Si racconta da anni di quanto siano bravi i sindaci e quanto efficienti siano i comuni, a differenza di ministeri, province (infatti devastate da una riforma senza senso e incostituzionale) e regioni.
I fatti sono diversi. I grandi comuni sono da anni in situazioni disastrose e disastrate: Roma in 15 anni soltanto riuscì ad accumulare 17 miliardi di deficit. Ora, altri grandi comuni, tra Cui in particolare Napoli, Torino, Palermo e Reggio Calabria, hanno accumulato 5 miliardi di deficit.
I comuni, specie quelli di grandi dimensioni, sono quegli stessi enti che non hanno mai realizzato una rete sufficiente di asili nido; mai affinato un’efficiente rete di trasporto pubblico; mai assunto un adeguato numero di operatori ed assistenti sociali; mai fatto interventi (nemmeno in pandemia) per ammodernare le scuole e renderle più sicure almeno con impianti di aerazione; mai utilizzato i poteri di determinazione degli orari degli uffici pubblici per decongestionare il traffico. E si potrebbe continuare, in particolare con l’elencazione degli sperperi per “city manager” totalmente inutili o il flusso spaventoso di contributi e contributini ad associazioni ed associazioncine buone solo a promettere di convogliare qualche voticello all’assessore di turno.
Periodicamente, la notizia dei deficit spaventosi di queste gestioni fallimentari, vengono a galla. E pochi riflettono sul fatto che a pagare per le inefficienze di alcune decine di comuni di grandi dimensioni, se è lo Stato, sono tutti i cittadini: anche quelli che in quei comuni nè vivono, nè lavorano. Ma contribuiscono comunque alla loro sopravvivenza. Senza nemmeno poter chiedere conto delle responsabilità dei disastri gestionali.
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