sabato 7 febbraio 2015

#responsabilità #erariale Assolto in #appello Renzi. Sta cambiando qualcosa?

Il 6 febbraio è stata data la notizie che in appello la Corte dei conti ha annullato la condanna comminata in primo grado al premier dalla Sezione giurisdizionale di Firenze della magistratura contabile, con la sentenza 4 agosto 2011, n. 282.

I gradi di giudizio esistono proprio per rivedere le decisioni in primo grado e, dunque, ancorché ad oggi (7 febbraio 2015) non sia ancora disponibile il testo della sentenza, è evidente che in sede di appello la Corte dei conti ha individuato sicuri e certi elementi per sancire l’assenza di responsabilità dell’allora presidente della provincia di Firenze, rispetto al fatto addebitato: l’assunzione di 4 persone “in staff” al presidente ed alcuni assessori provinciali, inquadrati come fossero funzionari della categoria D che richiede la laurea, pur essendone privi.

Le sentenze della Corte dei conti si incentrano su due elementi: l’accertamento del fatto e l’individuazione delle responsabilità.

Il fatto accertato in primo grado risulta del tutto incontrovertibile: quelle assunzioni con inquadramento erroneo sono state effettuate.

In sede di appello, pertanto, la ragione della modifica della decisione in primo grado non può che riguardare il riconoscimento dell’assenza di responsabilità dell’allora presidente. Si vedrà sulla base di quali considerazioni, certamente fondate e incontrovertibili.

Resta, tuttavia, sullo sfondo una sensazione non del tutto piacevole. Sembra si sia instaurata tra Corte dei conti e Governo una sorta di curiosa dialettica, nella quale la magistratura contabile assume il ruolo di severo censore, tuttavia sempre cedevole, alla fine, rispetto alle scelte o alle situazioni sulle quali interviene.

Si veda il caso della nomina dell’ex comandante del corpo di polizia locale a Firenze, Antonella Manzione, a capo del Dipartimento degli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio. La Corte dei conti, in sede di controllo sugli atti del Governo, aveva dapprima evidenziato l’assenza di requisiti di professionalità adeguati all’incarico che il premier aveva attribuito alla sua collaboratrice. Ma, poi, a seguito di osservazioni che in nulla potevano modificare i requisiti professionali, ha dato il via libera.

Vedremo se la stessa cosa si replicherà col nuovo caso aperto dall’assegnazione dell’incarico di dirigente regionale dell’ufficio scolastico della Toscana di Rosa De Pasquale, ex deputata del Partito Democratico rimasta fuori dal Parlamento per una manciata di voti.

Anche in questo caso, la Corte dei conti ha ritenuto non esistere in capo alla destinataria della nomina presidenziale i requisiti richiesti. Nomina, per altro, attivata sulla base di una singolarissima procedura per l’assegnazione di incarichi “mista” tra interpello rivolto ai dirigenti di ruolo e incarico esterno. Infatti, alla nomina della De Pasquale non si è giunti applicando le previsioni dell’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001. Tale norma considera possibile attivare incarichi dirigenziali esterni sulla base dell’accertamento dell’assoluta assenza di professionalità nella dotazione organica dei dirigenti di ruolo. Molti di quelli in ruolo che si erano presentati all’interpello “misto”, pur disponendo di precedenti esperienze di dirigenza in prima fascia, sono stati scartati perché non avevano conoscenza delle peculiarità della regione, introducendosi un inusitato (a fortissimo sospetto di incostituzionalità) criterio di competenza “territoriale”. I 9 rimasti riconosciuti come dotati del requisito di essere già in servizio sul territorio toscano o con pregresse esperienze di servizio in Toscana, sono stati piazzati in altre sedi, così che l’unica restante a disporre di questo inusitato requisito regionale (la Lega esulterebbe) è stata la De Pasquale, cassata, però, dalla magistratura contabile.

La decisione, nonostante i vizi evidentissimi della procedura (ed i rilievi piuttosto approfonditi sulle competenze della De Pasquale), resterà ferma, anche dopo le osservazioni del Governo?

Visti i precedenti riguardanti la Manzione c’è da dubitarne. Anche la decisione della Corte dei conti d’appello, che opera in sede giurisdizionale e non di controllo, occorre precisare, sembra lasciar trasparire un “clima” particolare, nel quale vi pare essere una propensione bonaria alla verifica di quanto di legittimo comunque vi possa essere in scelte e procedure, per quanto censurabili.

