Che accade alle mobilità volontarie attivate in vigenza della disciplina dettata dal d.l. 80/2021 e non ancora chiuse al momento della conversione con le modifiche (molte) disposte dalla legge di conversione 113/2021?
La domanda se la stanno ponendo molti operatori, segno che la parziale liberalizzazione della mobilità ha immediatamente ottenuto l’effetto di appunto “mobilitare” non pochi dipendenti.
Il problema investe gli enti locali, perché è in questo comparto che le cose sono cambiate in modo particolare.
L’iniziale univoca fattispecie di regolazione della mobilità (univoca ma resa complessa dalla presenza di 3 situazioni al verificarsi delle quali ritornerebbe l’obbligo del previo assenso dell’ente di appartenenza), per gli enti locali si è trasformata in 4 distinte fattispecie, che vanno da un’esclusione assoluta della mobilità liberalizzata (per gli enti fino a 100 dipendenti) ad una modulazione diversa di una delle tre condizioni che fanno scattare il nulla osta:
Regolazione mobilità originaria ed ancora applicabile alle PA diverse da enti locali |
Regolazione per gli enti locali, derivante dalla legge di conversione 113/2021 |
Soppressione del previo assenso dell’ente di appartenenza del dipendente che intende andare in mobilità. Il previo assenso è tuttavia necessario comunque: a) per posti dichiarati motivatamente infungibili; b) per personale assunto da meno di tre anni c) qualora la mobilità determini una carenza di organico superiore al 20 per cento nella qualifica corrispondente a quella del richiedente. |
a) gli enti locali con meno di 100 dipendenti appaiono totalmente esclusi dall’istituto della mobilità (e con loro, i loro dipendenti); |
Soppressione del previo assenso dell’ente di appartenenza del dipendente che intende andare in mobilità. Il previo assenso è tuttavia necessario comunque: 1. per gli enti locali con numero di dipendenti compreso tra 100 e 249 : a. per posti dichiarati motivatamente infungibili; b. per personale assunto da meno di tre anni c. qualora la mobilità determini una carenza di organico superiore al 5 per cento nella qualifica corrispondente a quella del richiedente; 2. per gli enti locali con numero di dipendenti compreso tra 250 e 449 : a. per posti dichiarati motivatamente infungibili; b. per personale assunto da meno di tre anni c. qualora la mobilità determini una carenza di organico superiore al 10 per cento nella qualifica corrispondente a quella del richiedente; 3. per gli enti locali con numero di dipendenti da 500 in su: a. per posti dichiarati motivatamente infungibili; b. per personale assunto da meno di tre anni c. qualora la mobilità determini una carenza di organico superiore al 10 per cento nella qualifica corrispondente a quella del richiedente; |
Dunque, per gli enti locali con un numero dipendenti da 500 in su tra .l. 80/2021 e legge di conversione 113/2021, non cambia nulla.
Per gli enti con organici tra 100 e 249 e tra 250 e 499, cambia la percentuale della carenza dotazionale (la terza causa che può far tornare in auge il nulla osta).
Per gli enti locali con un numero di dipendenti fino a 100 (la grande maggioranza) le cose cambiano di molto e vanno:
dal divieto totale ed assoluto di mobilità volontaria (stando al testo letterale dell’articolo 30, comma 1.1., novellato, del d.lgs 165/2001):
al semplice ripristino del previo assenso sempre e comunque (provando una complessa interpretazione sistematica, teleologica e costituzionalmente orientata).
Poniamo, quindi, che un dipendente di un ente locale con un numero di dipendenti fino a 100 abbia attivato la mobilità volontaria, in risposta ad un bando di un ente, vigente solo il d.l. 80/2021. Poniamo, ancora, che l’ente di appartenenza non abbia, a suo tempo, né indicato come infungibile la mansione del dipendente interessato, che detto dipendente lavori presso l’ente di appartenenza da più di tre anni e che non sia stata rilevata una carenza dotazionale del profilo di appartenenza superiore al 20%. Poniamo, infine, che il dipendente tuttavia non si sia ancora trasferito al momento della conversione in legge con modificazioni del d.l. 80/2021, che modifica l’assetto normativo come sintetizzato sopra.
