Secondo Corrado Mancini, nell’articolo pubblicato da Il Sole 24 ore del 7.7.2022, col titolo “Piao, le «semplificazioni» del piano non sdoganano la prassi di adottare solamente la parte finanziaria del Peg” gli effetti dei decreti attuativi del Piao:
impongono agli enti locali con meno di 50 dipendenti di redigere il piano della performance;
consentono agli enti locali con oltre 50 dipendenti di non redigere più il piano della performance, poichè i suoi contenuti vanno a confluire nel Piao, da adottare entro il 31 gennaio di ogni anno (a partire dal 2023).
Si tratta di assunti erronei. Il primo, in particolare, si sofferma su un elemento solo formale, cioè la soppressione del terzo periodo dell’articolo 169, comma 3-bis, del d.lgs 267/2009. Tale norma prevedeva: “Il piano dettagliato degli obiettivi di cui all'articolo 108, comma 1, del presente testo unico e il piano della performance di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, sono unificati organicamente nel PEG”.
Il comma 3-bis dell’articolo 169 è stato introdotto dal d.l. 174/2012 (articolo 9, comma 2, lettera g-bis)), cioè ben 3 anni dopo la vigenza del d.lgs 150/2009.
Nessuno aveva mai dubitato che Peg e Pdo (piano dettagliato degli obiettivi) dovessero essere un unicum. L’approvazione di un Peg solo finanziario (consistente nella disaggregazione dei capitoli di bilancio), disgiunto dall’individuazione degli obiettivi, è da sempre una stortura, un vero e proprio travisamento delle norme, causato anche dalla sciagurata introduzione della figura del direttore generale alla quale l’articolo 108 del d.lgs 267/2000 sembra rimettere in esclusiva la competenza del Pdo. Non è così: il Pdo è sempre obbligatorio, anche per gli enti che non possono (per fortuna) avvalersi del direttore generale e per quelli che, pur potendo avvalersene, ne fanno (per fortuna) a meno.
Dunque, l’unificazione nel Peg del Pdo disposta dalla norma del 2012 era solo un’esortazione rivolta ai troppi comuni “recalcitranti” a gestire in maniera corretta la programmazione gestionale e non certo la fonte unica della necessaria unificazione di Peg e Pdo.
Pertanto, l’abolizione dell’ultimo periodo dell’articolo 169, comma 3-bis, del Tuel non comporta affatto la conseguenza che gli enti con meno di 50 dipendenti, in quanto esentati dal redigere la sezione Performance del Piao, siano allora tenuti a redigere il piano della performance previsto dall’articolo 10 del d.lgs 150/2009.
Il Mancini dimentica la previsione dell’articolo 16, comma 2, del medesimo d.lgs 150/2009, che indica quali siano gli articoli di tale norma ai quali gli enti locali debbono adeguare i propri ordinamenti: “Le regioni, anche per quanto concerne i propri enti e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti ai principi contenuti negli articoli 3, 4, 5, comma 2, 7, 9 e 15, comma 1. Per l'attuazione delle restanti disposizioni di cui al presente decreto, si procede tramite accordo da sottoscrivere ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 281 del 1997 in sede di Conferenza unificata”. Come si nota, l’articolo 10 non è tra le norme alle quali gli enti locali debbono adeguarsi: per la semplice ragione che gli enti locali non sono mai stati, nè mai lo saranno, obbligati ad approvare il piano delle performance.
Gli enti con popolazione inferiore ai 50 dipendenti, quindi, restano obbligati a determinare gli obiettivi col Peg combinato col Pdo.
Il Mancini condivisibilmente evidenzia che, quindi, la riforma del Piao non consente certo di disgiungere un Peg finanziario dal Pdo. Ma non richiama la vera fonte di questa necessaria congiunzione: l’articolo 5, comma 1, sempre del d.lgs 150/2009, ai sensi del quale “Gli obiettivi di cui al comma 01, lettera b), sono programmati, in coerenza con gli obiettivi generali, su base triennale e definiti, prima dell'inizio del rispettivo esercizio, dagli organi di indirizzo politico-amministrativo, sentiti i vertici dell'amministrazione che a loro volta consultano i dirigenti o i responsabili delle unita' organizzative. Gli obiettivi sono definiti in coerenza con gli obiettivi di bilancio indicati nei documenti programmatici di cui alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, e di cui alla normativa economica e finanziaria applicabile alle regioni e agli enti locali e il loro conseguimento costituisce condizione per l'erogazione degli incentivi previsti dalla contrattazione integrativa”.
Dunque, prima occorre approvare il bilancio (nel rispetto del Dup); poi gli obiettivi. Esattamente come avviene col Peg-Pdo, da approvare entro 20 giorni dall’approvazione del bilancio di previsione.
E se la scadenza di quest’ultimo viene rinviata, come avviene regolarmente? Non solo il termine per approvare il Piao slitta di 30 giorni (valevole per gli enti con oltre 50 dipendenti), ma anche la formale approvazione di Peg+Pdo slitta.
Tuttavia, è sempre l’articolo 5 del d.lgs 150/2009 a fornire agli enti locali - tutti - la soluzione allo slittamento degli atti costituenti presupposto tecnico giuridico alla programmazione, col comma 1-ter: “Nel caso di differimento del termine di adozione del bilancio di previsione degli enti territoriali, devono essere comunque definiti obiettivi specifici per consentire la continuita' dell'azione amministrativa”.
Dunque, in ogni caso Piao o non Piao, Peg-Pdo o non Peg-Pdo, gli enti locali a inizio anno debbono garantire la programmazione gestionale definendo gli obiettivi, anche in via provvisoria.
In conclusione, gli enti con meno di 50 dipendenti debbono agire alla luce dell’ordinamento locale e, dunque, a loro continua a non applicarsi l’articolo 10 del d.lgs 150/2009, ma si applicano, invece, le norme del Tuel su Peg+Pdo; gli enti con oltre 50 dipendenti debbono comunque approvare il Peg finanziario: faranno bene ad integrarlo quindi nella sezione Performance del Piao, che, quindi, risulta tutt’altro che una semplificazione, nei loro confronti.
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