comma 6, è requisito necessario dell’offerta l’assunzione dell’obbligo ad assicurare una quota pari almeno al 30 per cento, delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, all’occupazione giovanile e femminile. Ulteriori misure premiali possono prevedere l’assegnazione di un punteggio aggiuntivo all’offerente o al candidato che:

a) nei tre anni antecedenti la data di scadenza del termine di presentazione delle offerte, non risulti destinatario di accertamenti relativi ad atti o comportamenti discriminatori ai sensi dell'articolo 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dell'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, dell'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, quelle di cui all'articolo 3 della legge 1° marzo 2006, n. 67, quelle di cui agli articoli 35 e 55-quinquies del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, ovvero quelle di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151;

b) utilizzi o si impegni a utilizzare specifici strumenti di conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro per i propri dipendenti, nonché modalità innovative di organizzazione del lavoro;

c) si impegni ad assumere, oltre alla soglia minima percentuale prevista come requisito di partecipazione, giovani, con età inferiore a trentasei anni, e donne per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali;

d) abbia, nell’ultimo triennio, rispettato i principi della parità di genere e adottato specifiche misure per promuovere le pari opportunità generazionali e di genere, anche tenendo conto del rapporto tra uomini e donne nelle assunzioni, nei livelli retributivi e nel conferimento di incarichi apicali;

e) abbia presentato o si impegni a presentare per ciascuno degli esercizi finanziari, ricompresi nella durata del contratto di appalto, una dichiarazione volontaria di carattere non finanziario ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 2016, n. 254.

5. I contratti di appalto prevedono l’applicazione di penali per l’inadempimento dell’appaltatore agli obblighi di cui al comma 3 ovvero del comma 4, commisurate alla gravità della violazione e proporzionali rispetto all’importo del contratto o alle prestazioni del contratto, nel rispetto dell’importo complessivo previsto dall’articolo 51 del presente decreto. La violazione dell’obbligo di cui al comma 3 determina, altresì, l’impossibilità per l’operatore economico di partecipare, in forma singola ovvero in raggruppamento temporaneo, per un periodo di dodici mesi ad ulteriori procedure di affidamento afferenti gli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse di cui al comma 1.

6. Le stazioni appaltanti possono escludere l’inserimento nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti delle previsioni di cui al comma 4, o stabilire una quota inferiore, dandone adeguata e specifica motivazione, qualora l’oggetto del contratto, la tipologia o la natura del progetto o altri elementi puntualmente indicati ne rendano l’inserimento impossibile o contrastante con obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.

7. Con linee guida del Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero dei Ministri o delle autorità delegati per le pari opportunità e della famiglia e per le politiche giovanili e il servizio civile universale, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, possono essere definite le modalità e i criteri applicativi delle misure previste dal presente articolo, indicate misure premiali e predisposti modelli di clausole da inserire nei bandi di gara differenziate per settore, tipologia e natura del contratto o del progetto.

8. I rapporti e le relazioni previste dai commi 2 e 3 sono pubblicati sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente”, ai sensi dell’articolo 29 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e comunicati alla Presidenza del consiglio dei ministri ovvero ai Ministri o alle autorità delegati per le pari opportunità e della famiglia e per le politiche giovanili e il servizio civile universale”.

Già ad una prima veloce lettura si percepisce che la norma ingigantisce appunto adempimenti e passaggio operativi, sia a carico delle imprese, sia a carico delle stazioni appaltanti.

Elenchiamoli in modo più razionale.

Adempimenti per le imprese.

Le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti (si tratta degli Gli operatori economici tenuti alla redazione del rapporto sulla situazione del personale, ai sensi dell’articolo 46 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198) hanno questi oneri:

Adempimenti

Penali

produrre al momento della presentazione della domanda di partecipazione o dell’offerta:

1)        copia dell’ultimo rapporto redatto ai sensi del secondo comma dell’articolo 46 del d.lgs 198/2006

a)        con attestazione della sua conformità a quello trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità,

b)        oppure, in caso di inosservanza dei termini previsti dal comma 1 del medesimo articolo 46, con attestazione della sua contestuale trasmissione alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità

Esclusione dall’appalto

Adempiere all’obbligo di assicurare una quota pari almeno al 30 per cento, delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, all’occupazione giovanile e femminile, se previsto dagli atti di gara

Penale economica, da fissare col contratto

Fornire la complessa documentazione richiesta dal comma 4, lettere da a) ad e), se richiesta dalla stazione appaltante.

