Talvolta sembra che l’interpretazione delle norme sia effettuata al solo scopo di confondere e creare allarme, senza giungere a nessun risultato nè utile, nè logico.
Il problema dell’eventuale coinvolgimento delle amministrazioni pubbliche nel nuovo obbligo di comunicazione preventiva dei lavoratori autonomi, disposto dall’articolo 13 del d.l. 145/2021, convertito in legge 215/2021 è semplicemente falso e, come tale, inesistente, con non una soluzione, ma una constatazione: la norma NON SI APPLICA alle pubbliche amministrazioni.
Esprimere dubbi, nel merito, implica soltanto, appunto, voler spaccare il capello in quattro, estendendo senza alcun fondamento tecnico e logico la portata di una norma riferita con ogni evidenza solo ed esclusivamente ai datori di lavoro privato, qualificabili come imprenditori.
Sebbene non ve ne sia bisogno, perchè la PA non è mai qualificabile come soggetto imprenditore, gli argomenti e gli strumenti, sotto gli occhi di tutti, per escludere che la PA sia coinvolta dalla norma sono molteplici:
in caso di mancata comunicazione preventiva, l’Ispettorato nazionale del lavoro adotta nei confronti del soggetto inadempiente un provvedimento di “sospensione” dell’attività lavorativa “in relazione alla parte dell'attività imprenditoriale interessata dalle violazioni o, alternativamente, dell'attività lavorativa prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni”. E’ semplicemente inimmaginabile che si possa sospendere l’attività di una PA, posto che essa è resa nell’interesse generale e riguarda servizi doverosi per la collettività. Alcuni interpreti pongono l’esempio dell’asilo nido o della casa comunale. Non si tratta di un’attività imprenditoriale nel modo più assoluto, posto che manca del tutto, sebbene possa essere trattata come attività commerciale, lo scopo di lucro, elemento fondante dell’attività imprenditoriale Nè è minimamente pensabile che si sospenda un servizio pubblico come un asilo nido;
quale sanzione accessoria alla sospensione, si prevede che “Per tutto il periodo di sospensione e' fatto divieto all'impresa di contrattare con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti”: lo capisce chiunque che si tratta di una sanzione assolutamente non riguardante la PA;
si stabilisce che “I provvedimenti di cui al comma 1, per le ipotesi di lavoro irregolare, non trovano applicazione nel caso in cui il lavoratore risulti l'unico occupato dall'impresa”: più chiara la norma non potrebbe essere;
Qualcuno suggerisce che l’eventuale chiamata in causa delle PA come soggetti tenuti agli obblighi di comunicazione potrebbe discendere dalla circostanza che la norma modifica l’articolo 14 del d.lgs 81/2008, applicabile anche alle PA.
Però, si tratta di una disciplina di dettaglio riguardante uno specifico onere imposto nei confronti solo di datori di lavoro privati qualificabili come imprenditore, specificamente regolato: “con riferimento all'attivita' dei lavoratori autonomi occasionali, al fine di
svolgere attivita' di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell'utilizzo di tale tipologia contrattuale, l'avvio dell'attivita' dei suddetti lavoratori e' oggetto di preventiva comunicazione all'Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica. Si applicano le modalita' operative di cui all'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81”.
Ma, l’articolo 15, comma 3, del d.lgs 81/2015 fa parte della Sezione II del Capo II del medesimo d.lgs 81/2015. E cosa dispone l’articolo 13, comma 5, del d.lgs 81/2015, primo degli articoli compresi nella Sezione II del Capo II? “Le disposizioni della presente sezione non trovano applicazione ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”.
Insomma, una tempesta in un bicchiere d’acqua, la posizione di un tema e di dubbi senza alcun fondamento e soprattutto senza alcuna utilità pratica, buona solo per creare inopportuni fermento e incertezze.
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