La domanda che si pone è se l’eventuale già avvenuto trasferimento, individuato con la presa di servizio del lavoratore presso l’ente di destinazione (ma, occorre un contratto, visto che i rapporti di lavoro nella PA si costituiscono con contratti), possa considerarsi legittimo, oppure se, in alternativa:
sia invece nullo o illegittimo (sia amministrativamente, sia civilmente), sulla base dell’interpretazione letterale dell’articolo 30, comma 1.1., del d.lgs 165/2001, che pare disapplicare totalmente la mobilità per gli enti locali con un numero di dipendenti fino a 100;
l’ente di appartenenza, riacquisito il potere/dovere di esprimere il “previo assenso” (id est nulla osta), non lo conceda, “reclamando” il rientro in servizio nei propri organici.
Per provare a rispondere alle domande, si deve fare riferimento alle previsioni dell’articolo 15, comma 5, della legge 400/1988: “Le modifiche eventualmente apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest’ultima non disponga diversamente. Esse sono elencate in allegato alla legge”.
Ora, la legge 113/2021 non contiene alcuna norma di diritto intertemporale, posta a disporre l’efficacia delle modifiche apportate al d.l. 80/2021 in modo che essi risulti diversa dalla data di entrata in vigore della medesima legge di conversione. Pertanto, le modifiche disposte dalla legge 113/2021 divengono efficaci dall’8.8.2021.
Proviamo, quindi, a rispondere. Nel regime antecedente all’8.8.2021, la mobilità è risultata “liberalizzata”. Ciò significa che il nulla osta non era dovuto, a meno che l’ente non avesse prontamente fatto valere una delle tre cause di sua riemersione.
Quindi, cosa accade allorchè un dipendente dell’ente locale abbia risposto ad una procedura di mobilità e sia stato scelto dall’ente di destinazione entro fino al 7.8.2021:
Comportamenti dell’ente |
Azioni del dipendente – conseguenze giuridiche |
L’ente sia rimasto silente, non abbia fatto valere nessuna delle tre cause di riemersione del previo assenso |
|
L’ente abbia per tempo adottato provvedimenti organizzativi volti a stabilire quali funzioni siano infungibili, ad accertare quali dipendenti abbiano meno di 3 anni di servizio e quali profili risultino nella dotazione carenti per almeno il 20% e: 1. abbia adottato il nulla osta entro l’8.8.2021; 2. abbia negato il nulla osta entro l’8.8.2021; 3. abbia adottato in nulla osta dopo l’8.8.2021 |
Nel caso 1, ove l’ente abbia concesso il nulla osta, il dipendente potrà trasferirsi anche a partire dall’8.8.2021, perché ormai la fattispecie si è completata. Nel caso 2. il dipendente non può legittimamente trasferirsi. Nel caso 3. il dipendente non può legittimamente trasferirsi: l’ente di appartenenza conserva comunque il potere di esprimere o meno il nulla osta anche a seguito della vigenza della legge 113/2021 |
L’ente che sia rimasto silente di fronte ad una domanda di mobilità ricevuta nella fase di vigenza del d.l. 80/2021, non riacquista, a decorrere dall’8.8.2021, la competenza ad esprimere o negare il nulla osta, anche se si tratti di ente con un numero di dipendenti fino a 100: infatti, la fattispecie della mobilità si è completata e vale sempre il principio tempus regit actum. Il diritto sopravvenuto, che per tale ente incide o escludendolo del tutto dall’istituto della mobilità, oppure reintegrando la piena discrezionalità del previo assenso, non produce effetti per le procedure antecedenti l’8.8.2021.
Nessun commento:
Posta un commento