Nessuna.

Gli operatori economici, diversi da quelli visti prima e che occupano un numero pari o superiore a quindici dipendenti:

Adempimenti

Penali

entro sei mesi dalla conclusione del contratto, sono tenuti a consegnare alla stazione appaltante:

1.        una relazione di genere:

a.         sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni

b.        in relazione allo stato

i.         di assunzioni,

ii.        della formazione,

iii.       della promozione professionale,

iv.       dei livelli,

v.        dei passaggi di categoria o di qualifica,

vi.       di altri fenomeni di mobilità,

vii.     dell'intervento della Cassa integrazione guadagni,

viii.    dei licenziamenti,

ix.       dei prepensionamenti e pensionamenti,

x.        della retribuzione effettivamente corrisposta.

Tale relazione va tramessa anche alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità.

Penali economiche, da fissare col contratto.

Adempiere all’obbligo di assicurare una quota pari almeno al 30 per cento, delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, all’occupazione giovanile e femminile, se previsto dagli atti di gara

Penale economica, da fissare col contratto.

Fornire la complessa documentazione richiesta dal comma 4, lettere da a) ad e), se richiesta dalla stazione appaltante.

Nessuna.

Come si nota, per le imprese c

Come si nota, per le imprese con organici superiori ai  ai 100 dipendenti l’obbligo di trasmettere alla stazione appaltante, con l’offerta, la relazione prevista dall’articolo 46 del d.lgs 198/2006 è sanzionato con l’esclusione dall’appalto. Invece, la complicatissima relazione imposta alle altre imprese, consistente in una cronistoria delle vicende organizzative, non implica alcuna conseguenza, anche perché non è preordinata alla partecipazione all’appalto, ma è un mero adempimento successivo alla sottoscrizione del contratto.

Non risulta del tutto comprensibile la discriminazione tra operatori economici che viene così determinata.

Soprattutto, sfugge del tutto la concreta utilità degli adempimenti. Partiamo dalla relazione prevista per le imprese non tenute al rapporto di cui all’articolo 46 del d.lgs 198/2006. La semplice circostanza che l’obbligo di produrre la complicatissima relazione non sia sanzionato, lo rende un mero adempimento formale, privo di sostanziale utilità. Inoltre, sarebbe il caso di rispondere alla seguente domanda e, cioè, cosa se ne faccia di tale relazione la stazione appaltante. Non essendo rilevante né ai fini della gara, né della gestione del contratto, a che serve? Inoltre, anche ammesso che le imprese adempiano all’obbligo di trasmettere tale relazione: come si può pretendere che le singole stazioni appaltanti abbiano minimamente modo di verificarne in contenuti? Si pensa che sia necessario attivare l’Ispettorato del lavoro? E a che pro?

Queste poche, ma logiche domande, dimostrano l’inno alla burocrazia e alle insidie dei contenziosi che si nascondono dietro adempimenti velleitari come questo.

Per quanto riguarda le imprese con oltre 100 dipendenti, risulta del tutto evidente che per le stazioni appaltanti è totalmente impossibile entrare minimamente nel merito del rapporto da trasmettere: pertanto, alla fine, tutto si ridurrà ad un onere in più per le imprese, chiamate ad ingigantire la documentazione amministrativa da trasmettere a pena di esclusione. Senza nessun possibile beneficio di sostanza.

Oneri delle stazioni appaltanti.