Ma, allora, occorrerebbe interrogarsi sul fatto se alla Corte dei conti si stia facendo intraprendere un ruolo in parte nuovo e diverso: controllore e giudice inflessibile, o spunto per evidenziare vizi procedurali e di sostanza, con l’idea di collaborare per la loro qualificazione, comunque, di elementi non tali da giungere ad inficiare l’azione amministrativa compiuta? Insomma, un controllo ed una funzione giurisdizionale prevalentemente “collaborativi”?

Sarebbe giusto apprenderlo e saperlo sul piano non dei comportamenti di fatto, ma delle regole giuridiche. Perché simili approcci collaborativi, per altro estremamente utili e proficui per l’armonia delle istituzioni, non risultano esistere in modo uniforme per tutte le amministrazioni e per tutti i destinatari, politici o meno, delle procedure giurisdizionali.

Certo è che un’evoluzione pare essersi manifestata sia in via sia giuridica, sia di fatto. Non è dato sapere se l’appello della magistratura contabile abbia potuto esonerare da responsabilità il premier in applicazione delle modifiche apportate dal d.l. 90/2014 all’articolo 90 del d.lgs 267/2000, per effetto del quale sarà in effetti possibile negli enti locali assumere i dipendenti degli staff degli organi di governo attribuendo loro qualifica e stipendio addirittura da dirigenti (altro che funzionari di categoria D) pur se non laureati.

O se, invece, avrà dato risalto alla responsabilità gestionale, posto che le assunzioni sono comunque atto specificamente gestionale.

Sta di fatto che, comunque, qualcuno potrà essere portato a malignare. Il deputato Alessandro Di Battista su socialnetworks tempo addietro scrisse: “Siamo dunque in attesa della decisione di appello che, siamo certi, assolverà l’asfaltatore (ed al contempo rottamatore), da ogni accusa”.

Al tempo stesso, Renzi, sui media in merito alla sentenza di primo grado, che (con ragione, stando all’appello) contestava, affermò: “Non si tratta di amici e parenti e se un dirigente ha sbagliato l’inquadramento ce ne assumeremo le responsabilità, ma è difficile accettare l’idea che siano gli amministratori e non i funzionari i responsabili di questi eventuali errori tecnici”.

Siamo contrari ad ogni lettura “cospirazionista” degli eventi. C’è però da capire bene ed esattamente quello che succede.

Perché, recuperando queste dichiarazioni di Renzi, non può non saltare all’occhio quanto esse siano somiglianti ad uno degli emendamenti proposti da Pagliari alla legge delega per la riforma della pubblica amministrazione: “rafforzamento del principio di separazione tra indirizzo politico-amministrativo e gestione, e del conseguente regime di responsabilità dei dirigenti, anche attraverso l’esclusiva imputabilità agli stessi della responsabilità amministrativo-contabile per l’attività gestionale”.

Il Pagliari e molti altri si sono affrettati a dichiarare che questo emendamento non avrebbe lo scopo di creare uno scudo per gli amministratori, esentati da responsabilità scaricate solo sui dirigenti, affermando che lo scopo sarebbe il contrario: non far incorrere i dirigenti in responsabilità discendenti da decisioni politiche.

Le assunzioni di dipendenti in staff a sindaci e giunte sono esattamente il problema, atti a metà tra la decisione del politico di avvalersi (e selezionare) di uno staff e la decisione, tecnica, che giunge alla concreta assunzione. Le parole a suo tempo pronunciate da Renzi sembrano dare l’interpretazione autentica dell’emendamento Pagliari (che forse, sarà modificato, comunque), esattamente nella direzione della sua funzione a fare da “scudo”.

I prossimi giorni, con la pubblicazione della sentenza d’appello e l’approvazione del testo definitivo del ddl delega sulla pubblica amministrazione contribuiranno a farci capire anche, in parte, quale sarà il ruolo da attendersi per la Corte dei conti in futuro.

1 commento:

  1. mi sa che, in piccolo, è una prova generale di applicazione di diritto sopraggiunto o per meglio dire di fatto (o illecito) cancellato e conseguente condanna collegata che decade automaticamente: in parole povere quello che succederà quando riproporranno la norma del 3% sulla frode fiscale.

    RispondiElimina