Su la Repubblica del 31.7.2022, l'articolo di Valentina Conte titolato "Più addetti e fondi Ue I centri per l' impiego all' ultima chiamata" informa della corsa alla quale sono chiamate le regioni, per assumere entro breve tempo circa 5.500 addetti nei centri per l'impiego. In questo modo, gli uffici addetti ai servizi pubblici per il lavoro potranno organizzarsi meglio per gestire i finanziamenti del Pnrr finalizzati al potenziamento delle politiche del lavoro.
L'articolo informa: "Il ministero del Lavoro ha già diviso tra le Regioni i primi 880 milioni europei. Le Regioni hanno stilato il loro piano Gol sulla base della cornice nazionale disegnata da Anpal, l' Agenzia nazio nale delle politiche attive. Anpal ha corretto e poi promosso i piani e così le Regioni hanno incassato il 75% delle risorse assegnate. Il restante 25% arriverà solo quando faranno i compiti, rendicontando l' utilizzo di almeno la metà dell' acconto. Ecco perché ora le Regioni corrono, incuranti della crisi politica che si è aperta a Roma e della campagna elettorale. Bisogna fare in fretta, recuperare il grande sonno del passato, lo stallo cronico in un Paese che per collocare si affida al fai-da-te, al passaparola, ai premi pagati dagli imprenditori se porti un amico in gamba da assumere".
Peccato che al presunto "grande sonno" delle regioni faccia fronte un certo ed enorme "grande sonno" della stampa.
Alla quale sfugge che i centri per l'impiego ed i servizi pubblici per il lavoro:
- sono stati, fino al 2018, alle dipendenze delle province;
- le province, come tutti gli enti locali, dal 2004, sono state strette nella tenaglia strettissima dei tetti alle assunzioni, che negli anni ha fatto perdere oltre 400.000 addetti agli uffici pubblici;
- nel 2014, le province sono state colpite dallo scempio della sciagurata riforma delle province, targata Delrio;
- tale distruttiva riforma aveva stabilito che le politiche del lavoro non rientrassero più tra le funzioni fondamentali delle province, ma dovessero essere svolte dalle regioni;
- nel 2015 si è attivata una complicatissima e lunghissima fase, durata praticamente 3 anni, di prepensionamenti e trasferimenti di circa 35.000 dipendenti delle province, mentre le regioni dovevano attrezzarsi per assorbire i circa 8.000 dipendenti dei centri per l'impiego ed i loro uffici, decidendo se tenerli per sè, riaffidarli alle province, o gestirli mediante enti appositamente dedicati;
- è stato solo neo 2018, precisamente ad aprile, che il percorso si è sostanzialmente compiuto, e le regioni sono riuscite a subentrare alle province;
- nel frattempo, il Governo aveva destinato 400 milioni circa ad un piano di rafforzamento, finalizzato ad 11.600 assunzioni (alcune altre a tempo determinato), erogando le risorse necessarie solo nel 2019;
- solo a fine 2019 alcune regioni, tra cui il Veneto, sono riuscite a partire con i concorsi;
- nel 2020 è scoppiata la pandemia, con il conseguente congelamento di moltissime attività, tra le quali anche i concorsi;
- solo nel 2021 il Pnrr, assorbendo i finanziamenti visti prima, rilancia il piano di rafforzamento.
Forse, se la stampa fosse in grado di analizzare i fatti, ricordare gli eventi, risalire alle decisioni, ricostruire, insomma, come si deve, la realtà, non parlerebbe di "grande sonno" delle regioni, ma di scempio dei servizi per il lavoro, scientemente perseguito dal legislatore per decenni.
Nessun commento:
Posta un commento