Proviamo, ora, a descrivere gli oneri addossati vanamente alle stazioni appaltanti:

1)      controlli sull’effettivo inserimento nella documentazione di gara del rapporto richiesto alle imprese con almeno 100 dipendenti ed avvio delle eventuali procedure di esclusione dalla gara per quelle inadempienti;

2)      controllo sull’effettiva ricezione della relazione che le imprese diverse dalle prime debbono trasmettere entro 6 mesi dalla conclusione del contratto (a proposito: per “conclusione” cosa si intende? La stipulazione del contratto, o la conclusione della prestazione?);

3)      previsione, nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, di specifiche clausole dirette all’inserimento, di criteri orientati a promuovere

a)      l’imprenditoria giovanile,

b)      la parità di genere

4)      l’assunzione di giovani, con età inferiore a trentasei anni, e donne.
Tali clausole dispongono sia requisiti necessari ai fini della stessa ammissione alla gara, sia come requisiti premiali dell’offerta, che quindi va configurata come offerta economicamente più vantaggiosa necessariamente;

5)      l’attenzione alla determinazione del contenuto delle clausole di cui al punto 3) in modo da tenere conto “tra l’altro” e, dunque, non solo:

a)      dei principi di

i)       libera concorrenza,

ii)     proporzionalità

iii)   non discriminazione,

b)      dell’oggetto del contratto,

c)      della tipologia e della natura del singolo progetto in relazione ai profili occupazionali richiesti, dei principi dell’Unione europea,

d)      degli indicatori degli obiettivi attesi in termini di occupazione femminile e giovanile al 2026, anche in considerazione dei corrispondenti valori medi nonché dei corrispondenti indicatori medi settoriali europei in cui vengono svolti i progetti;

6)      l’introduzione della previsione che nell’offerta sia espressamente assunto dall’impresa l’obbligo di assicurare una quota pari almeno al 30 per cento delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, all’occupazione giovanile e femminile;

7)      la necessità di introdurre l’obbligo di cui al precedente punto, “fermo restando quanto previsto al comma 6”, che consente di imporre alle imprese il connesso obbligo;

8)      la facoltà di inserire nei criteri di gara ulteriori misure premiali in forma di punteggio aggiuntivo all’offerente o al candidato che
a) nei tre anni antecedenti la data di scadenza del termine di presentazione delle offerte, non risulti destinatario di accertamenti relativi comportamenti discriminatori ai sensi dell'articolo 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dell'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, dell'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, quelle di cui all'articolo 3 della legge 1° marzo 2006, n. 67, quelle di cui agli articoli 35 e 55-quinquies del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, ovvero quelle di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151;
b) utilizzi o si impegni a utilizzare specifici strumenti di conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro per i propri dipendenti, nonché modalità innovative di organizzazione del lavoro;
c) si impegni ad assumere, oltre alla soglia minima percentuale prevista come requisito di partecipazione, giovani, con età inferiore a trentasei anni, e donne per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali;
d) abbia, nell’ultimo triennio, rispettato i principi della parità di genere e adottato specifiche misure per promuovere le pari opportunità generazionali e di genere, anche tenendo conto del rapporto tra uomini e donne nelle assunzioni, nei livelli retributivi e nel conferimento di incarichi apicali;
e) abbia presentato o si impegni a presentare per ciascuno degli esercizi finanziari, ricompresi nella durata del contratto di appalto, una dichiarazione volontaria di carattere non finanziario ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 2016, n. 254;

9)      applicare le linee guida operative previste dal comma 7 dell’articolo 48 dello schema di decreto;

10)  pubblicare sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente”, ai sensi dell’articolo 29 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 i rapporti e le relazioni trasmessi dagli operatori economici;

11)  comunicare i medesimi rapporti e relazioni alla Presidenza del consiglio dei ministri ovvero ai Ministri o alle autorità delegati per le pari opportunità e della famiglia e per le politiche giovanili e il servizio civile universale;

12)  considerare la possibilità di non chiedere alle aziende di indicare come adempiere all’obbligo di assumere giovani o donne, o stabilire una quota inferiore:

a)      dandone adeguata e specifica motivazione,

b)      qualora l’oggetto del contratto, la tipologia o la natura del progetto o altri elementi puntualmente indicati ne rendano l’inserimento impossibile o contrastante con obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.

Ora, soltanto a guardare la ridda di adempimenti, documenti ed oneri, non pare si possa nemmeno avanzare la lontana impressione che si tratti di una “semplificazione”.

