La fortuna ha voluto che il green pass per accedere ai luoghi di lavoro abbia creato, fin qui, disagi, ma di estensione e misura ancora gestibili, per quanto sempre di disagi si tratti.
Resta il fatto che si tratta di una disciplina confusa e confusionaria per una ragione semplicissima: o si considera che la vaccinazione sia necessaria per l'esercizio di specifiche mansioni e, quindi, si stabilisce un obbligo vaccinale o, meglio ancora, si lascia a ciascuna azienda ed ente pubblico determinare cosa sia necessario perchè i dipendenti prestino attività lavorativa. Oppure, come avvenuto per mesi, si assicurino protocolli e comportamenti tali da garantire ancora un elevato grado di attenzione e prevenzione, come differenziazione degli orari, diluizione sui mezzi pubblici, distanziamento sociale.
Il green pass è una soluzione di compromesso, certamente adottata sia perchè l'obbligo vaccinale è di difficile attuazione per i controlli e per le responsabilità connesse alle eventuali reazioni avverse, sia perchè correlato in modo chiaro alla scelta di rinunciare al distanziamento sociale. Rinuncia più evidenziata dai fatti, che enunciata dalle norme, ma resa molto chiara:
a) dall'inesistenza di qualsiasi efficace azione di potenziamento del trasporto pubblico urbano ed extraurbano: autobus, pullman e treni regionali ed interregionali sono tornati ad essere come nel 2019: in ritardo, sporchi e super affollati;
b) dalla "guerra santa allo smart workiong", che in assenza appunto di misure di ampliamento dell'offerta di trasporto, in presenza di insufficienti misure di nuova regolazione della vita e degli orari delle città e in presenza di uffici e sedi lavorative ovviamente non pensate a misura di pandemia, costituiva comunque un valido strumento di distanziamento.
Come soluzione di compromesso, il green pass non poteva che portare caos. La sua concreta efficacia come strumento di induzione alle vaccinazioni e, quindi, di contrasto alla pandemia è bassissima: chi non ritiene di vaccinarsi, non viene convinto del contrario dall'obbligo del green pass. Inoltre, il green pass non è certo un presidio sanitario: è solo un certificato di uno status, esibibile, per paradosso, da un vaccinato che abbia contratto il virus senza saperlo e da asintomatico, o da un non vaccinato che abbia fatto il tampone 48 ore prima ed aver contratto il virus nelle 24 ore precedenti.Non solo. Come sempre, si è creato il caos burocratico, misto alla difficilissima conciliazione con le regole sulla riservatezza dei dati. La normativa prevede l'obbligo non solo di esibire il green pass, ma anche di possederlo, ma poi si incentra tutta sull'esibizione e non sul controllo del possesso, salvo prevedere, ma in via come dire sussidiaria ed accessoria ad alcuni datori soltanto (quelli di grandi dimensioni) di accedere a piattaforme di verifica del possesso e della condizione di validità del green pass, prescindendo dalla sua esibizione. Si sarebbe dovuto e potuto puntare sull'estensione all'utilizzo di queste piattaforme a tutti i datori e sul loro funzionamento prima di attivare l'obbligo del green pass.
Invece, si è scelto il caos, con i controlli da effettuare giorno per giorno, col telefonino, distogliendo risorse e tempi a queste pratiche, per altro senza tenere nella dovuta considerazione la circostanza che la durata in poche ore del GP da tampone espone allo scadere della certificazione successivamente all'ingresso.
Un classico buco normativo, creato da un modo di normare frettoloso, sommario e staccato dalla realtà di ogni giorno, al quale si è posta, come sempre, qualche pezza ancora peggiore.
E' il caso della famigerata Faq 12, secondo la quale il green pass deve essere valido nel momento in cui il lavoratore effettua il primo accesso quotidiano alla sede di servizio e può scadere durante l’orario di lavoro, senza la necessità di allontanamento del suo possessore.
Una Faq che fa a pugni:
a) con la legge, perchè introduce di fatto una previsione non contenuta nel d.l. 52/2021 e sue successive modifiche ed integrazioni;
b) con la pratica: poichè si consente ai datori di effettuare i controlli a campione e comunque non al momento dell'ingresso, risulta evidentemente inapplicabile la Faq a controlli a campione successivi a quell'ingresso.
Le Faq sono sempre più un problema, un vulnus pericoloso. A parte la circostanza che il Consiglio di stato ha, inevitabilmente, accertato che esse non possono essere una fonte del diritto, non è ammissibile che la "manina" di qualche ufficio amministrativo di fatto integri o modifichi la disciplina disposta dalle leggi, esercitando, quindi, senza alcuna legittimazione costituzionale, una vera e propria funzione normativa.
Le Faq dovrebbero limitarsi solo a scrivere con forma e lessico comprensibili, anche ricorrendo ad esempi, le regole esistenti, senza assolutamente interpretarle (cosa che spetta, semmai, alle circolari, che almeno sono controllate dalla Corte dei conti), nè, tanto meno, estendere o modificare contenuto delle norme.
Da troppo tempo, invece, è invalsa questa pessima abitudine di legiferare attraverso Faq, saltando Parlamento ed ogni forma di controllo.
Si giunge al paradossale risultato, quindi, che talvolta della essere il Parlamento ad inseguire le Faq. E' il caso degli emendamenti approvati nei giorni scorsi al Senato alla legge di conversione del d.l. 127/2021, ora all'esame della Camera.
Allo scopo di provare a semplificare il caos bizantino dei controlli, si sono introdotte due previsioni:
i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro;
Per i lavoratori dipendenti pubblici e privati la scadenza della validità della certificazione verde COVID-19 in corso di prestazione lavorativa non dà luogo alle sanzioni previste, rispettivamente, dagli articoli 9-quinquies, commi 7 e 8, e 9-septies, commi 8 e 9. Nei casi di cui al precedente periodo la permanenza del lavoratore sul luogo di lavoro è consentita esclusivamente per il tempo necessario a portare a termine il turno di lavoro
Sulla prima, sono già intervenuti gli strali del Garante della privacy, in grandissima parte fondati e condivisibili.
La seconda è proprio il frutto della necessità di conciliare la discutibile "facoltà" del lavoratore di consegnare il proprio GP al datore, con gli effetti della durata temporale del GP stesso, alla luce della Faq 12, che viene in qualche modo "legificata". Col risultato, davvero assurdo, che l'iniziativa legislativa sia condizionata dalla "manina" ignota che scrive le Faq.
Il caos da green pass, come si nota, va oltre, quindi, la specifica materia della lotta alla pandemia e della regolazione dei comportamenti dei cittadini, per espandersi fino alla stessa disciplina delle fonti, delle leggi, dell'iniziativa e dei controlli sull'operato delle fonti di produzione. Un'involuzione pericolosa.
Nessun commento:
Posta un commento