domenica 22 giugno 2014

#RiformaPA la #bufala del "ricambio generazionale"

Uno dei tanti slogan di facile presa, ma di totale sviamento dalla realtà, riguardanti la “rivoluzionaria” riforma della pubblica amministrazione ripete che grazie a 15.000 assunzioni di giovani vi sarà un ricambio generazionale nella pubblica amministrazione.

Il miracoloso ricambio generazionale discenderebbe dall’abolizione del trattenimento in sevizio che, secondo le veline governative, acriticamente riprese – come sempre – dai media pronti a cantare le lodi e le gesta del Governo, sbloccherebbe questo quantitativo di assunzioni.

Le cose, invece, non stanno affatto nel modo con cui vengono così sommariamente descritte e con tale poca voglia di approfondire, comprendere e, soprattutto, far comprendere.

Intanto, parlare di “ricambio” per 15.000 assunzioni rasenta il ridicolo. I dipendenti pubblici in Italia sono circa 3,1 milioni. Se qualcuno si prendesse la briga di fare una semplice proporzione, si accorgerebbe che 15.000 lavoratori su 3,1 milioni rappresentano lo 0,48% del totale. Riscriviamolo: lo 0,48%.

Ora, è giusto non essere gufi-rosiconi, ma ci vuole davvero una faccia di tolla non indifferente e un ottimismo che, al confronto, quello del celeberrimo “Gianni” sembra quasi leopardiano, per poter affermare che l’ingresso nelle file del pubblico impiego dello 0,48% di nuovi assunti posta costituire un “ricambio”, tanto più “generazionale”.

Un “ricambio” si avrebbe se vi fosse un ingresso di centinaia di migliaia di nuovi dipendenti. La cifra di 15.000 è più che simbolica. Ma sufficiente per una propaganda che ormai si ferma al riassunto dei titoli del sommario della sintesi di un’idea, senza approfondire nulla, galleggiando solo tra gli slogan.

Per altro, nessuno ricorda che la cifra dei 15.000 nuovi dipendenti è solo virtuale e presunta. Si presume, cioè, che eliminando i trattenimenti in servizio si sblocchino risorse per il turn-over, tali da consentire maggiori assunzioni.

Ma è una presunzione del tutto sbagliata. I trattenimenti in servizio hanno la sola funzione di prolungare di qualche anno l’attività lavorativa. I dipendenti interessati andrebbero comunque in pensione, sicchè i 15.000 posti non sono affatto “sbloccati”, le assunzioni vi sarebbero comunque, anche se leggermente più diluite nel tempo. A ben raccontare le cose, l’effetto dell’eliminazione del trattenimento in servizio in termini quantitativi è sostanzialmente pari a zero.

Infine, l’ultima millanteria della propaganda riguarda la vulgata secondo la quale l’abolizione del trattenimento in servizio consente l’ingresso nel lavoro pubblico dei (fantomatici) 15.000 “giovani”.

Qualcuno dovrebbe spiegare come sia possibile dare per scontato che i nuovi ingressi siano riservati ai giovani. In primo luogo, occorrerebbe un criterio per indicare chi sia giovane e chi no. Se il criterio è quello indicato dal sistema del lavoro, allora si è giovani fino ai 29 anni (30 non compiuti).

Ma, in un sistema di reclutamento come quello italiano, che avviene mediante concorso pubblico aperto a tutti ed in assenza dell’applicazione nella pubblica amministrazione dell’apprendistato, è lecito chiedersi come sia possibile immaginare che vincano i concorsi connessi ai presunti 15.000 posti solo giovani fino a 30 anni. Ai sensi degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione, possono partecipare ai concorsi pubblici, e anche vincerli, persone di età maggiore dei 30 anni. Ed, anzi, è assai probabile che se i “precari” hanno davvero acquisito esperienza tale da essere meritevoli delle “stabilizzazioni”, essi avrebbero maggiori chance di superare positivamente le selezioni dei cosiddetti “giovani”.

In ogni caso, è del tutto impossibile dare per scontato che l’effetto dell’abolizione del trattenimento in servizio consenta l’ingresso solo di una “nuova generazione”. O meglio, è impossibile che ciò avvenga. Può benissimo avvenire che la propaganda acritica diffonda slogan infondati come fossero oro zecchino, per ottundere ulteriormente menti e coscienze critiche.

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