L’articolo 48 è una norma-bandiera, sostanzialmente foriera di contenzioso ed enormi complicazioni operative, per almeno le seguenti ragioni:

a)      come si nota, comporta un notevole aggravamento del carico amministrativo, sia per le imprese, sia per le stazioni appaltanti;

b)      l’accrescimento di questi carichi amplia il rischio di contenzioso: le imprese potranno ingerirsi sulla scelta, ad esempio, di non introdurre negli appalti criteri premiali o di applicare il comma 6; oppure, accessi agli atti entro i 6 mesi dalla conclusione dei contratti potranno essere attivati per verificare se le imprese con meno di 100 dipendenti abbiano trasmesso o meno la relazione aziendale, con lo scopo di chiedere azioni contro l’impresa o risarcimenti;

c)      le stazioni appaltanti, se intendano applicare le previsioni del comma 4 dell’articolo 48 dello schema di decreto, dovrebbero, nella sostanza, poter davvero verificare in concreto che l’appaltatore adempia all’obbligazione di destinare almeno il 30 per cento delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, all’occupazione giovanile e femminile. Ma, come fare? Si scatenerebbe un complesso meccanismo di trasmissione di comunicazioni e documenti, con la necessità di riscontri tramite i centri per l’impiego, che costringerebbe le stazioni appaltanti ad una continua attività puramente amministrativa di verifica di dichiarazioni ed atti; impossibile immaginare di caricare il Rup anche di questi ulteriori gravosi oneri;

d)      ancora, le stazioni appaltanti, per applicare queste farraginose norme volte a favorire la parità di genere e l’occupazione giovanile e femminile, dovrebbero bilanciarle tenendo conto:

a.       dell’oggetto del contratto: dunque, non tutti gli appalti andrebbero o potrebbero essere modulati in modo standard;

b.      della tipologia e della natura del singolo progetto in relazione ai profili occupazionali richiesti: considerare, quindi, quali profili professionali sono coinvolti nella realizzazione della prestazione. Per esempio, nell’edilizia la promozione del lavoro femminile, per quanto cosa commendevole, è del tutto non pretensibile, dal momento che per molte ragioni si tratta di lavori che da sempre hanno un tasso di presenza femminile bassissimo;

c.        dei principi dell’Unione europea: i quali, per altro, impongono il rispetto della totale libertà di impresa e di organizzazione per i datori di lavoro, difficilmente conciliabili con l’impostazione dirigista della norma;

d.       degli indicatori degli obiettivi attesi in termini di occupazione femminile e giovanile al 2026, anche in considerazione dei corrispondenti valori medi nonché dei corrispondenti indicatori medi settoriali europei in cui vengono svolti i progetti: in poche parole, si chiede alla stazione appaltante di avere un osservatorio del mercato del lavoro, che sappia tenere conto degli andamenti occupazionali non nel complesso del mercato (cosa già difficile, ma possibile utilizzando a dovere i dati Istat, Inps, Eurostat ed elaborati da osservatori regionali), ma della singola azienda!;

e)      ma, le stazioni appaltanti debbono, ovviamente, agire sempre tenendo conto dei principi di libera concorrenza, proporzionalità e non discriminazione: come fa a considerarsi proporzionata, sul piano degli oneri amministrativi, la ridda di documenti e dichiarazioni imposte? Come si può considerare il tutto in linea coi principi di libera concorrenza?

In particolare, come è possibile pretendere che una stazione appaltante possa determinare quanto personale un operatore economico debba assumere per la realizzazione di un certo appalto? Il progetto può determinare quali lavorazioni siano necessarie, quali qualificazioni professionali richiedere, quante ore-uomo destinare. Ma, non essendo in alcun modo possibile conoscere la specifica organizzazione aziendale e l’organigramma di ogni singola azienda, è totalmente velleitario immaginare che la stazione appaltante in sede progettuale possa realmente spingere gli operatori economici ad effettuare assunzioni.

Per altro, le complicatissime ed inani previsioni volte alla promozione del lavoro giovanile e femminile sono, praticamente, annullate dal comma 6, che consente alle stazioni appaltante di non applicarle mai. Ma, a condizione di dare corso a quella “adeguata e specifica motivazione” capace di dare conto della circostanza che l’oggetto del contratto, la tipologia o la natura del progetto o altri elementi puntualmente indicati rendano impossibile o contrastante con obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche inserire la clausola che obblighi gli operatori economici ad assicurare misure di inserimento lavorativo per giovani e donne.

Poiché simili clausole sono totalmente velleitarie, è facile immaginare che la gran parte delle stazioni appaltanti utilizzerà in modo diffuso il comma 6; con la conseguenza, però, di dover adottare i provvedimenti di indizione delle gare, cioè le determine a contrattare, gravati da un onere motivazionale molto pesante e complesso, che espone i provvedimenti a vizi di legittimità per carenza di motivazione, con conseguente ulteriori rischi di ingigantimento di un contenzioso tale da allungare a dismisura quei tempi di realizzazione degli appalti che il decreto vorrebbe, invece, abbreviare.

Nel Paese nel quale la giurisprudenza è assolutamente contraddittoria persino sul tema dei valori minimi del costo del lavoro, poiché le tabelle ministeriali di cui all’articolo 23, comma 16, del d.lgs 50/2016 non sono vincolanti e poiché non c’è il minimo salariale ex lege, le previsioni dell’articolo 48 dello schema di contratto altro non sono se non una superfetazione burocratica parossistica, priva di qualsiasi possibile costrutto di utilità.

Ma, per gli appalti potremmo proseguire anche sull’altra “bandiera” quella del subappalto. Pare una “semplificazione” l’ennesima norma “a scadenza” che innanza la soglia subappaltabile della categoria principale al 50% del valore, ma solo fino al 31 ottobre? E che dire dell’introduzione di nuovi adempimenti, incisi ed atti per il subappalto a regime, che dall’1 novembre 2021 sarà liberalizzato, a meno che non si introducano limitazioni di valore e categorie di lavori. Il che richiederebbe per le stazioni appaltanti l’ennesima “adeguata motivazione nella determina a contrarre”; l’eventuale parere delle Prefetture competenti; l’indicazione nei documenti di gara delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto da specificare; della necessità di esplicitare la natura o la complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare; la necessità di rafforzare (ma non è dato sapere come) il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro e di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori; la necessità di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali, che si edulcorerebbe laddove i subappaltatori siano iscritti nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori di cui al comma 52 dell’articolo 1 della legge 190/2012, oppure nell’anagrafe antimafia degli esecutori istituita dall’articolo 30 del d.l., convertito, con modificazioni, dalla legge229/2016.

E sul “massimo ribasso”? Una sorta di “guerra santa” totalmente fuori posto, perché ci si dimentica che il ribasso è previsto anche nel caso dell’offerta economicamente più vantaggiosa e , soprattutto, che il ribasso incide negativamente sugli appalti soltanto se i progetti sono fatti male, sommariamente e di fretta, esponendo poi la regolazione delle attività a riserve e varianti e, soprattutto, al dumping salariale. Purtroppo, il decreto sulla qualità della progettazione, che è da sempre e diffusamente bassissima e fonte primaria dei ribassi insostenibili e dell’allungamento dei tempi di realizzazione e dell’incremento dei costi, fase fondamentale degli appalti, non spende nemmeno un pixel.

Lo ribadiamo: semplificare è tutt’altro. Invece, questo decreto è ben sintetizzato dalla paradossale norma di “rafforzamento” del silenzio assenso, che introduce l’attestazione della sua formazione, che le amministrazioni silenti sarebbero “tenute” ad emettere entro 10 giorni dalla richiesta dell’interessato, ma che tenute, invece, non sono, tanto che l’interessato, trascorsi i 10 giorni, potrà attestarlo da sé, con una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorità, che avrebbe potuto perfettamente rilasciare anche subito dopo la formazione del silenzio assenso, senza dover chiedere più nulla all’amministrazione inerte.

Se tutto ciò sembra “semplificazione”…

 

 

4 commenti:

  1. Se tutto ciò sembra “semplificazione”… a chi di complicazione ne fa mestiere!

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  2. Manca una azione decisa dei funzionari degli uffici gare contro queste previsioni normative. Dal 2016 si assiste a modifiche continue prive di ratio. Occorrerebbe uno sciopero incisivo e ad oltranza.

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  3. Negli uffici gare non vuol più lavorare nessuno, è diventato impossibile lavorare serenamente.

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  4. La cosa divertente è l'assenza di vacatio legis ( vabbè questo è un decreto legge ed entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione)...ma ancora sono vivi gli effetti dell'entrata in vigore immediata del d. Lgs. N. 50/2016.

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